A chi non è capitato di aspettare di entrare da un medico, per un consulto, un intervento per se o qualche familiare o caro e sentire in quelle sedie che tengono il nostro corpo in attesa, tutta la tensione di un corpo che vorrebbe essere catapultato altrove, insieme alla mente che in quegli attimi macina solo “cattivi” pensieri.

In una stanza d’ospedale la nostra sensibilità sembra essere ancora più acuta, tutto diviene motivo di attenzione e viene ingigantito, anche una formica diventa un dinosauro.

In letteratura non possiamo non  pensare al bellissimo racconto di Pirandello “l’uomo dal fiore in bocca”. Pirandello scrive di un incontro assolutamente casuale di due uomini in un bar , l’uno è un uomo qualunque che ha perso un treno ed è li, in attesa di prenderne un’altro è li per passare il tempo , l’altro ha da poco scoperto di avere un tumore alla bocca con uno strano nome, epitelioma, il nome di un fiore dolcissimo, che sembra prendersi gioco di lui e del dramma interiore che stà vivendo.

«Venga… le faccio vedere una cosa… Guardi, qua, sotto questo baffo… qua, vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo? Ah, un nome dolcissimo… più dolce d’una caramella: – Epitelioma, si chiama. Pronunzii, sentirà che dolcezza: epitelioma… La morte, capisce? è passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca, e m’ha detto: – «Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!»

Pirandello prova ad indagare sul senso della vita,quelle cose che apparivano dapprima insignificanti hanno un nuovo valore, tutto appare diverso.

Il racconto breve ed intenso ripropone il luogo comune secondo cui i beni si apprezzano quando stiamo per perderli, cosi quando sembra che il tempo della sabbia stia per finire ciò che prima era insignificante non lo sarà più e si colorerà di nuova luce.

La voglia di vivere si manifesta cosi con tutta la sua prepotenza .

Perchè la vita come qualcuno ha scritto è un progetto contro la morte, alla quale dobbiamo comunque arrenderci come ultima tappa a cui nessuno escluso può non scendere. Cosi come   l’esperienza del dolore di perdere le persone che amiamo, le cose che ci hanno fatto compagnia , le esperienze che abbiamo vissuto.

Il dolore non usa molte parole, anzi spesso no ne usa affatto, sebbene parli più di tante esperienze gioiose, ci aiuta a prendere confidenza con la nostra vita, fatta di slanci e limitatezza, il dolore ha un valore epifanico, ci dà la percezione chiara della nostra reale impotenza d’innanzi al destino, d’innanzi all’accanirsi degli eventi che non possiamo controllare, cosi capita che che sei li in attesa di subire un’intervento e attendi che ti chiamino per prepararti, ti guardi intorno e senti odore di medicinale, tutto pulito apparentemente lindo , ma c’è una formica li nera, su quel bianco abbagliante è una stonatura, che ci fa li? Sembra un dinosauro , guardi come si muove, sale , scende, gira, ritorna, tutto intorno ad una sedia vuota che aspetta che qualcun altro oltre me vada a sedersici , ti verrebbe voglia di ucciderla quella cosa che sembra un dinosauro, lei si diletta a giocare, mentre tu muori un po’ dentro perchè non sai cosa avverrà dentro quelle stanze, sotto quei bisturi.

Ed allora pensi che forse è tutto un maledetto gioco, che forse come nel teatro i colpi di scena sono sempre dietro l’angolo, ti domandi se hai fatto bene il tuo viaggio, se sei stato solo uno stupido spettatore o ti sei infiammato d’amore , se ti sei lamentato o sei hai fatto qualcosa di concretamente utile per vivere bene e per cambiare le cose che potevi cambiare.

Quella formica dinosauro, forse non è li casualmente, è una penna che ti fa scrivere pensieri.Pensieri sul senso delle cose che ci attraversano dovremmo scriverle sempre , dovremmo tenere un diario quotidiano in cui in una bilancia mettiamo le cose belle che facciamo e quelle non belle, forse impareremmo ad essere più attenti a molte più cose, a quello che abbiamo e a quello che potremmo perdere.

A ciascuno le sue riflessioni.