Per ben tre volte la Liturgia odierna ci propone il versetto di Matteo 28,20: “Ecco: io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” ( nel verso allelujatico – nel brano evangelico – all’antifona di comunione).


Proprio nel momento in cui il Risorto lascia i discepoli, che, fino all’ultimo, con una logica ed una speranza tutta umana, ancora gli chiedono se è quello, finalmente, il momento in cui ricostituirà il regno d’Israele ( Atti, 1, 1-11), Cristo innanzitutto afferma di restare con loro e poi spiega il significato di questa presenza promettendo lo Spirito Santo ed impegnando i discepoli a testimoniarlo fino ai confini della terra. Aggiunge ancora: “Andate ed ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
Appena l’altra domenica abbiamo appreso che si battezzava “nel nome di Gesù”, oggi ci troviamo di fronte alla formula trinitaria definitiva. Luca ci ha raccontato i primordi, ancora nel brano degli Atti di oggi solo per i discepoli parla di “battesimo nello Spirito” contrapposto al battesimo d’acqua di Giovanni il Battista.
La formula trinitaria riportata dal testo attribuito a Matteo è più tardiva e testimonia proprio dell’opera dello Spirito nella coscienza degli Apostoli e nella comunità primitiva…la Chiesa si organizza, riflettendo e comprendendo la Parola di Cristo, grazie all’azione dello Spirito: la Pentecoste, più che una data o una ricorrenza, è da intendere come un’azione continua dello Spirito, che dura ancora oggi, che nel tempo ha consentito ai credenti di incarnare la Parola nella Storia, attribuendo alla Parola una straordinaria capacità estensiva e comprensiva della stessa storia, per cui non esiste epoca, evento o cultura che la Parola non riesca ad assorbire per incarnarvisi. E’ il senso profondo dell’ “andate ed ammaestrate tutte le nazioni”, “ mi sarete testimoni fino ai confini della terra”, “ sono con voi fino alla fine del mondo”.
La funzione sapienziale e di rivelazione dello Spirito ci viene ribadita da Paolo nella Lettera agli Efesini (1, 17-23): grazie a Lui avremo una più profonda conoscenza del Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria.


Allo Spirito Paolo attribuisce la comprensione dell’opera salvifica di Cristo e della nostra speranza, nella partecipazione della Sua eredità: siamo figli dello stesso Dio che ha manifestato la sua forza in Cristo, risuscitandolo dai morti, facendolo sedere alla sua destra nei cieli. “Dio Lo ha costituito su tutte le cose a capo della chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose”.
E’ straordinaria questa affermazione che la Chiesa, con Cristo a capo, sia la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose: l’incarnazione è pienezza di realizzazione, il piano di salvezza si connatura al Figlio ed il Figlio s’identifica con la sua funzione. Ed è anche vero che la sua incarnazione è in atto, mediante la Chiesa, e perdura nella storia perché è destinata a compiersi nella sua pienezza.
E’ la visione della penetrazione dinamica, infusiva e subito effusiva, della Salvezza attraverso i Cristiani, i quali non possono illudersi di essere mai arrivati, non possono restare abbagliati da momenti di successo, non possono abbandonarsi ad un quietismo sterile, contemplativo, come i discepoli che, al momento della dipartita del Signore Gesù,“stavano fissando il cielo, mentre egli se ne andava”.
Il dinamismo cristiano non può cessare fino a che Egli non ritorni, ma c’è di più: “ Io sono con voi fino alla fine del mondo”. A volte viviamo, ragioniamo, ci comportiamo come se Lui ci fosse e non realizziamo che Lui c’è veramente: “Dove ci sono due o tre di voi riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Nella celebrazione eucaristica Lui è presente, come vittima sacrificale, come sommo sacerdote, come nostro cibo e bevanda. Tutte le volte che il Risorto appare ai discepoli, questi sono insieme per pregare e spezzare il pane: in quel contesto, ricordando quello che Gesù ha detto ed ha fatto, discutendone insieme, aiutati dalla presenza dello Spirito, comprendono e rafforzano la loro fede.
I Cristiani conoscono il Dio dell’incarnazione (“perché fissate in cielo lo sguardo?”): nel mistero e nella certezza della fede, nell’Eucaristia lo toccano con mano, a differenza di Tommaso, essi mettono la mano nel Suo costato ed il dito nelle ferite delle Sue mani, perché sanno di partecipare alla sua passione con i propri dolori e con le proprie ferite, con la fatica della propria fedeltà, perciò sanno che parteciperanno alla sua eterna gloria.Abbiamo iniziato questa eucaristia pregando: “ fa che testimoniamo nelle opere il memoriale della Pasqua che celebriamo nella fede”. Amen.

Giuseppe Riggio