È stata inaugurata giorno 18 giugno 2022, nella Parrocchia di San Francesco, l’installazione permanente di nove opere raffiguranti i miracoli di Sant’Antonio, dal titolo “Miracoli in convento… e pennelli in movimento”. Si tratta di un evento basato sulla condivisione e sul rispettoso confronto culturale, artistico, religioso, spirituale, e già basterebbe questo a renderlo importante, perché in una società votata all’individualismo e all’egotismo, in una sorta di continuo autocompiacimento e contemplazione di sé, è un evento che tanti artisti e tante persone abbiano scelto di lavorare insieme per uno scopo unico, di confrontarsi costantemente per offrire lo stesso messaggiodi fede e di bellezza. Per questo ringrazio Padre Aurelio per avermi coinvolta nell’iniziativa e gli artisti tutti per avermi dato il privilegio di essere tra di loro e la possibilità di condividere il percorso e di partecipare ad alcuni aspetti dell’organizzazione.

D’altra parte l’opera complessiva è ancora in divenire, dal momento che mancano, per motivi vari, alcuni elementi (cartigli e formelle decorative in ceramica, in fase di realizzazione presso il Liceo Artistico), e un’opera è da completare. Pertanto possiamo dire che questo è il primo atto della presentazione: ci sarà un secondo momento quando tutto sarà completato e, in quell’occasione, sarà anche presentato il catalogo. Quello che in un primo momento potrebbe sembrare un limite è, in realtà, una ricchezza perché “l’incompiuta” di Massimo Falletta, relativa al miracolo “Il piede riattaccato” ci offre un’opportunità, cioè di vedere tutta la fase preparatoria di un lavoro pittorico, di leggere le trame appena accennate di una storia da raffigurare (perchéi dipinti sono prevalentemente“narrativi”, cioè raccontano la storia di un miracolo, chiaramente attraverso l’esperienza emotiva, religiosae culturale dell’artista), ci fa intravedere quello che sarà attraverso i due unici volti dipinti e gli sguardi che si incrociano, ci proietta nel futuro e nella dimensione dell’attesa (in una fase storica in cui tutti abbiamo fretta) perché tutti vorremo vedere l’opera completa e vorremo leggere la storia di quelluomo di Padova, che dopo aver confessato ad Antonio di avere dato con violenza un calcio alla propria madre, sente rispondersi che “Il piede che colpisce la madre o il padre, meriterebbe di essere tagliato all’istante”. L’uomo, colpito dal rimorso, una volta tornato a casa si recide il piede. Quando Sant’Antonio sa di questo gesto, raggiunge subito l’uomo e, dopo un’orazione, congiunge alla gamba il piede mozzato, facendovi il segno della croce. E qui si compie lo straordinario miracoloil piede rimane attaccato alla gamba, tanto che l’uomo si alza in piedi, inizia a camminare, lodando Dio e ringraziando Antonio.

Inoltre, come dice il maestro Giuseppe Testa, “La devozione a S. Antonio e la frequentazione della chiesa di Sant’Antonino, come la chiamiamo noi, nella mia famiglia si tramanda da una generazione all’altra: sin da piccolo i riti della Tredicina di S. Antonio, del pane benedetto, fanno infatti parte della mia vita e di quella dei miei familiari”. Bisogna dire che tutti i cefaludesi avvertono la devozione o, almeno, il legame con la Chiesa di Sant’Antonino, pertanto la scelta di padre Aurelio ha incontrato grande accoglienza e sentimenti diffusi di gratitudine, sia negli artisti che in tutte le persone che a vario titolo hanno dato il loro contributo e in tutti coloro che fruiranno del racconto visivo dei miracoli. Dice il maestro Testa: “Ho cercato con una personalissima visione, di fare la stessa cosa [dei pittori] utilizzando i suoni al posto dei colori”. È la meraviglia dell’arte e della possibilità di passare da un linguaggio all’altro e di fondere più chiavi sensoriali in una ricca sinestesia. Prosegue: “In me il ricordo e la presenza di Valeria [Valeria Cortina, impegnata nella Parrocchia di San Francesco e nell’Azione Cattolica, scomparsa prematuramente il 30 giugno 2018]rimane molto legata a questo luogo, a questo Santo.  La spiritualità che ho cercato di ricreare con le mie note è stata quasi guidata, consapevolmente o no, dal ricordo della sua fede, il suo atteggiamento verso la preghiera soprattutto negli ultimi giorni e la voglia di vita fino all’ultimo istante. Ecco perché ho voluto dedicare “O dei miracoli” alla cara memoria di Valeria. Il brano è concepito come una conversazione tra tutti noi, il “Santo della porta accanto”, S. Antonio e l’Altissimo”.

Ecco adesso una breve presentazione delle opere, non per fare esercizio di critica, perché non è questo lo spirito dell’evento, ma per far emergere il dialogoche ogniartista ha intrattenuto con il miracolo da rappresentare, il suo vissuto, attraverso brevissimi elementi colti dalle relazioni che confluiranno nel catalogo.

LA MULA (Francesco Licciardi), olio su tavola, 228 X 125cm: In breve, l’opera racconta di un eretico che sfida Sant’Antonio a dimostrare con un miracolo la vera presenza di Cristo nell’ostia consacrata, promettendo che, se ci fosse riuscito, si sarebbe convertito alla retta dottrina. Spiega poi il suo piano: avrebbe tenuto chiusa la sua mula per alcuni giorni nella stalla, senza darle da mangiare; poi l’avrebbe portata in piazza di fronte alla gente, mettendole davanti della biada. Allo stesso tempo Antonio avrebbe dovuto mettere l’ostia di fronte alla mula: se l’animale si fosse inginocchiato davanti alla particola, ignorando il cibo, si sarebbe convertito. E così avviene nel giorno convenuto: la mula abbassa la testa fino ai garretti e si inginocchia davanti al sacramento del corpo di Cristo.

“Ad ogni pennellata cresceva forte in me un’unica grande preghiera: quella di poter presto tornare a prendere parte, con tutta la mia famiglia, al banchetto dell’eucarestia, non solo come osservatore, ma come invitato. Dio si manifesta ai suoi figli attraverso dei segni e questo percorso sinodale, di unione e compartecipazione, è stata l’ennesima dimostrazione di quanto Dio “voglia” continuamente manifestarsi nella nostra vita […] Il fatto sensazionale di questa storia non è quindi l’inginocchiamento della mula, ma la conversione di Bonovillo, il quale, illuminato dalla luce di Gesù eucarestia, abbandona l’oscurità della sua precedente esistenza, per affidarsi totalmente all’amore di Dio”.

LA VISIONE (Sergio Marino),acrilico su tavola,228 X 125cm:Poco prima di morire Antonio ottiene di ritirarsi in preghiera a Camposampiero, vicino a Padova, nel luogo che il signore del luogo, il conteTiso, aveva affidato ai francescani, nei pressi del suo castello. Antonio nota un maestoso noce e chiede di realizzare tra i rami una specie di celletta, dove trascorre le sue giornate in contemplazione, rientrando nell’eremo solo la notte. Una sera, il conte Tiso vede sprigionarsi un intenso splendore dalla stanza del Santo. Temendo un incendio, spinge la porta e resta immobile davanti alla scena prodigiosa: Antonio stringe fra le braccia Gesù Bambino.

“La luce che emana da Gesù inonda la scena: i colori danzano, facendo vibrare le figure che, irraggiate, si accendono […] È Maria che, nella visione, porta Gesù a sant’Antonio e a noi. È il suo sguardo che ci conduce dentro quell’abbraccio [..] E la custodia di questo incontro, come un arco di luce, richiama la forma di un occhio, specchio nel quale entriamo anche noi riflessi. Mentre dipingevo “quegli occhi negli occhi” mi sono sentito […] parte di quella ricerca che, dal buio della notte, ha portato Tiso a diventare testimone dell’episodio che proprio frate Antonio gli aveva raccomandato di non rivelare ma che, dopo la morte di lui, il conte aveva fatto sgorgare dal cuore […] Dopo la visione, il miracolo ci chiama alla testimonianza: chi meglio di Giuseppe, raffigurato sulla destra, può indicarci il fatto? Lui, uomo buono, figlio e ospite da venticinque anni della Casa d’accoglienza “Maria SS. Di Gibilmanna” a Cefalù, braccio destro fedele di padre Aurelio e dei frati è il primo testimone e invita anche noi a “vedere”. La sua nascita al cielo, improvvisa, mentre era in corso il lavoro sul dipinto, mi ha ispirato la necessità che il conte Tiso recasse la sua effigie. Lui ci indica la scena, intercettando quella candela accesa sullo scrittoio di Sant’Antonio che è, per noi, segno della fiamma della nostra Fede”.

SANT’ANTONIO A CEFALÙ (Patrizia Milazzo), acrilico su tavola,228 X 125 cm:Quest’opera parladella presenza di Sant’Antonio a Cefalù: essa esalta le tendenze personali di Patrizia Milazzo nel ritrarre immagini dal sapore realistico, affinché lo spettatore ne possa concretamente percepire sentimenti, emozioni e sensazioni, spaziando tra immaginazione e realtà, tra passato e presente. “Il mare ora è tranquillo, ricorda l’approdo del Santo nella nostra Sicilia, mentre il cielo terso sfumato e brillante dilata il senso di spazio nella meraviglia e nello stupore di un ampio respiro d’immenso. Siamo a Cefalù, una cittadina antica immaginata e ricostruita nel disegno di un noto pittore cefaludese, Giuseppe Cimino, mio sposo, che ho voluto omaggiare sostituendo la mia mano alla sua”. Quante volte, recensendo le opere di Giuseppe Cimino e Patrizia Milazzo, ho detto che i due artisti realizzavano opere a quattro mani ed è bello che questo lavorare insieme continui ancora, nonostante tutto. “Immagino sant’Antonio, vicino allo steccato del giardino del chiostro, che con le sue mani pianta un seme di arancio ‘nella buona terra soffice’. In seguito, la nascita del suo alberello, che nel tempo è stato più volte danneggiato ma che ancora oggi è vegeto, fresco e fecondo di fiori e frutti dove le foglie ricamano il controluce nell’azzurro del cielo. L’arancio posto al centro della composizione, attrae lo spettatore e si erge leggiadro e gentile. Nello stesso tempo è ben radicato e forte, florido e carico di quei frutti buoni che un frate prende e poi offre in dono. L’azione si completa nella disposizione del cesto in primo piano sulla mensola. Su di essa sono posti alcuni elementi preziosi usati da s. Antonio per le sue celebrazioni: il calice, il pane e il Vangelo. Nel calice si notano delle incisioni che raffigurano stemmi di famiglie nobili, le quali lo vollero ornare in segno di devozione: nella base cesellata infatti si osservano lo stemma di Cefalù, il pane, i tre pesci e la figura del santo”.

IL CUORE DELL’AVARO (Domenica Ferraro), acrilico su tavola, 228 X 125 cm:In una località della Toscana si stanno celebrando con solennità i funerali di un uomo molto ricco. Al funerale è presente Antonio che, scosso da un’ispirazione, si mette a gridare che quel morto non va sepolto in luogo consacrato, perché il cadavere è privo di cuore. I presenti rimangono sconvolti e inizia un’accesa discussione. Alla fine vengono chiamati dei medici, che aprirono il petto al defunto. Il cuore non è effettivamente nella cassa toracica e viene poi rinvenuto nella cassaforte dov’era conservato il denaro.

“Ciò che mi ha stupito maggiormente è stata la sicurezza di Antonio che, noncurante del pensiero della gente esprime a gran voce ciò che sentiva nel suo cuore, il quale era stato ispirato dall’Alto. La sincerità di Antonio è disarmante così come lo è la sua fede […] La fede di Antonio è una lente che gli permette di avere uno sguardo sulla vita nitido, senza sfocature; la fede di Antonio è luce, che dà sicurezza, che dà un’unica chiave di lettura alla realtà e non molteplici come potrebbe fare il buio, nel quale non si distinguono gli oggetti e tutto appare insensato, della medesima importanza. La luce non permette al dubbio di insinuarsi, la luce è Verità. Ed è per questo che da Antonio, uomo di fede, si dipartono molteplici raggi di luce che pervadono la scena; il defunto si trova nell’ombra, poiché ha preferito circondarsi di monete e beni materiali durante la sua vita non vedendo, accanto a lui, il prossimo. Un uomo, a sinistra del Santo, ha aperto lo scrigno contenente le ricchezze dell’uomo avaro, incredulo indica con un dito il cuore che ha trovato al suo interno; anche se prima incredulo alle parole di Antonio, adesso ha visto e ha creduto, poiché la luce e la verità sono schiaccianti, non possono essere contestate. Il giglio bianco, conosciuto nella tradizione popolare come “giglio di S. Antonio”, è un immemore simbolo di purezza di cuore e sapienza”.

L’ESORCISMO (Giuseppe Forte), acrilico su tavola, 228 X 125 cm: Sant’Antonio di Padova dà una preghiera ad una povera donna che cerca aiuto contro le tentazioni del demonio, che la spinge addirittura al suicidio, nella città portoghese di Santaren, apparendole in sogno e presentandoleun foglietto con la scritta: “Ecco la Croce del Signore! Fuggite forze nemiche! Cristo il re vittorioso, il Leone di Giuda, radice di Davide, ha vinto! Alleluia!” Queste le parole che la tradizione riferisce siano state dette da sant’Antonio: «Destati, o donna, e custodisci questa preghiera che ti dono, la quale ti libererà da ogni vessazione diabolica».

Il nostro artista attualizza le tentazioni: “La Croce ci libera dalle paure e dalle tentazioni sintetizzate nella parte sinistra, in basso, con la raffigurazione del denaro (euro), della droga (siringa), del gioco (carte), dell’alcol (bottiglie) e della prostituzione. I libri, non venendo più letti, vengono buttati via creando appiattimento e incultura in nome di una presunta libertà. La figura maschile e gli oggetti nella parte sinistra del quadro, vogliono quindi sintetizzare alcuni dei mali che affliggono oggi l’umanità spezzando il nostro rapporto col divino. L’umanità frantumata, simboleggiata nel vaso rotto, può essere liberata con l’ausilio della Croce e l’intercessione del Santo. Anche la figura della donna, che tiene sulle ginocchia la propria creatura, partecipa con tristezza al vortice travagliato della vita, ma non si lascia trasportare dalla disperazione in quanto sa di potere contare nella benevolenza del Salvatore che con certezza la libererà dalle cattive inclinazioni, facendola ritornare a gustare il profumo e il candore dei gigli (inseriti tra lei e il santo), simbolo della grandezza del Santo intercessore. Al centro, in alto, è ben visibile l’Ostia, simbolo dell’Eucarestia e quindi emblema della potenza, della presenza e misericordia di Cristo. I due fraticelli in preghiera, uno in ginocchio e l’altro alzato, assistono con serenità e coinvolgimento a quanto accade attorno a loro e cielo e mare fanno da sfondo alla composizione. I toni cromatici sono forti, decisi, taglienti, non sfumati e scuri nella parte del mostruoso demone che, ergendosi verticalmente, lascia i corpi e digrigna i denti, mentre in tutto il rimanente pannello ci sono colori più luminosi, con la prevalenza dei blu contrastati da colori caldi”.

IL NEONATO CHE PARLA (Patrizia Agozzino), tecnica mista su tavola, 228 X 125 cm:Ferrara una famiglia è minacciata dal sospetto nato dalla gelosia: un padre non vuole nemmeno toccare il figlio nato da pochi giorni perché crede che sia frutto di un tradimento della moglie. Antonio prende allora in braccio il neonato e gli dice: Ti scongiuro in nome di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, nato da Maria vergine, di dirmi a voce chiara, così che tutti sentano, chi è tuo padre. Il bambino, fissando negli occhi il genitore, visto che non può muovere le mani, legate dalle fasce, dice: “Ecco, questo è mio padre!”. E rivolgendosi all’uomo il Santo aggiunge: Prendi tuo figlio, e ama tua moglie, che è intemerata e merita tutta la tua riconoscenza.

“L’alfabeto del visibile è difforme dal dicibile; si articola e produce per il tramite dell’immaginazione e da questa trae i suoi contenuti. L’espansione del progetto (l’opera d’arte) necessita però di una forte ragione spirituale per far sì che questa non sia unicamente la rappresentazione di un soggetto, ma che diventi soprattutto il riflesso di una propria visione spirituale. Dal cuore alla mente, dal segno alla materia, dall’invisibile al visibile […] È interessante notare come i miracoli operati da Sant’Antonio da Padova affidino maggiormente (come tramite figurativo, quindi terreno) alla naturale predisposizione delle creature viventi semplici e poco strutturate, il messaggio della Fede e la forza che da questa deriva. Viene logico supporre che la fragilità e la purezza di un’anima sincera siano doti essenziali per far sì che il divino si manifesti, che l’enormità del trascendente sia più attinente ed a proprio agio nelle stanze pacate dell’istintiva semplicità e purezza primitiva, origine ed alimento di lealtà e stupore. L’innocenza e la fragilità di un bambino, nel compito a me consegnato, traducono e giustificano tale affermazione. È mia opinione che la Chiesa sia stata affidata, oltre che al Clero, ad ogni singolo uomo, ciascuno al proprio livello e con il proprio compito. È con filiale semplicità che oggi offro la mia preghiera mettendo in pratica, secondo le grandi, piccole ed immense grazie a me donate, l’espressione filiale, immediata e felice della mia gratitudine”.

LA PREDICA AI PESCI (Lucia Cimino), acrilico su tavola, 228 X 125 cm:La predica ai pesci sarebbe avvenuta a Rimini. La città era ben salda in mano a gruppi di eretici. All’arrivo del missionario francescano, i capi danno la parola d’ordine: chiuderlo in un muro di silenzio. Di fatto, Antonio non trova a chi rivolgere la parola. Le chiese sono vuote. Esce in piazza, ma anche lì nessuno mostra di accorgersi di lui, nessuno fa caso a quello che dice. Cammina pregando e pensando. Arrivato al mare, vi si affaccia e comincia a chiamare il suo uditorio: “Dal momento che voi dimostrate di essere indegni della parola di Dio, ecco, mi rivolgo ai pesci, per confondere più apertamente la vostra incredulità”. E i pesci affiorano a centinaia, a migliaia, ordinati e palpitanti, ad ascoltare la parola di esortazione e di lode.

“Al centro della lunetta troviamo il giovane Sant’Antonio seduto su uno scoglio, il suo viso è dolce e lo sguardo amorevole, proteso con le mani verso i pesci e intendo a narrare la Parola.

Le creature sono in basso a sinistra e la loro disposizione non è casuale, sono disposti a semicerchio in ascolto attento con la testa fuori dall’acqua. I pesciolini più piccoli sono più vicini al santo e quelli più grandi sono disposti nelle ultime file, in maniera tale che tutti possano vedere ed ascoltare, cosicché nessuno sia lasciato indietro. Sullo sfondo notiamo una striscia di vegetazione variegata e rigogliosa di alberi e prati e anche la presenza di numerose rocce. La disposizione di queste ultime, la diversità della forma e il significato, non è casuale, in quanto vengono intese come una metafora. Rappresentano l’atteggiamento fermo, chiuso, arido di un cuore indurito, quello di chi non vuole aprirsi ad ascoltare e si mantiene a distanza dalle parole d’amore. Infatti, più ci avviciniamo alla figura del Santo, più le rocce presentano angoli smussati, masse e linee morbide e tondeggianti […] Sant’Antonio ha un’espressione di grande tenerezza nel rivolgersi a quelle creature così attente, aperte a tutto ciò che Dio suggerisce. L’ascolto è fondamentale, perché ascoltare è il primo passo per aprire il nostro cuore a Dio. Lui ci dimostra che è sempre presente nella nostra vita e nel nostro cuore. Noi come hanno fatto i pesci, dovremmo accorrere per udire meglio e più da vicino quella parola che consola e ci protegge come in un grande abbraccio”.

MARIA SS. DI GIBILMANNA (Rosario Vizzini), pittura su ceramica, 260 X 140 cm:In sintesi, l’attività creativa del prof. Vizzini nei locali del Liceo Artistico: “La prima pennellata, la corona in capo alla Madonna, avviene alla fine di marzo. Da quella data e quasi giornalmente è stato dipinto il pannello: dapprima la Madonna col Bambino in braccio, la veste e il panneggio. Completata la figura principale si è passati al Santuario e a tutto il bosco che le fa da cornice. Alberi in gran quantità. Ora, dipingere su ceramica non è la stessa cosa che dipingere con olio o acrilico, la pittura è più simile all’acquerello per cui si comincia con velature di colore leggere per le parti luminose e colore più carico per le parti scure e in ombra. E, in ogni caso, dopo la cottura i segni delle pennellate saranno ancor di più evidenziate, ma questa è la caratteristica della pittura su ceramica.

Completata la parte a destra della Madonna la pittura è stata dedicata alla rappresentazione della cittadina normanna con la Rocca e il mare. Il cielo e un po’ di nuvole completano il dipinto. Infine lungo tutto il bordo è stato dipinto un motivo modulare che funge da cornice.

Sin dall’inizio, dall’idea primigenia, la soluzione cromatica da adottare era quella degli azulejos portoghesi, ovvero l’uso di un solo colore, il blu, per realizzare l’intero dipinto. E monocromatico, nei diversi toni di blu, da quello quasi bianco a quello intenso, è l’intero dipinto, cornice compresa.

Una volta completata la pittura, il pannello, scomposto e con le piastrelle inserite in appositi supporti, hanno affrontato (e superato) il giudizio implacabile del forno a 940 gradi… Il ceramista spera sempre che tutto sia perfetto ma il difetto è sempre in agguato, anche tra coloro di grande esperienza e tradizione. Gli elementi decorativi accessori, cartigli e formelle, sono realizzati in laboratorio di ceramica a partire dall’argilla, con lavorazione a mano e con l’uso di uno stampo per le formelle”.

Gli alunni della V B, indirizzo Design della ceramica, hanno dato il loro contributo in alcune fasi della realizzazione dei vari elementi.

Dell’opera di Rosario Vizzini e delle relative attività del laboratorio di Design della Ceramica del Liceo Artistico, ha parlato più diffusamente la Dirigente Antonella Cancila.

Per il racconto dei miracoli, si è fatto riferimento a www.santantonio.org

L’iniziativa è stata fortemente voluta dal parroco di San Francesco, Fr. Aurelio Biundo. Sono intervenuti lo stesso Fr. Aurelio Biundo; Fr. Salvatore Vacca, professore di Storia alla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia; Rosalba Gallà, docente di materie letterarie presso il Liceo Artistico di Cefalù; Antonella Cancila, dirigente scolastico dell’I.I.S.S. “Jacopo Del Duca – Diego Bianca Amato” di Cefalù; Don Giuseppe Licciardi, Vicario generale e Moderatore della Curia.

L’intervento integrale di fra’ Aurelio Biundo e le immagini delle raffigurazioni pittoriche nel Giornale di Cefalù del 23 giugno 2022 dal minuto 51.

Rosalba Gallà

foto: Salvo Ciano