Allarme per la sopravvivenza delle sale in Italia. A lanciarlo l’Anec con la Fice e l’Acec in una conferenza stampa che si è svolta presso la sede delle associazioni dell’esercizio a Roma e via zoom. “Mancano all’appello 500 schermi sui circa 3.600 che abbiamo in 1.300 strutture. Andiamo verso un -20% e se non si prendono provvedimenti il settore è a rischio”, afferma il presidente dell’Associazione Nazionale Esercenti Cinema Mario Lorini. “Sono urgenti iniziative strutturali di sostegno, prima fra tutte la definizione ‘dinamica’ della finestra tra la distribuzione in sala e sulle piattaforme, attualmente ridotta a soli 30 giorni. 90 giorni potrebbe essere un primo fondamentale passo“, aggiunge.

Lorini ha usato volutamente la parola “sopravvivenza” per lanciare un messaggio chiaro e urgente alle istituzioni, ma anche a tutti gli altri soggetti della filiera. “Fasi di chiusura e di ripartenza si sono susseguite in questi due anni, si è gettato il seme della diffidenza verso questi luoghi. Mentre il mondo torna alla normalità, l’esercizio viene ancora sottoposto a misure restrittive e mentre negli altri paesi, dalla Francia al Regno Unito alla Spagna, il 2021 è stato un anno di ripresa, da noi non è accaduto, troppe restrizioni. Per fortuna dal 10 marzo si tornerà a vendere cibo e bevande nelle sale: è un primo segnale positivo”.

Al governo Lorini chiede una road map precisa e date certe; inoltre una cronologia che renda la destinazione cinematografica chiara, esclusiva, e orienti il pubblico, oggi disorientato e sempre più propenso a restare sul divano di casa per guardare film e serie in tv. “La produzione – ha specificato Lorini – lavora tantissimo, ma c’è un’invadenza della serialità, le affermazioni sulla centralità della sala non corrispondono ai fatti. Nel 2021 sono arrivati in sala 353 film di cui 153 nazionali e di questi solo 4 o 5 hanno fatto incassi. Oggi mancano 500 schemi all’appello e dunque tutto il sistema è a rischio”.

Gianluigi Bernardini (presidente Acec, Associazione Cattolica Esercenti Cinema) ha ricordato come la sala sia paragonabile a una chiesa per il culto del cinema. “Come dice Nanni Moretti è insostituibile”. E ha affermato: “L’adozione di regole certe e ragionevoli non riguarda solo la capacità di attrarre il pubblico nelle prime settimane di programmazione, ma anche lo sfruttamento da parte dei cinema di profondità nelle settimane successive, con centinaia di sale (e di arene estive) che ormai programmano film in contemporanea con le piattaforme e le televisioni, quando non se li vedono negare del tutto”.Domenico Dinoia (Fice, Federazione Italiana Cinema d’Essai) insiste sul tema delle finestre: “I film arrivano in piattaforma dopo un mese e questo disorienta il pubblico. Il cinema d’autore ha bisogno di un periodo più lungo”.

Attorno all’iniziativa degli esercenti si è fatta sentire la solidarietà di associazioni, istituzioni e singoli artisti: da Carlo Verdone a Vittoria Puccini, da Nanni Moretti a Piera Detassis (Accademia del cinema italiano Premio David di Donatello) e alle presidenti di Sncci e Sngci, Cristiana Paternò e Laura Delli Colli.

Fabrizio Gifuni è intervenuto a nome di Unita Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo, l’associazione degli attori: “Il sistema di fruizione è cambiato, ma ridere e piangere insieme ad altre 400 persone è diverso dal farlo dal divano di casa. I cinema, come i teatri, sono presidi culturali della polis, luoghi della cittadinanza. Il teatro ha mille problemi ma è ineludibile per statuto, è unico; mentre il cinema ha un problema grosso e questo richiede uno sforzo di immaginazione. Questi luoghi vanno ripensati. È come se la proiezione del film non bastasse più e ci fosse bisogno dei corpi e di eventi”.

Benedetto Habib, a nome dei produttori Anica, ha ribadito la centralità della sala sia in termini culturali che di business. “Con la pandemia si sono disarticolati i sistemi e la sala è oggi un’esperienza in competizione con altri eventi. Ma la cronologia va rimessa in ordine per tutti i film, non solo quelli italiani, perché soggetti internazionali come le piattaforme hanno altri interessi”, avverte. Luigi  Lonigro, presidente distributori Anica: “Un’industria sana si regge sulle sue gambe, ma il nostro è un mercato debole. Solo l’esclusività può far ripartire la sala. Abbiamo bisogno di un intervento politico forte. Per comunicare che ciò che arriva in sala è per un certo tempo esclusivo. Oggi al pubblico manca la motivazione a uscire di casa e c’è stata una perdita di talenti, faccio l’esempio di Ficarra e Picone che quest’anno hanno preferito girare una serie”. Infine Marina Marzotto dell’AGPCI, chiede “spazio per lanciare i nuovi talenti e sottolinea la vitalità del cinema di nicchia con titoli come Re granchio, Piccolo corpo, Giulia“. 

Gli esercenti chiedono a produttori, autori e attori, ma anche a giornalisti e critici, di difendere il modello che vede la sala al centro del sistema. “A fronte di oltre 900 produzioni approntate o in fase di completamento, al 99% finanziate dallo Stato, non più del 35% sembra destinato alle sale cinematografiche, sempre più spesso facendovi capolino prima di dirottare su piattaforme e tv. La sala resta un modello insostituibile di socialità e di valorizzazione del prodotto filmico, eppure la produzione nazionale al cinema appare insufficiente e di scarso appeal”, afferma ancora Lorini.

“Una produzione italiana competitiva, di qualità e pronta ad affrontare il giudizio del pubblico con investimenti promozionali e di comunicazione adeguati, inclusa la presenza degli autori e dei protagonisti in sala – sostiene il presidente FICE Dinoia – è essenziale per rilanciare una cinematografia che negli ultimi anni sembra avere perso il contatto con il pubblico delle sale”.

Ecco in sintesi le proposte degli esercenti:

rivedere il sistema delle finestre;

promuovere una parziale detassazione del biglietto dei cinema per introdurre una riduzione generalizzata agli spettatori under 18;

dare vita a una campagna istituzionale sul cinema al cinema;

organizzare una Festa del Cinema in primavera, accompagnata da una campagna di comunicazione – e una copertura stampa adeguata – delle uscite cinematografiche;

dare certezza ai listini;

assicurare maggiori investimenti dell’industria per bilanciare l’accesso agli spazi televisivi (esempio: gli spot milionari acquistati dalle piattaforme durante il Festival di Sanremo).

fonte: cinecittànews