Grazie ragazzi è un film di Riccardo Milani ,che si dovrebbe vedere almeno due volte, la prima per gustare le forti emozioni che genera, la seconda per attenzionare, la scelta delle scene e delle frasi pronunciate dai protagonisti, all’interno di quello che possiamo dire un film sociale.

In questo film sapientemente, tornano ad incontrarsi cinema e teatro e sebbene la storia apparentemente per gli sviluppi che prende sembra li per li essere una grande favola, il colpo di scena finale arriva e sorprende tutti, facendo ritornare tutto al giusto posto e con la giusta dose di realtà che dipinge le cose per quelle che sono realmente e non solo per quello che vorremmo fossero..

Il film è ispirato ad una storia vera del 1985 avvenuta in Svezia,  racconta la storia di un attore, ormai da un po’ fuori dai palchi, costretto a fare lavori secondari per vivere, una vita relazionale e familiare assente, uno stato di apatia generato dal buio tunnel in cui si trovava.

Quando gli viene proposto di realizzare un laboratorio sperimentale  teatrale all’interno di un carcere, dovrà quindi scontrarsi con una realtà che non conosce e imparerà a rimodulare  il fare teatro con ragazzi che hanno un trascorso di vita difficile .

Riscoprirà quanto bello è il teatro e fare teatro, la potenza in essere in esso contenuto, questa esperienza cambierà se stesso e i suoi ragazzi.

Avverranno tante cose che metteranno in discussione il laboratorio, i rapporti umani faranno da sfondo agli eventi, verranno fuori le fragilità e la violenza di un sistema di vita carcerario dove viggono regole e modi di vivere al di là delle regole esplicite e condivise.

Tutti le figure che  operano all’interno del carcere sono analizzate tanto nel bene quanto nel male , analizzando per ognuno le caratteristiche e rendendocele a noi molto vicine.

Grazie ragazzi è un racconto umano di vite umane sgangherate dagli eventi che restano comunque persone al di là dei loro percorsi sbagliati di vita , di ognuno di loro vengono evidenziate il carattere.

Il nostro Albanese regista attore ,sceglierà un testo difficile da far recitare, un classico del teatro dell’assurdo aspettando Godot , chi più di un prigioniero ridotto allo spazio di una cella sta aspettando Godot, grazie a questo film in tanti abbiamo avuto il piacere di rileggere un classico e di assaporarne tutta la bellezza comunicativa.

Un film su quanto l’arte possa diventare in un carcere elemento di “libertà” e soprattutto di “possibilità”. Cinque detenuti, fino a quel momento lontanissimi dalla cultura e da qualsiasi forma espressiva, alle prese con il teatro fanno inaspettatamente propri gli interrogativi sull’esistenza che pone Samuel Beckett in “Aspettando Godot”: “Cosa stiamo a fare qui?”. Cercando così un senso all’attesa che caratterizza il loro tempo trascorso in una cella. Interrogandosi su come riempire il vuoto del tempo passato in carcere. Sul senso della loro vita. Sul senso della nostra vita, e, in fondo a tutto, sulla possibilità di trovare, nell’intimo di ognuno di noi, una scintilla che ci può far cambiare.

Il film cosi è riuscito a recuperare l’umanita anche all’interno di luoghi che col tempo forse perdono umanità modificando ritmi di vita e la vita stessa, e a sollecitare ancora una volta la forza che è dell’arte la ricerca di quella scintilla che si chiama cambiamento.

Tra le frasi più belle che un orecchio attento sente ricordiamo quella citata da un attore mentre mette in scena aspettando Godot, “ ho forse dormito mentre gli altri soffrivano?” beh….riflettiamo, e magari rileggiamo il capolavoro di Becket che forse di assurdo non ha nulla, essendo la vita stessa , essa stessa assurda.