Gentile Direttore

La prego volere pubblicare un mio contributo sulla materia del risanamento ambientale delle cave di Polizzi Generosa ,relativamente al comunicato stampa pubblicato nel blog Madonie Live del 9 novembre 2018, a seguito dell’ incontro programmatico tra il Comune di Polizzi Generosa e l’Ente Parco delle Madonie.

Sembrerebbe che l’incontro doveva servire per stabilire le opportune iniziative per il risanamento delle cave insistenti nell’area di Parco ; venivano citate le tre cave di Portella Colla, Orto Menta e Santa Croce ,ricadenti in zona B di Parco mentre nel prosieguo si è parlato di siti anche in zona D che interessano maggiormente il Comune.

Inoltre  si è parlato di valorizzazione del Trittico, del riconoscimento UNESCO per gli Abies Nebrodensis e di altro, suscitando in  me la convinzione che si è voluto parlare di tutto senza voler focalizzare l’argomento cave dismesse.

Orbene il motivo per cui intervengo è soprattutto quello di contestare una iniziativa che è di facciata e che non ha affrontato le diverse problematiche che hanno ostacolato ed oggi ostacolano il raggiungimento dell’obiettivo risanamento.

Una breve cronostoria serve per inquadrare le diverse problematiche.

Attualmente il Piano Regionale delle Cave prevede alcuni interventi di ampliamento cave esistenti ed individua aree estrattive finalizzate al recupero.

Nell mio Comune sono previsti il recupero di Cava di Pietra degli eredi Cascio Antonino, della cava Buttitta, della piccola cava Prestigiacomo e di altre piccole aree, tutte in zona D di Parco ( n.b. è previsto in zona D il recupero nello strumento urbanistico del Parco)  ed indicate con il codice PA014R.

Inoltre in zona B è previsto il recupero della cava S.Croce  ,indicata con il codice PA014R.

Nulla è previsto per le cave Orto Menta e Quacella , che sono entrambe in zona B ; per la Quacella l’Ente Parco ha acquisito l’area, l’ha messa in sicurezza ed ha incaricato professionisti per redigere il progetto esecutivo, mentre per l’Orto Menta nulla è dato sapere a tutt’oggi.

Tutte queste cave sono state autorizzate e chiuse come attività prima dell’entrata in vigore della L.R. 127/80, sono individuate come aree degradate ed i progetti di recupero ambientale ,redatti secondo l’all.1 del D.A. 27 ottobre 2003, devono essere approvati dalla Provincia Regionale su cui ricade l’area da recuperare ( art.2 del D.A. 22 settembre 2003). Sembrerebbe che, dal momento che queste cave ricadono all’interno del Parco, debba essere questo Ente ad impartire le direttive e ad inviare i progetti al CRPPN per l’approvazione.

Fermo restando le iniziative dell’Ente Parco per le cave Orto Menta e Quacella, che cosa può fare il Comune per raggiungere l’obiettivo di risanamento di queste aree degradate ?

Per le nostre cave ,inserite nel piano regionale, la cui estrazione è stata intrapresa agli inizi degli anni 50-60,la legge vigente prima dell’entrata in vigore della L.R. 127/80 non prevedeva nessun obbligo per il cavatore;  non doveva depositare al Comune nessun importo o fidejussione da servire come garanzia per il recupero ambientale al momento della cessazione dell’attività estrattiva ( n.b. cosa che invece è prevista per le autorizzazioni successive all’anno 1980).

Ebbene sorgono alcune curiosità. Ed in questi casi , credo che non ci sia nessuna legge che prevede l’utilizzo di un sistema coercitivo per obbligare i cavatori ,che hanno cessato l’attività, di realizzare i piani di recupero a sue spese.

Non penso che non vi siano da adottare provvedimenti da parte di Enti, bensì penso che sia prevista la possibilità di acquisire gratuitamente le aree da parte dell’Ente territoriale ( credo Comune) ,sempre nella ipotesi di inerzia dei cavatori ( confisca-esproprio a costo zero).

Ed in quest’ultimo caso ( inerzia dei cavatori) con credo che a tutt’oggi vi siano incentivi , regionali, statali, comunitari che possano intervenire, tant’è che il progetto del Parco ,relativo alla Quacella, non è stato finanziato.

Quindi le mie considerazioni mi spingono a dedurre che l’unica strada possibile per il risanamento delle cave possa essere solamente l’intervento dei singoli proprietari.

Ora analizziamo la situazione attuale delle singole cave e le soluzioni prospettate:

  • Cava Dirupo Bianco

E’ a tutti noto che questa cava, compreso impianti e fabbricati,è stata sottoposta a confisca da parte dell’autorità giudiziaria.  Penso che in questa fase, prima che la confisca diventi esecutiva, il Comune potrebbe investire della materia i legali esperti per verificare se si può imporre all’amministratore giudiziario in carica di realizzare il piano di recupero della cava , attingendo le somme necessarie dall’ingente patrimonio in possesso del titolare e ciò potrebbe essere inteso come forma di risarcimento dell’immenso danno arrecato per la distruzione del paesaggio. A confisca definitiva si ritiene che il bene possa essere assegnato al Comune che non è in possesso delle somme per intervenire. Potrebbe fare una manifestazione di interesse rivolta agli operatori della zona ma non penso che questa sia una iniziativa fattibile nell’immediato.

  • Cava di Pietra degli eredi Cascio Antonino

Risulta all’Ente Parco che è stato presentato un progetto definitivo – studio di fattibilità da parte dei proprietari e che si è in fase di redazione del progetto esecutivo ,così come indicato nella corrispondenza agli atti tra il CRPPN, l’Ente Parco ed il Comune.

  • Cava Santa Croce

Penso che la società proprietaria non sia interessata al recupero della cava e pertanto, l’acquisizione gratuita delle aree potrebbe servire al Comune per indire una manifestazione di interesse rivolta ai cavatori interessati.

  • Conclusioni

Come si vede la materia trattata è di difficile soluzione e necessita di ulteriore studio e confronto con gli Enti interessati ( Parco-Regione Siciliana, Comune).

Il risanamento ambientale è un argomento importantissimo e dovrebbe coinvolgere tutte le forze politiche,  per raggiungere l’obiettivo, impegnadoci a non fare passerelle elettorali, così come si è soliti comportare.

Ing. Stefano Marabeti