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Denaro virtuale, criptovalute, mezzi di pagamento elettronici, cashless. Il dizionario dell’economia si è arricchito di parole nuove, che fanno riferimento ad altrettanti concetti e usi dei soldi, in un’economia dominata dall’e-commerce e dalle transazioni immateriali. Il punto è che attribuire un significato ad ogni concetto senza confondersi può essere difficile, soprattutto quando si parla di dematerializzazione del contante e di denaro virtuale.

Quando si menziona il cashless, ovvero il modo di pagare senza possedere banconote e monete fisiche, si fa comunque riferimento a soldi reali e disponibili, anche se non visibili. Funzionano così tutti i Pos, le carte di credito, di debito, le prepagate, gli e-wallet come PayPal, ma anche le app di pagamento connesse a conti correnti in essere. La differenza rispetto al possesso della moneta fisica sta nel vantaggio di poter pagare prodotti e servizi online e offline, spesso senza commissioni aggiuntive, in modo rapido e sicuro, grazie a strumenti di riconoscimento come l’impronta digitale o il QR code.

Cosa si intende, invece, per denaro virtuale, e quali sono le sue forme? I soldi virtuali si inseriscono nell’economia digitale partendo dal presupposto che si tratta di forme di credito che possono assumere forme diverse rispetto al denaro tradizionale, incluse quelle del credito non prelevabile nell’immediato.

Le criptovalute

Le criptovalute sono una delle novità davvero rivoluzionarie dell’economia digitale. Sebbene per molti ancora non sia ben chiaro in cosa consistano gli exchange, ovvero le borse cripto, e il mercato di Bitcoin, Ethereum, Binance Coin e similari, i dati di Consob parlano di un progressivo avvicinamento degli italiani agli investimenti di questo genere. Secondo la Commissione solo il 2,4 per cento della popolazione è attualmente detentore di cripto-attività, ma l’Osservatorio Blockchain del Politecnico di Milano specifica che 14 milioni di italiani sono interessati a futuri acquisti di token o criptovalute. Per quanto riguarda gli NFT, il dato scende al 9 per cento degli utenti del Belpaese, interessati soprattutto a opere d’arte e avatar.

La differenza sostanziale tra criptomonete e NFT sta nel fatto che le prime rappresentano una forma di denaro virtuale alla cui base c’è la crittografia, utilizzata per gli scambi sicuri e per il controllo delle emissioni nuove (il fenomeno del “mining”): Bitcoin, Ethereum e tutte le altre valute si possono scambiare, anche se sono del tutto indipendenti dalle banche centrali e dagli istituti di credito.  Gli NFT, o non fungible token, non possono invece essere scambiati o sostituiti, sono oggetto di certificati di proprietà e di garanzie di unicità: il valore degli stessi dipende dal mercato finanziario, seguendo il meccanismo delle aste d’arte. Per questo motivo gli NFT fanno riferimento a oggetti come opere artistiche digitali oppure beni da collezione interni ai videogames più quotati.

Il denaro virtuale… e le promozioni

La menzione dei videogiochi permette di esplorare un altro lato del denaro virtuale, in cui i soldi assumono un valore diverso da quello di “moneta”, ma rappresentano comunque una forma di credito: parliamo, nello specifico, di varie forme promozionali applicate da marketplace e operatori di servizio. A partire proprio dai videogiochi, visto che, ad esempio, Meta ha da poco lanciato un vero e proprio scambio di abiti virtuali con denaro reale all’interno di un negozio fashion per Avatar, riprendendo i principi del successo del Metaverso. Non mancano, poi, i programmi fedeltà di alcune multinazionali di videogames, come ad esempio il PlayStation Stars, che consente di accumulare punti da convertire in acquisti nel PS Store, sulla scia dell’Xbox Game Pass e del Club Nintendo.

A volte le promozioni hanno una natura particolare, perché è come se una sorta di credito gratuito, e dunque denaro virtuale non prelevabile, venisse scambiato con i dati personali dell’utente, al momento della registrazione a un servizio digitale. È quello che accade con le prove gratuite di piattaforme di videostreaming tipo Amazon Prime Video, ma anche il bonus immediato senza deposito, tipico degli operatori del gioco a distanza, dove i crediti rilasciati servono a testare i giochi in palinsesto senza aprire conti o effettuare depositi, appunto. In altri casi ancora i crediti gratis si trasformano in giga, minuti, contenuti free, ed esemplare è il caso dei maggiori operatori di telefonia mobile.

Di servizio in servizio, non finisce qui la lista negli esempi: si pensi al mercato dell’energia e a programmi fedeltà tipo Enelpremia, che convertono i soldi spesi nelle bollette in punti, che a loro volta possono essere usati per successivi sconti sulle forniture, oppure per ottenere premi. Una delle formule di maggiore successo degli ultimi tempi, in modo analogo, è il cashback, ovvero il rimborso in percentuale del denaro speso presso un negozio o un marketplace, che può essere utilizzato per ulteriori sconti. A volte, come nel caso del programma cashback di Postemobile, sono i giga non utilizzati a trasformarsi in denaro, con un rimborso mensile in euro.

Sono le forme del denaro virtuale, lontane da banconote e monete ma comunque connesse al nuovo modo di fare economia.

Il Metaverso

Un ultimo trend connesso al denaro virtuale è quello del Metaverso. Nei cosiddetti “Focuses World”, che rappresentano il 19 per cento delle attività nella realtà aumentata, le attività sono incentrate su progetti commerciali di vario genere, redditizi per le aziende di riferimento: si pensi a Fortnite, e all’investimento di 30 milioni di dollari nel Metaverso da parte di Epic Games.  Secondo McKinsey & Co, solo i giovanissimi fanno acquisti mensili nelle varie attività della Realtà Aumentata, dove dominano accessori per avatar, anche brandizzati e sponsorizzati dalle principali aziende di moda: le stime per il futuro parlano di una spesa annuale di 5 mila miliardi di dollari entro l’anno 2030.

Sono sempre di più, del resto, le imprese di qualsiasi ambito e dimensione interessate a mettere piede nell’economia “aumentata”, da quelle internazionali alle startup.

Un recente progetto, tutto siciliano, è quello di Coderblock, la startup palermitana e riguarda il lancio di una cittadella stile Dubai Expo, dove sarà possibile giocare, partecipare a eventi ma anche fare acquisti. Le aziende potranno ottenere trecento stand promozionali gratuiti all’interno degli spazi virtuali, mentre è andato letteralmente a ruba un primo stock di 1500 land.