Sul versante sud-orientale di Monte Catalfano è adagiata l’antica città di Solunto o, per meglio dire, le sue rovine.Il sito si trova a pochi chilometri da Palermo, nei pressi di Santa Flavia, e costituisce uno degli esempi più interessanti di civiltà ellenica della zona.Secondo lo storico greco Tucidide i primi insediamenti nella città di Solunto risalgono ai fenici, che si stabilirono sul promontorio di Solanto, dove ad oggi però rimangono poche tracce.Lungo il versante orientale di Monte Catalfano, in località Campofranco-Olivetano, nei pressi della stazione ferroviaria di Santa Flavia, si trova la Necropoli fenicia: si tratta di un’area molto estesa che ospita diverse sepolture stratificate che trovano collocazione in un arco di tempo compreso tra l’inizio del III sec. a.C e la fine del I sec. d.C., dunque relativa alla fase tardo-ellenistica-romana della città di Solunto.
Le tombe scavate nel banco compatto di calcarenite presentano la stessa tipologia delle aree cimiteriali fenicio-puniche.Successivamente alla distruzione di questo florente centro abitato d’età arcaico-classica, ad opera di Dionisio di Siracusa contro i Cartaginesi, agli inizi del IV sec. a.c., la città fu rifondata sul Monte Catalfano, dove si insediarono gruppi di mercenari greci; nel 254 a.C., durante la Prima Guerra punica, la città cadde sotto il dominio degli antichi Romani.Dell’età ellenistica-romana rimangono tracce ben visibili tant’è che, risalendo il promontorio, appare subito evidente la struttura urbanistica regolare, tipica dell’architettura greca.
Dalla strada principale si diramano le vie secondarie che portano alle botteghe, mentre alle abitazioni si accede dalle vie laterali, e poi ancora la zona dell’agorá, le terme, cisterne per la raccolta delle acque, edifici sacri, il ginnasio, il teatro.Tra le dimore soluntine desta particolare interesse la Casa di Leda, così chiamata per via delle pitture a soggetto mitologico raffigurate all’interno della sala da pranzo. Davvero notevoli le tracce di pitture parietali all’interno dell’abitazione, che sono attribuibili a differenti fasi decorative e rappresentano Leda con il Cigno, gli Imenei e i Dioscuri.La dimora presenta mosaici pavimentali tra i quali è raffigurato un astrolabio, ovvero uno strumento astronomico impiegato per dimostrare il moto e la posizione degli astri attorno alla sfera celeste.
Interessante anche la Casa di Arpocrate, che trae il nome dal rinvenimento di una statuina del dio Arpocrate, databile al I sec d. C., insieme a un gruppo di bronzi, che sembrano documentare la diffusione del culto egizio anche nell’antica città di Solunto.Apprezzabile la Casa del cerchio in mosaico, la Casa delle ghirlande e la Casa delle maschere.
Da visitare anche l’Antiquarium che ospita reperti riaffiorati anche dai fondali marini, come anfore, oggetti della vita quotidiana, accessori sia in terracotta che in vetro.Ma l’Antiquarium conserva anche un oggetto dallo straordinario valore artistico: si tratta della sfera armillare proveniente dalla Casa di Leda, ed è la più antica rappresentazione dello strumento astronomico, datato al II sec. A.C., che riproduce la Terra al centro circondata dagli anelli mobili dei principali circoli della volta celeste, secondo le conoscenze dell’avanzata cultura astronomica tolemaica.
L’esterno è caratterizzato da una fascia con motivi ad intrecci vegetali, interrotti ad intervalli regolari, probabilmente a rappresentare i segni zodiacali.Nell’angolo superiore sinistro è visibile la rappresentazione superstite di un vento, effigiato con una testa giovanile di profilo nell’atto di soffiare.Per tracciare i contorni dei vari elementi di questo mosaico sono state impiegate delle sottilissime lamine di piombo.
Dal promontorio dell’antica città di Solunto la vista è mozzafiato, l’occhio ricade sul borgo marinaro di Sant’Elia e sul promontorio sottostante di Capo Zafferano, adagiato su di un mare turchese. Mentre ci si perde a immaginare come potessero trascorrere la vita qui le antiche popolazioni, la natura fa da sottofondo a un ambiente inondato dalla luce del Sole e profumato dalla vegetazione tipica della macchia mediterranea. E tra piante e fiori di fichi d’India, tra ginestre e papaveri, il cielo azzurro fa da tetto ad antiche storie e a nuove visioni.
Articolo e fotografie di: Teresa Molinaro