Ed arriva il Natale,una data,una festa,una ricorrenza, una borsetta piena di caramelle e cioccolata, una valigia piena di ricordi e nostalgia e tanta speranza.Nel pensare a questa giornata che molti di noi trascorreremo con chi amiamo , altri saranno soli, ed altri ancora per la loro condizione di vita, la vivranno come un giorno uguale a tanti altri, se non per le luci sfavillanti che girano intorno, nel cassetto dei ricordi tiriamo fuori il racconto di una scrittrice cefaludese Enza Catanese, che tanto ama Cefalu’ è che ha provato a raccontarla sotto vari aspetti, con i suoi bei libri vedi “passo passo, putia per putia”, questo racconto che vi presentiamo sintetizzandolo racconta una storia che è un inno alla speranza, e’ di questa ne desideriamo tanta in tanti come l’aria che respiriamo e di cui non possiamo fare a meno mai.
“La guerra non aveva solo distrutto case, posti di lavoro, aveva creato profonde ferite nello spirito di ogni essere umano, cosi dopo quel gelo che sembra fermare tempo e cose, tutti provarono a rimboccarsi le maniche e a cominciare a ricostruire.Qualcuno andò in America in cerca di una nuova opportunità, non dimenticando mai i cari che erano rimasti in sicilia e di tanto in tanto , mandavano qualche pacco e qualche dollaro.Dall’america arrivavano tanti aiuti umanitari, ma esisteva anche la mano nera e parecchia merce veniva sequestrata e poi venduta dagli ambulanti.Pinu arrivava portando la sua merce dentro un grande fazzoletto , dove ci stava di tutto , biancheria intima, vestiti, cappotti.
Mastru Pinu era un omone , sempre allegro e con un gran vocione, quando iniziava l’abbanniata svegliava un intero rione al grido “fimmini bieddi e lari, schietti e maritati , accattativi i ruobbi mmricani!”.Cuncittina, una donna rimasta vedova che si arrangiava per tirare su le figlie, compro’ da Pinu delle cose, si accordo’ con il prezzo di mastru Pinu , raccolse le cose che aveva comprato e soddisfatta si reco’ verso casa.
Chiusa la porta , indossò la giacca e davanti lo specchio, sotto gli occhi vigili della figlia, si guardò compiaciuta e penso’ che avrebbe dovuto pulirla quella giacca scartata tra tante altre, l’avrebbe fatta arieggiare e poi ne avrebbe cambiato la fodera.Un pomeriggio, cominciò a scucire la fodera, ma quando iniziò a staccare la stoffa si accorse che sotto, c’era un’altra stoffa che custodiva tante piccole tasche, ognuna di esse conteneva dollari miricani.Per due notti, non dormi’ , recitò il rosario, chiedendo conforto e suggerimento alla preghiera, cosa doveva fare? A chi doveva dirlo? Chiese consiglio al parroco del paese, il quale sorpreso piacevolmente disse che era una benedizione del cielo, una fortuna venuta per cambiare il loro destino.
Qualche volta il destino bussa con gentilezza nella nostra vita, Cuncittina fu fortunata , vorremmo pensando a tutte le persone che sono in difficioltà che la vita ogni tanto potesse concedere loro un po’ di gioia, non per forza con i soldi miricani, ma con la benevolenza di chi sa tendere la mano, per chi è caduto.La generosità può rendere migliore la vita di tanti, che vivono in difficoltà, la vera fortuna è trovare rete di solidarietà che sappia esserci quando c’è bisogno.
Troppo consumismo attorno a noi, siamo macchine che cercano altre macchine, sempre più incapaci di provare empatia , chiusi dentro bozzoli di cristallo, ci lamentiamo sempre non riconoscendo le fortune che abbiamo.Nel mondo non lontano da noi, la guerra continua a fare morti e tra questi tanti bambini, avremmo ben poco da festeggiare in questo clima di guerra lontana-vicina, ma la paura non ci fa vedere le cose come stanno, non vogliamo forse vederle. Tra le tante luci, che ci circondano proviamo a fare luce nel buio che è dentro noi, ritorniamo a dare speranza a chi ci stà vicino, con piccoli gesti di solidarietà, la fortuna miricana siamo noi, tutte le volte che guardiamo meglio dentro gli occhi degli altri.
Grazie Enza Catanese per averci raccontato questa storia vera, accaduta tanti anni fa, in un borgo madonita.