Ci interroghiamo sempre più spesso su quello che sarà il futuro delle nostre piccole comunità, bene , al di là delle solite frasi di circostanza, dovremmo avere ormai imparato come sostiene Franco Arminio che il futuro risiede non nelle grandi città, ma nei piccoli centri, verso i quali si auspica una sorta di immigrazione al contrario, un ritorno alle origini, con la convinzione che la rivalutazione della ricchezza dei paesaggi e la consapevolezza di come i paesi e i paesani , siano gelosi custodi delle tracce che l’uomo ha lasciato nel tempo. Da qui l’idea di proteggere i paesi dall’abbandono e quella di rilanciarli come testimonianza viva di un patrimonio materiale e immateriale inestimabile.

La parola d’ordine è “ripartire dai piccoli centri” facendo rete, nella logica della comunità solidale, è un concetto che ormai sentiamo proporre sempre più spesso, ma che ancora non è diventata realtà, se non in parte.

Il futuro dice Franco Arminio, scrittore, poeta, studioso inventore della paesologia è affidata ai piccoli centri, li’ dove si respira ancora aria buona, si mangiano cibi genuini, si vivono relazioni circolari e nella dimensione del tempo sospeso, lontano dalla frenesia delle città e dal vivere comune che tanto ci stressa e ci fa ammalare.

Franco Arminio è un promotore del ritorno nei piccoli borghi, dove urge un ripopolamento ed un investimento intelligente nei luoghi, dice  Domenico Dolce,in molte interviste, occorre rintracciare il genius loci, dialogare con le eccellenze del territorio, abbattere quel fastidioso gerundio del “si potrebbe, si dovrebbe” a favore di una progettualità del dovere Kantiano, “facciamo” come imperativo categorico.

Timide iniziative si intravedono, ma ancora non dialogano completamente bene i territori, presi forse da un volere accentrare su se stessi l’attenzione piuttosto che promuovere scambi di buone prassi.

Pensare ad un turismo che guardi all’impatto etico sulla popolazione e a quello ambientale sul territorio, che promuova cultura e valorizzi i prodotti locali, sulla carta in molti lo fanno, fattivamente c’è ancora molto da fare.

Tutti i territori a forte vocazione turistica si devono attrezzare per una ricettività accogliente e ricca di servizi, che parta dalle esigenze del territorio.

In Sicilia ormai fa da esempio il progetto di Sciacca, Città -Museo a cielo aperto, sotto la guida di alcuni giovani illuminati, il territorio ha fatto rete tra i membri della propria comunità e ciascuno per le proprie competenze ha apportato un valore aggiunto di esperienze e sapere, primo fra tutti la logica del volere essere protagonisti del territorio, chi meglio degli stessi abbitanti può farsi portavoce delle bellezze di un territorio, delle sue risorse? A  Sciacca, gli abitanti diventano essi stessi guide turistiche e promuovono ciascuno col proprio sapere e le proprie tradizioni una forte economia della bellezza, con progetti non a singhiozzo, ma nella logica della continuità.

Occorre dare visibilità ai territori , con una promozione dello stesso, seducente non dimenticando i servizi essenziali che fanno funzionare una comunita’ e che generano quell’importante spirito di appartenenza e fiducia nei suoi residenti.

Franco Arminio sostiene che non abbiamo bisogno più di luoghi dove farci spazio, ma di luoghi  dove trovare il nostro spazio interiore, assaporare silenzi , riascoltare la natura e la poesia che diviene una sorta di farmacia del benessere.

I paesi comunità sono destinati a crescere quelli che sono sommatorie di singoli destini, sono destinati ad essere perdenti, cosi come è importante riaccendere il desiderio dell’essere comunità. Molti luoghi non lo sono , ci si abitua alle abitudini e chi resta forse con la mente è andato via prima di chi è invece partito per altri motivi.

I territori bisogna continuare a sognarli diceva Danilo Dolci, solo cosi possono crescere, dobbiamo ripartire dal territorio attraverso i suoi geni affamati di bellezza. 

Dobbiamo puntare su un turismo che non sia mordi e fuggi o che proponga progetti ad intermittenza, ma un turismo che sia sostenibile che soddisfi i bisogni dei viaggiatori, ma che tuteli i luoghi ospitanti e migliori le opportunità di lavoro.

Parola d’ordine puntare alla seduzione dei luoghi,  reinvestire sulle residenze formative che porti giovani e cultura nei piccoli centri, dove si possa impastare passato e futuro , dove l’arte e la poesia possano diventare quella farmacia che cura.

Franco Arminio ha di recente pubblicato il suo libro “lo sguardo che cura” , ci sono pagine belle ed interessanti da leggere, a pag 151 si legge: “la comunità ha bisogno di uno sguardo comune , non può crescere dove c’è diffidenza, spesso accade che chi ti fa compagnia può diventare geloso dei tuoi successi, o può essere semplicemente geloso del fatto che nei tuoi occhi c’è più luce che nei suoi, attenzione a non cadere in queste logiche cosi’ come non si può combattere lo spopolamento invocando risorse e poi restando chiusi nelle proprie logiche.

Occorre passione e tensione intellettuale, noi vogliamo ancora credere negli uomini visionari, quelli che sanno guardare lontano,

dobbiamo reinnamorarci dei luoghi, passeggiamo, facciamo foto, raccontiamoli come meglio sappiamo fare, lo sguardo cura, dice F. Arminio, se ci reinnamoriamo sapremo fare meglio e di più per le nostre comunità, ritorniamo a leggere poesia , la gente ne ha voglia dobbiamo solo incominciare, le pagine di Franco Arminio, sono illuminanti per chi vuole far crescere le nostre comunità.