I battezzati nella notte di Pasqua oggi depongono la tunica bianca. Ad essi che iniziano da salvati la vita cristiana, la liturgia si rivolge fin dall’antifona d’ingresso: “Come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, che vi faccia crescere verso la salvezza. Alleluia”(1 Pt.2,2).

La salvezza non è un bene acquisito, ma bisogna crescervi, all’interno della Comunità che ha dato loro la fede ( Cosa chiedi alla Chiesa di Dio? La fede.). E’ l’esperienza che ciascun  membro adulto della comunità ha già fatto e continua a fare, appunto, non da solo, ma insieme.

Ai neo-battezzati e a tutti i fedeli la Liturgia propone innanzitutto un modello di comunità: “ I fratelli erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere “(Atti 2,42-47).

Si cresce verso la pienezza della salvezza ascoltando la Parola, condividendo nella fraternità i propri beni secondo il bisogno di ciascuno, spezzando il pane in memoria del Signore e lodando Dio nella preghiera comune.

Il Salmo responsoriale è proprio un inno di lode a Dio, che è stato  “mio aiuto e mia salvezza, quando mi avevano spinto con forza per farmi cadere, per cui Lui è mia forza e mio canto: Lui è buono e noi lo celebriamo perché eterna è la sua misericordia”. “In questo giorno che ha fatto il Signore, noi ci rallegriamo ed esultiamo, perché abbiamo visto la meraviglia della sua opera: la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo” ( Salmo 117).

Cristo, umiliato, crocifisso, morto, risorge e diventa pietra angolare, motivo e fondamento della nostra fede e della Salvezza.

          Il concetto viene ribadito e spiegato da Pietro nella secondalettura: “Nella sua grande misericordia Dio ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce… l’oro viene provato col fuoco  e pur perisce, la vostra fede invece, molto più preziosa dell’oro, torna a  vostra lode, gloria e onore perché voi siete ricolmi di gioia, anche se ora siete afflitti da varie prove. La gioia esprime la vostra salvezza che vi proviene da Cristo, che voi amate, pur senza averlo visto; e ora, senza vederlo credete in Lui” (1 Pt 1, 3-9). Pietro ci ha anticipato quanto la Liturgia ci fa cantare nel verso allelujatico e Cristo stesso ci dice nel Vangelo : “ Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto: beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno”.

          Non lo abbiamo visto, ma ne abbiamo sperimentato la forza nella fede e nel sacramento, con un contatto fisico d’altro genere, tanto chenell’antifona di comunione la Liturgia rivolge a noi le parole di Cristo aTommaso, caso mai fossimo presi dal dubbio nelle varie prove che ciaffliggono: “Accosta la tua mano, tocca le cicatrici dei chiodi e non essere incredulo, ma credente” (Gv 20, 27).

          La scelta del brano di Giovanni sull’incredulità di Tommaso ha oggi una funzione ben precisa: ci vuole far vedere quel che nel sacramento tocchiamo.

          Come nelle domeniche dopo Natale, una serie di Epifanie ci ricordavano che quel bambino era il Figlio di Dio, in queste domeniche dopo Pasqua i racconti delle apparizioni del Risorto intendono rafforzarci nel convincimento, nella fede che quel Crocefisso è  veramente risorto; detti racconti, poi, hanno tutti una contestualizzazione eucaristica: Cristo appare sempre o si fa riconoscere mentre gli Apostoli spezzano il pane o Lui stesso lo spezza con loro.

          E’ l’indicazione preziosa che quando nell’eucaristia mangiamo e beviamo insieme di quel pane e di quel vino, per fare memoria di Lui, veramente Lui è presente risorto tra noi, si fa riconoscere. 

          Di questa certezza abbiamo bisogno e, se la possediamo, siamo ricolmi di gioia : “Dio è mia forza e mio canto!”, perciò posso affrontare coloro o quegli eventi che “mi spingono con forza per farmi cadere”; e per lo stesso    motivo chiudiamo questa celebrazione pregando: “ La forza del sacramento pasquale che abbiamo ricevuto continui ad operare nella nostra vita”.

Non c’è bisogno di molta fantasia per trovare le modalità e le occasioni di testimonianza del Risorto, per indicare ad  un mondo disorientato su quale pietra angolare si può e si deve costruire, dove e in Chi cercare la “speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce”, per far capire che anche “l’oro è destinato a perire”, mentre Cristo è per sempre.

          Questo è Kerigma, è l’annuncio dell’essenzialità del mistero cristiano che nel suo significato pregnante è rivolto anzitutto ai credenti che ne hanno perso il senso: la posizione angolare del Risorto, che regge l’intero edificio, non è mai stata pienamente recepita culturalmente e a maggior ragione, per i più, non è mai diventata spiritualità, visione del mondo e delle relazioni umane, termine di paragone in cui trovare il senso di noi stessi e delle cose.

Ben altre sono state e sono  le idealità o le storicità sulle quali anche i cristiani hanno fondato e fondano la società, il modo di concepire la vita e le relazioni sociali, i sistemi educativi e la distribuzione della ricchezza, l’esercizio del potere e le scelte politiche. In due parole: la costruzione dell’edificio.

          Nessuno ci ha mai chiesto di creare uno Stato Cristiano, né è nostro dovere farlo. La Storia ci ha insegnato che quando ci hanno provato, tutto si è ridotto all’uso della forza, della tortura, dell’emarginazione, delle scomuniche, con la conseguente perdita della vita o  della libertà da parte di chi cristiano non era o di chi, cristiano, ascoltava lo Spirito e richiamava le gerarchie sacre e profane ad avere rispetto delle coscienze, in nome di quel Dio che le aveva create libere.

Era solo peccaminoso esercizio del potere, perché non ci si può appellare nemmeno alla buona fede o alla mentalità del tempo, se contemporaneamente c’era chi moriva   per l’idea contraria o nel nome dello stesso Signore Gesù Cristo, in nome del quale lo si torturava.

          Le Gerarchie ecclesiastiche, che hanno sempre combattuto per la libertà della Chiesa, raramente hanno lottato per la libertà di tutti…solo ultimamente è cambiato l’orientamento della Chiesa ed abbiamo visto Papi chiedere perdono.

Ma sono ancora molti i cristiani che operano per la realizzazione di una Gerusalemme terrena, camuffando la loro sete di potere e strumentalizzando la buona fede dei semplici, che, purtroppo, il più delle volte è  di stampo meramente emotivo. Chi ha potere, laico o chierico che sia, ama sempre parlare al cuore o alla pancia, mai all’intelligenza, perché del tutto e solo autoreferenziale si convince che il popolo non è mai maturo, non è in grado di capire!

          Se nell’Europa degli ultimi due secoli, le Chiese Cristiane avessero proclamato la realtà salvifica di Cristo Pietra Angolare, anziché andare a braccetto con i Grandi Imperi, forse non avremmo avuto l’espandersi dell’ideologia comunista, malgrado la Rerum Novarum di Leone XIII, tipico esempio dell’inefficacia di una dottrina, incapace  di coinvolgimento culturale radicale. E forse non avremmo avuto nemmeno i vari fascismi, il nazismo e l’olocausto.

          E se negli ultimi 50 anni, nei confronti delle democrazie moderne, le Chiese avessero svolto il ruolo profetico, denunziando il decadimento culturale in un’antropologia di mercato, che lentamente ha fomentato il capitalismo liberista, folle di assurdi egoismi e di insaziabili appetiti, l’edificio non sarebbe imploso e non sarebbero aumentate le distanze tra ricchi e poveri.

E’ semplicistico scomodare l’economia di mercato, come se le regole le avessero scritte i poveri del mondo o fosse loro addebitabile la mancanza di regole. E’ molto più serio riconoscere che alla base c’è una grave carenza o deviazione culturale che ha sfalsato i valori d’umanità, di giustizia e di solidarietà; non è intelligente pensare che sia colpa di nessuno, come se lo sviluppo ed il progresso fossero ‘deterministicamente casuali’.

I  colpevoli invece ci sono! E sono tutti quelli che esercitando il potere non seppero o non vollero (oggi non sanno o non vogliono) tirare le coordinate dei vari momenti del presente storico per prevederne gli sviluppi e per intervenire a modificare il corso della storia.

Chi tra i potenti si professa cristiano, ma non opera per abolire quelle distanze, per promuovere la dignità delle persone, per avviare processi di sviluppo dei popoli, ed invece opera per affermare la propria superiorità sugli altri, calpestando le regole e manipolando persino le istituzioni, sarà stato magari battezzato, ma certamente non è risorto con il Signore; vive costantemente nel peccato di Adamo ed in lui è rimasto radicato, perché usa la sua intelligenza a scopi impropri, quale quello di costruire un monumento a sua gloria anziché a perfezionamento e gloria dell’uomo, che poi sarebbe a gloria di Dio.

Prof. Giuseppe Riggio