Scrivere è scavare dentro se stessi e pubblicare i propri scritti è svelarsi, più o meno consapevolmente, agli altri. Può accadere, allora, che anche un “cuore / di pietra, aguzzo, scolpito dal Tempo” apra delle brecce nei “molti strati coriacei” che ha eretto a sua difesa per proteggersi dagli attacchi della vita. È quello che accade a Felice Infelice (un nome, un presagio) protagonista del romanzo “La luce dell’acqua di cielo” di Giuseppe Orifici (Book Sprint Edizioni) ed è ciò che accade allo stesso autore che, supportato dai suoi ricordi (come afferma nei ringraziamenti finali) costruisce una storia su due livelli: quello degli eventi narrati e quello degli eventi interiori, con uno scavo nei labirinti della coscienza in cui è facile smarrirsi e ripiegarsi su se stessi, con contraddizioni irrisolvibili per cui, come afferma il protagonista, “in modo parziale mi assolvevo pienamente”.
Si tratta di un viaggio a ritroso fra “gli errori che costellano la nostra esistenza”, ma che probabilmente, proprio in quanto errori, meglio ci definiscono.Una storia in cui scuola e architettura, sentimento e passione, cibo e sesso si intrecciano con tramonti sempre uguali ma sempre diversi, in un breve romanzo in cui tocca al lettore comprendere il limite tra invenzione e realtà.
Rosalba Gallà
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