Giorni felici, è una mostra di grande impatto emotivo allestita all’interno dello spazio Zac dei cantieri culturali alla Zisa di Palermo visitabile dal 5.12.2023 al 3.03.2024.la mostra che racchiude le installazioni di più artisti , trae spunto dal breve romanzo di Alan  Bennet “Nudi e  crudi”, un testo interessante che pone una domanda di grande attualità: è davvero questa la vita che vogliamo? Tutto quello che ci circonda finisce per essere effimero e ci rendiamo conto che l’umanità che ci circonda non è felice.

Guardiamoci intorno,  il pianeta è in sofferenza, ci sono guerre sotto gli occhi di tutti, povertà materiale e immateriale , un forte inarridimento delle relazioni e delle emozioni sempre più fragili.Giorni felici, attraverso il lavoro degli artisti Chen Zhen, Yuri Ancarani, Per Barclay, Joanna Piotrowska, Silvia Giambrone e Genuardi Ruta, fa vedere con chiavi diverse come le vicende personali e sociali siano tra loro legate, è come fragile sia la nostra esistenza, sebbene ciascuno di noi provi a creare barriere continue per difendersi da tutto e tutti, finendo alla fine per sperimentare la solitudine e l’incomunicabilità.

Il testo Nudi e crudi, parla di una coppia che vive ormai insieme per abitudine, un giorno la loro casa viene violata, si sono portati tutto, cosi chè ritrovandosi, dinnanzi lo scenario di avere perso tutto ciò che di materiale avevano, provano all’inizio sgomento, poi accade qualcosa, una nuova epifania che li porterà a conoscersi in una dimensione che non avevano mai immaginato, la ferita subita, diventa feritoria.

Chen Zhen usa l’acqua come elemento di purificazione , ed ancora undici letti , dove sembra affoghino oggetti di uso quotidiano, resti di qualcosa, pezzi di vita, tutto alla fine viene rarefatto, da un fatto che può essere inaspettato che irrompe nella vita e’ fa crollare tutto , quel nostro accumulare a cosa serve, se non forse a riempire vuoti che dovremmo riempire diversamente, a cosa ci sono serviti tutti quegli inutili oggetti di cui ci circondiamo affollando le nostre case che finiscono solo per soffocarle e riempirsi di polvere.

Quindi Joanna Piotrowska che affronta il tema del gioco della capanna, la casa come rifugio sicuro, provvisorio, qualche volta prigione , all’interno della stessa paradossalmente pur essendo essa stesa casa diviene invece solo un luogo poiché al suo interno cerchiamo comunque un’altra capanna, dove rifugiarci, nessun luogo è più sicuro e misterioso se non quello che creiamo dentro noi stessi.

Tutto quello che ci circonda è che per noi rappresenta o potrebbe rappresentare una sicurezza, una zona di confort improvvisamente potrebbero perdersi ed allora è nell’assenza che nascono le risposte alle domande e nell’attesa si comprende il valore delle cose.

Al primo sguardo la mostra sembra inquietante , tenebrosa, poi ci si rende conto che l’avere messo davanti gli occhi la verità è l’unica vera occasione per ragionare sulla nostra esistenza che riempiamo troppo spesso di orpelli inutili, la felicità è nell’essenziale, dovremmo dunque come suggeriscono gli artisti liberarci dal più, per ritrovare e ritrovarci.