Riceviamo e Pubblichiamo.
“Sono davvero sconcertato che il Giornale di Sicilia si sia prestato ad una manipolazione così grave della realtà e di fatti e procedure che hanno già nella foto centrale – utilizzata per illustrare la notizia – la prova di questa “grande impostura”. Ritratti nella foto, non sono i locali del Consiglio comunale, ma la civile abitazione di qualcuno su cui si è maldestramente inscenata questa falsa ricostruzione. Nella didascalia si legge, infatti: “al centro un momento del Consiglio Comunale con la minoranza (Giuseppe Civiletto, Stefania Vara, Carmela Riolo e Pietro Bulfamante) imbavagliata contro il Consiglio comunale a porte chiuse”. Lo afferma il sindaco di Cerda Salvatore Geraci.

“Solo questo elemento – aggiunge Geraci, che è anche deputato regionale- già costituisce secondo il mio legale materia su cui chiameremo a risponderne chi a questa “manovra di delegittimazione e inquinamento” si è prestato e si sta ancora prestando, con l’obiettivo di confermare quel teorema che vuole mascariare l’azione della mia amministrazione nel processo di rinascita e sviluppo del territorio e che ci vede impegnati da due legislature e che trova un larghissimo consenso della comunità cerdese. Al di là delle grandi inesattezze e volute confusioni contenute nell’articolo a firma di Fabio Lo Bono, l’origine di questa volgare manipolazione si riscontra, ancora una volta, nella strumentale omissione che lo stesso giornalista, nel suo testo, di fatto produce: la convocazione a norma di statuto del Consiglio comunale di Cerda – quando si discute di fatti che riguardano componenti dello stesso consiglio e dell’Amministrazione – prevede la convocazione a “porte chiuse” e, ancor più preciso, dispone che gli stessi interessati, non siano presenti ai lavori, proprio per rendere pienamente libera la discussione e il confronto.

Mi riferisco all’articolo 53 dello Statuto del Consiglio Comunale da tutti consultabile e verificabile, anche dallo stesso giornalista del Giornale di Sicilia che, a tutela del suo stesso lavoro e della credibilità della testata per cui lavora, aveva il dovere di verificate e controllare. Quindi nessuna diserzione, nessuna fuga e nessun bavaglio. Anzi c’è qualcuno che il bavaglio vuole alzarlo sulla mia bocca e ridurmi al silenzio, producendo bufale gigantesche. Chi ha armato la penna del giornalista è quella minoranza – con la regia occulta del solito burattinaio, il cui nome ho gridato nell’aula del Parlamento siciliano – che vuole ridurre il tutto in Tribunali Speciali e Aule Bunker. Fabio Lo Bono aveva il dovere deontologico di verificare la fondatezza di questi “sussurri e suggerimenti interessati” e non ricevere quella foto fasulla che vuole far passare come realtà una fraudolenta montatura. Ne risponderanno legalmente. Questa strategia di delegittimazione e inquinamento ha mandanti, esecutori e prestanomi, con le stesse logiche perverse che mirano ad isolare e a indebolire chi – in questi anni – ha davvero indicato con nomi e cognomi quelle antiche alleanze, mai cessate, con esponenti storici della mafia di Cerda. I cerdesi conoscono dove sta la verità. Per questo non ho paura e vado a testa alta, come ho sempre fatto nella mia vita, orgoglioso di rivendicare la mia onestà e rettitudine. Questa polemica – conclude Salvatore Geraci – non incide sul mio stato d’animo che resta sereno e fiducioso, nel doveroso rispetto del lavoro dei magistrati che, troveranno in me, sempre piena disponibilità e spirito collaborativo”.