Nell’ambito del programma della IX edizione di Earth Day Cefalù, è stata allestita, presso l’Ottagono di Santa Caterina, la personale di Gaetano Barbarotto “Un mare di plastica”, visitabile fino al primo maggio.


L’artista, persona che ha sempre avuto un legame profondo con il mare, di rispetto e di protezione dalle aggressioni che il nostro presente compie continuamente nei suoi confronti, nell’agosto scorso, nella stessa sala, aveva regalato un’esperienza d’immersione nelle meraviglie del mare (titolo della mostra) per incontrare le sue creature animali e vegetali. I dipinti di quella mostra erano il racconto del mare, ma soprattutto della ‘meraviglia’ che l’uomo prova nell’osservare la sua bellezza sommersa e nel vivere la dimensione al di sotto della superficie, alla scoperta di sensazioni nuove, in quella che potremmo considerare un’unica e maestosa sinestesia. Immergersi è un’esperienza panica, un sentirsi tutt’uno con la natura, un trasformarsi quasi in creatura del mare. Ma in quella mostra si avvertiva già il silenzioso monito a preservare tutta quella bellezza. Anche la Giornata mondiale della Terra (giunta alla 53 ͣ edizione) deve essere sentita come un monito, etimologicamente da ‘monere’, avvertire, ricordare, richiamare al dovere e alle responsabilità. Se ecologia vuol dire “studio della casa”, l’ambiente è la nostra abitazione e come tale dobbiamo trattarlo, perché, come dice Giorgio Parisi, “non si tratta di salvare il pianeta, ma di salvare noi stessi”.


Ed ecco che in questi ultimi mesi l’artista ha ripreso ad occuparsi del problema dell’inquinamento del pianeta, realizzando opere con materiali di riciclo, quel riciclo che dovrebbe essere una delle tante strategie (sicuramente non l’unica) per contribuire a risolvere il problema ambientale. “L’alluminio, la plastica, la carta, ecc. sono materiali indispensabili per la creazione di elementi utili all’uomo e possono essere riciclati anche per l’Arte, dando beneficio alla natura”, dice Barbarotto, per una fondamentale operazione ecologica di riuso di ciò che l’incuria e la disattenzione dell’uomo abbandona nei luoghi più belli, offendendone la storia e la natura, e per un’importante operazione d’arte che realizza nuove forme, ‘colorandole’ di bellezza, per sottolineare le storture e le devianze della società dei consumi, sempre meno rispettosa del patrimonio artistico, paesaggistico e ambientale, con “lo sversamento di inquinanti nell’ecosistema, l’abbandono di rifiuti non biodegradabili, le tracce sempre più evidenti di un’umanità incapace di guardare al futuro”. D’altra parte, la recente modifica dell’Art. 9 della Costituzione italiana, sottolinea la stretta relazione tra la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione e la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.
È necessaria, quindi, anche la consapevolezza artistica che ciò che ormai riteniamo inutile può acquistare nuova vita e conseguire un valore estetico e la potenza di una denuncia: perché il benessere dell’ambiente, della nostra casa e, quindi, il nostro benessere deve venire prima del profitto: pertanto questa mostra acquista il valore di un grido silenzioso (come silenziose sono le profondità marine) che ci riporta alle nostre responsabilità e al nostro dovere di esercitare una reale cittadinanza attiva.
Così gli scarti di legname, cartone, plastica e altri materiali sono stati ricomposti da Gaetano Barbarotto per realizzare bassorilievi e opere scultoree.


Un percorso interno alla mostra è quello legato ai coralli: gialli, rossi, verdi, realizzati in plastica e acrilico, luminosi e splendidi, veri nella loro falsità. E poi il bellissimo trittico della “barriera corallina” (legno, plastica e acrilico):
L’opera suggerisce all’osservatore l’infinita bellezza dei coralli, con i loro ecosistemi ricchi e variegati, in cui è pienamente realizzata la possibilità di una vita simbiotica, di una coesistenza di specie diverse, animali e vegetali: il corallo diventa simbolo di un equilibrio naturale da preservare e proteggere da ogni forma di offesa ambientale.
Le forme essenziali, il contrasto dei colori, in cui il rosso evoca lingue di fuoco, e in particolare uno dei materiali utilizzati, la plastica, inducono a riflettere su quanto i coralli siano a rischio e su come le dissennate scelte umane siano alla base della crisi del meraviglioso equilibrio naturale.
Più che mai oggi dovremmo guardare ai coralli come ad un modello di coabitazione per tutti gli esseri che vivono nella nostra grande e unica casa, la Terra.
Così, nella Giornata mondiale della Terra, come in ogni giorno dell’anno, è necessario sottolineare l’impegno di tutti affinché le splendide barriere coralline non vengano sostituite da orribili barriere di plastica.
Un altro percorso è quello relativo ai pesci, di cui tanto abbiamo parlato nella precedente mostra, esseri tutto sommato semplici da rappresentare, ma che si spostano sinfonicamente insieme: pesci ora sottili come lampi guizzanti, ora più corposi e plastici, realizzati con l’incontro di diversi materiali: cartone, legno, acrilico, foglia d’oro, plastica.
E poi le alghe, svettanti e flessuose: alghe chiare, verdi, gialle… realizzate con cartone, legno, acrilico, plastica, smalto.
Merita un’attenzione particolare “Alghe verdi”:
Cartone, legno e acrilico per rappresentare il mare… Il mare delle alghe verdi, morbide e ondeggianti nel loro profondo legame con il fondale; un mare dal colore simile alla terra. Terra e mare, sintetizzati in quest’opera originale e spiazzante, forse a ricordarci che c’è una relazione profonda tra tutti gli elementi naturali e che il destino dell’uno è anche il destino dell’altro.
Il mare è rappresentato con materiali provenienti dai boschi, ha la consistenza dei tronchi e la ruvidezza delle cortecce. Lo vedi, nell’opera, e senti tutta la corposità della terra.


Acqua e terra, terra nell’acqua e boschi tra le alghe: una condizione che solo l’arte può esprimere per suggerirci le meraviglie della natura e, nello stesso tempo, per dare voce al grido di dolore del mare e della terra, nella lotta comune contro le ferite dell’inquinamento delle acque e degli incendi boschivi.
E il tema degli incendi boschivi permette di passare all’altra sezione della mostra, la sezione pittorica che raccoglie cinque dipinti (già presenti in diversi cataloghi), tra i quali un’opera dal significativo titolo “Natura in fumo”, tratta dalla mostra “Sos terra: se bruciamo il bosco, bruciamo il futuro”, a cura di Francesco Scorsone. Se va in fumo la natura, in realtà brucia la nostra casa e non possiamo restare indifferenti (grande problema di questa nostra società anestetizzata nei riguardi delle varie emergenze) di fronte all’incendio relativo al nostro stesso abitare ed esistere, il nostro ‘stare fuori’ e respirare.
Le altre quattro opere pittoriche (già esposte nella mostra “Inquinamenti”, a cura dello stesso Francesco Scorsone) sembrano quattro capitoli relativi allo stesso unico racconto di degrado ambientale: “Pesca oceanica”, una pesca che prende dal mare una montagna o, meglio, un iceberg di plastica agganciato all’amo e noi non possiamo ignorare che quella plastica entra nel ciclo biologico e che prima o poi la troveremo dentro di noi; “Mine vaganti”, una zip che si apre e svela i pericoli delle scorie nucleari, dei fusti radioattivi presenti nei nostri mari; ”Sapore di sale”, cicche come corpi contorti, inariditi, privi di linfa vitale; “Delfini party” con la bottiglia di una bibita come un delfino, a indicare il triste e pericoloso intreccio che ormai si crea sempre più spesso tra vita e plastica.
Per concludere, lo storico dell’arte Paolo Giansiracusa, ha scritto un appassionato testo che inserisce il microcosmo di questa mostra nella vasta dimensione della metamorfosi, in un processo di morte e rinascita, un testo che invito a leggere e del quale riporto qui qualche breve citazione:
“Gaetano Barbarotto, con la sensibilità che contraddistingue i veri artisti, è entrato nel ritmo dell’esistenza per compiere anch’egli il miracolo della metamorfosi, il prodigio del mutamento creativo.
Facendosi pescatore di plastica inquinante, di materiali degradati e invadenti, di metalli abbandonati, ha dismesso l’abito del pittore per indossare le vesti del difensore dei sistemi ambientali. È così che si è fatto ecologista e allo stesso tempo artista della trasformazione materica […]
Il vero artista sa far sorgere dal bruco la farfalla, sa far nascere da un ammasso di bottiglie di plastica un branco di pesci vibranti e argentei, sa trasformare ogni spazzatura in materia di luce e di speranza”.
Ed è la trasparenza colorata delle sculture di Gaetano Barbarotto che probabilmente esprime questa speranza, il mare che vorremmo, cristallino e luminoso, come la possibilità del nostro futuro.
Al centro della sala è presente un’installazione realizzata dagli alunni del Liceo Artistico di Cefalù (IISS “Jacopo Del Duca – Diego Bianca Amato”), nell’ambito delle attività di Discipline pittoriche e di Laboratorio di Architettura e Ambiente.

Rosalba Gallà