“Troppo neri” è un libro di Saverio Tommasi, giornalista , autore di reportage e inchieste in Italia e all’estero. Alle spalle una bella carriera e pubblicazioni di grande interesse.Si presenta al pubblico con questo nuovo lavoro edito da Feltrinelli, con una serie di racconti ed immagini toccanti, scattati da Francesco Malavolta, fotogiornalista impegnato da oltre venti anni nella documentazione dei flussi migratori.

Il libro, comincia con una dedica alle figlie del giornalista con un’augurio insolito , ma significativo, l’augurio che queste non si stanchino mai di indossare calzini spaiati , simbolo della necessità ed importanza sia della contaminazione delle differenze, sia della bellezza della curiosità verso il mondo e la bellezza di uscire fuori da quei recinti mentali che vorrebbero soffocare la libertà di guardare le cose in modi sempre nuovi e diversi.

Chi decide di leggere questo libro, dunque lo sceglie tra tanti è perchè in fondo è un sopravvissuto, un sopravvissuto , un superstite al disinteresse , uno di quelli che sentono le grida in mare anche se abiti a chilometri di distanza.Sopravvivere al disinteresse è una fatica. Il giornalista acuto osservatore ed attento agli ascolti dei tanti immigrati incontrati nel suo cammino ha raccolto storie, sassolini li chiama lui, che diventano sempre più pesanti è che premono per esistere , farsi parola , immagine.

I racconti servono a farci perdere l’equilibrio, sbattendo in una pietra d’inciampo, cosicchè ci possiamo rendere conto delle fortune che possediamo, è che la vita è bella anche quando è contorta.È sotto gli occhi di tutti quanta cattiveria ci stia dietro i flussi migratori, il recente film “io capitano” ci mette davanti agli occhi scene raccapriccianti di dolore e di disumanità.

In Libia ci sono i lager, i corpi dei disperati vengono usati come forza lavoro , merce di scambio fra le bande, ricatto verso le famiglie d’origine affinchè paghino.Carne umana, rimpiazzata con altra carne umana, in un circolo di disperazione che non lascia indifferenti nessuno.

Il Mediterraneo è sempre di più un grande cimitero, sembra che in mare i corpi in stato di decomposizione perdano la testa, molti pescherecci raccolgono nelle reti teste.Questo mare che ci piace tanto, appare nero nei racconti degli immigrati, attraversarlo con la paura per molti è sempre meglio che restare li’ dove non hanno speranza di nulla.

In questo nero che li avvolge i vestiti colorati creano una strana luce, sembrano dentro un quadro moderno di un Caravaggio che racconta il dolore di occhi persi.Tanti i racconti significativi, come quello della madre che prima di partire fece crescere per mesi i capelli alle figlie, capelli lunghi, perchè se fossero morte in mare, sarebbe stato più facile trascinarle acchiappandole dai capelli, o il ragazzo che urla il suo nome e quello della madre, mentre stà per morire, perchè questo urlo arrivi chissà dove, ed ancora il bambino trovato morto che aveva in tasca la pagella per dimostrare all’europa che lui era bravo.

Pagine toccanti di storie vere, che non dimentichi, dovremmo fare la rivoluzione, non dobbiamo abituarci come diceva Dostoevskij: “abbiamo pianto un poco, poi ci siamo abituati. A tutto si abitua quel vigliacco che è l’uomo”  .L’immigrazione ha tanti volti e sono tutte persone.

Non si accoglie per religione, pietà o fede, si accoglie perchè sono esseri umani e noi siamo quella stessa cosa che sono loro.

Buona lettura.