Ricercare la memoria del recente passato, a volte viene facile, un po’ più difficile quando si vogliono evidenziare eventi un po’ più lontani nel tempo.Una mattina di Dicembre, attraversando la strada che da Castelbuono conduce a Geraci Siculo, quindi godendomi il meraviglioso bosco della sughereta, lungo la recinzione che costeggia la strada, mi attrae con lo sguardo un mio amico pastore che era lì ad esercitare la sua attività.

Mi sono fermato ed ho salutato, offrendogli un aperitivo, che mi trovavo nella macchina. Si tratta di una persona brava, disponibile al dialogo. Dopo i preamboli, chiesi informazioni di indicarmi dove sarebbe nato il ponte ‘ tibetano ‘ che è in programmazione per la sua realizzazione ,per attraversare il fiume che si vedeva molto vicino a noi. Semplicemente con il suo bastone mi ha dato la risposta.
Con la mente sono tornato un po’ indietro, di almeno settant’anni.La foto(accanto) che propongo rappresenta un periodo e soggetti molto noti.Si tratta del famoso scatto che Rober Capa, ha effettuato negli anni quaranta.


Sono evidenziati il contadino, un po’ inclinato su se stesso, che con il suo bastone, indica al soldato americano la via di fuga, ritirata che avevano intrapreso i tedeschi. Il militare americano, era venuto in Sicilia in occasione della cacciata degli oppressori .
Propongo inoltre lo scatto del mio amico pastore, che sul suo corpo porta un mantello che comunemente chiamiamo “ncirata”,ormai quasi inusuale, ma molto efficiente nel passato, specie quando l’inverno manifestava tutta la sua energia, creando un ambiente a volte proibitivo ed inospitale, quindi necessaria la mantella di plastica rinforzata, che non permetteva di fare bagnare i nostri pastori, impegnati a salvaguardare i propri animali.
L’accostamento delle foto, serve per ricordare alcuni momenti di vita difficile che si è vissuto nell’insieme. Ma anche la vita vissuta dei nostri allevatori, con tutte le loro difficoltà che le generazioni passate hanno dovuto affrontare, specie nel nostro territorio che si estende ad alte quote.
Trasmettere attraverso i racconti le sensazioni le emozioni, alle nuove generazioni che noi di una certa età proviamo non è facile. Ma almeno ci proviamo.

Giacomo Miriana

“Grazie per aver condiviso con me questo aneddoto, che ha risvegliato la mia memora e mi ha riportato indietro nel tempo, all’epoca della mia fanciullezza. Premetto che mio nonno era proprietario di una piccola tenuta a Fisavoli, dove c’era una piccola casa e un grande vigneto che faceva un vino dal gusto prelibato, che non dimenticherò mai. Siamo intorno al 1950, io ero un bambino di 9/10 anni e, come ogni anno, al tempo della vendemmia, tutta la famiglia si partiva da Gangi e si andava a Fisavoli a bardo di mulo, attraverso i viottoli impervi e in certi punti anche pericolosi. Io e mia sorella non avevamo una cavalcatura tutta nostra, ma facevamo il viaggio dentro ‘i canciddi’, che servivano poi a portare l’uva al palmento. Per noi bambini era tutto una festa, una grande gioia: il viaggio, la raccolta dell’uva, la pigiatura nel palmento a piedi nudi, l’assaggiatina del mosto, il torchio (“a stritta”), e infine gli otri, dove si metteva il mosto per il trasporto. Una volta, durante il viaggio di andata, di colpo il cielo si rabbuia, vento, lampi tuoni, e poi pioggia a catinelle, che ci mette pure paura. Allora mio padre tira fuori dai “virtuli” “a ‘ncirata”, ricordo perfettamente, era nera, pesante e talmente grande, che ci coprì tutti quanti, mulo compreso, tant’è che non solo non ci bagnammo per niente, ma non sentimmo nemmeno freddo. Per fortuna la pioggia durò poco, ritornò subito il sole e fu tutto una bella avventura, che ancora oggi, dopo tantissimi anni, ricordo sempre con molto piacere e tanta nostalgia.
Questa è per me il ricordo d’a “ncirata”.