Erano le 9:20 del 30 aprile 1982, a Palermo come nel resto d’Italia. Una Fiat 131 guidata da Rosario Di Salvo stava conducendo Pio La Torre presso la sede palermitana del Partito Comunista. All’altezza di Piazza Generale Turba, una moto di grossa cilindrata obbligò Di Salvo a fermarsi. Una raffica di proiettili consumò il duplice omicidio ordinato da Totò Riina e Bernardo Provenzano. Pio La Torre morì all’istante mentre Rosario Di Salvo ebbe il tempo di estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere. I funerali si svolsero il 2 maggio 1982 in una Piazza Politeama gremita: parteciparono oltre centomila persone insieme al Presidente della Repubblica Sandro Pertini, al Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini, al Segretario nazionale del PCI Enrico Berlinguer, al Presidente della Regione Siciliana Mario D’Acquisto (fischiato dalla folla durante il suo intervento) e al Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, appena insediatosi come Prefetto di Palermo con sei giorni di anticipo (verrà assassinato anche lui appena cento giorni dopo).

“Perché hanno ucciso La Torre? Perché hanno capito che egli non era uomo da limitarsi a discorsi, analisi, denunce di una situazione, ma era un uomo che faceva sul serio. Era uomo che, alla testa di un grande partito di lavoratori e di popolo, di gente schietta e pulita, era capace di suscitare grandi movimenti, di stabilire ampie alleanze con forze ed uomini sani, democratici di altre tendenze; di prendere iniziative che colpivano nel segno. Era capace di portare avanti una politica di rinnovamento, di giustizia sociale, di sviluppo della Sicilia, di corretta e piena realizzazione della sua autonomia, di unità contro il riarmo e per la difesa della pace. Proprio mandando avanti una tale politica, si recidono radici, si toglie spazio al potere mafioso, alle sue rapine, alle sue prevaricazioni, ai suoi dilaganti crimini efferati. È del tutto evidente che tale attività criminale è diretta, alimentata, sviluppata da forze reazionarie, e assecondata da gruppi economici e politici incapaci di concepire la ricerca di soluzioni dei loro problemi in una visione politica ed economica di libero sviluppo della Sicilia e della sua autonomia, della democrazia italiana, o in una prospettiva di disarmo e di pace.

Ciò spiega come ogni uomo che dimostri di volere perseguire un rinnovamento, e di avere capacità e vigore, è considerato da queste forze un nemico, che si deve fare fuori. Questo è accaduto per uomini, fra loro molto diversi, come Piersanti Mattarella e Pio La Torre, come Cesare Terranova e Lenin Mancuso, come Gaetano Costa e Boris Giuliano e il capitano dei carabinieri Emanuele Basile e molti altri, alla cui memoria noi ci inchiniamo. Noi chiediamo giustizia per loro, per tutti i caduti per mano assassina! Ancora una volta incitiamo tutti i compagni, tutti i cittadini, a dare piena collaborazione alla polizia, alle forze dell’ordine, alla magistratura, a tutte le autorità competenti. Chiediamo alle autorità, ad ogni livello, di adoperare tutti gli strumenti che, la Costituzione e le leggi mettono a loro disposizione, con rigoroso rispetto democratico, con penetrante impegno, con inflessibile fermezza.” Queste parole pronunciate da Enrico Berlinguer ancora oggi, dopo 41 anni, vibrano di intensa verità.

Pio La Torre, prima che un grande uomo politico e dirigente di partito, a cui si deve l’intuizione di colpire le mafie a partire dai loro patrimoni e proventi illeciti, è stato un grande sindacalista ed è il momento che la politica torni a dialogare con i sindacati e i lavoratori per portare a compimento battaglie condivise.

Il Partito Democratico siciliano, per testimoniare il valore della memoria e della coerenza necessaria per un impegno antimafia serio e concreto, ha ricordato Pio La Torre e Rosario Di Salvo insieme alla Segretaria nazionale Elly Schlein, che sarà presente l’1 maggio anche a Portella della Ginestra per sottolineare l’importanza di una mobilitazione generale a garanzia delle tutele di cui necessitano tutti i lavoratori.

L’Italia è fondata sul lavoro ed è tale forza costituzionalmente garantita che deve tenerla unita in quanto motore per la crescita economica, lo sviluppo culturale, l’innovazione, la coesione sociale, la dignità individuale e, dunque, il progresso collettivo.

La precarietà di cui il governo nazionale non parla, la povertà, la mancanza di adeguate misure di sostegno al reddito, lo sfruttamento, la carenza di tutele, la disoccupazione, l’elusione delle garanzie contrattuali, le marginalità, le disparità salariali e l’assenza di una equa remunerazione minima garantita, i contratti “pirata”, i divari territoriali, le disuguaglianze di genere, la scarsa sicurezza dei luoghi, gli infortuni e le morti sul lavoro, e l’elenco potrebbe continuare, sono piaghe attuali che si propongono quotidianamente all’attenzione di chiunque non abbia conseguito la “fortuna” di un impiego pubblico. Eppure il lavoro di qualunque natura dovrebbe assicurare una parità sostanziale sul piano delle opportunità.

Compito della politica deve essere quello di andare ad intercettare le fragilità, le difficoltà dei “nuovi” lavoratori, quelle dei “vecchi” e di quanti un lavoro lo hanno perso o non riescono a trovarlo, stabilire una sintesi tra la tutela dei dipendenti e le esigenze imprenditoriali, perché solo dalla ricerca di un equilibrio dinamico tra tutti questi interessi e da riforme organiche dipende il futuro delle nuove generazioni che si affacciano al mercato del lavoro e del Paese intero.

Anche in questo ambito, il PNRR è una ineguagliabile e irripetibile opportunità per colmare ritardi strutturali, sostenere strategie di crescita, favorire l’innovazione e migliorare tutele e garanzie. Affinché ciò si concretizzi, però, occorre che la politica metta da parte ideologie e pregiudizi per focalizzare unitariamente la propria attenzione su un piano di rilancio serio che possa assicurare, a livello nazionale ed europeo, competitività e sviluppo. Una sola indicazione di metodo: ascolto delle parti sociali e confronto tra forze parlamentari.

Come affermato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “ampliare la base del lavoro e la sua qualità, deve essere assillo costante a ogni livello, a partire dalle istituzioni”. Ricordarsi, ogni anno, delle garanzie dei Lavoratori nel giorno della loro Festa non deve essere solo sinonimo di lotte andate nel segno e di conquiste assicurate ma un impegno politico strutturale costante e condiviso.