Il castello dei Ventimiglia di Castelbuono rappresenta il simbolo identitario della nostra cittadinanza il cui impianto architettonico conserva ancora i tratti stilistici tipici delle diverse popolazioni e dei governanti che hanno contribuito all’evoluzione e alla crescita della comunità indigena rurale.


A noi tutti sono note le caratteristiche più originali del nostro bene culturale: il fatto di essere lo scrigno monumentale della sacra reliquia patronale, l’avere celato al suo interno due meravigliose cappelle palatine e l’essere attrattore turistico e fabbrica culturale. Altre, invece, rimangono sconosciute ai più e rappresentano la materia più stimolante nel campo della ricerca in quanto la storia anagrafica del castello presenta ancora aspetti lacunosi, soprattutto in ordine alle fasi più antiche.
Gli studi e gli scavi, nel corso della seconda metà del Novecento, hanno permesso di scoprire murature al di sotto di quelle trecentesche. Tra gli elementi architettonici più interessanti e meno conosciuti, associabili al primo impianto edilizio, interviene la scarpa, o motta, una massicciata in pietrame mescolata con terra, che sorge ai piedi della Porta di San Cristoforo e che costituisce un elemento originale nello sviluppo architettonico del castello.
Ma c’è di più. A parere degli archeologi, inglobata e nascosta da un muraglione realizzato negli anni sessanta, sembra che esista persino un tratto della cinta muraria esterna sullo stesso lato Ovest del Castello dove è visibile un tratto superficiale della motta. In prossimità del tratto finale del muro di cinta, secondo le ipotesi degli studiosi, si individua traccia di un’antica stradella, purtroppo non utile al sindaco dell’epoca, diversamente da quello di oggi. Niente di che: una lingua di viottolo che rasenta la motta costruita senza palificazioni, senza l’intervento di fidi ruspa-nti, senza manco un trafiletto sulla carta stampata dell’epoca (allora non avevano giornalisti professionali come quelli di oggi), senza neppure una fotografia! Una cosa di poche pretese, insomma.


La motta del Castello di Castelbuono, caso unico nel panorama delle strutture note in Sicilia, rappresenta un’opera di alta ingegneria militare che trasformò un modesto rilievo come il poggio di San Pietro in una fortificazione. Oggi dobbiamo essere eternamente grati al sindaco sig. Cicero che, senza volerlo (essendo esperto più in progettazione di stradelle pedonali per uso autotreni e trasporto di vettovaglie e cibarie verso il centro polifunzionale, piuttosto che in archeologia medioevale), ha documentato non solo l’amica ruspa gialla, ma anche la motta che, grazie ai lavori, emerge in tutta la sua evidenza. E lo ha fatto con una fotografia celebrativa del suo capolavoro di una vita: la demolizione di una costruzione solida come il Cine-teatro le Fontanelle, per far posto a tutt’altra cosa.
Oggi, riportare alla luce l’intera parte ancora integra della motta medievale, utilizzando – per una volta a fin di bene – l’opportunità dei lavori in corso, permetterebbe di comprendere i collegamenti tra il recinto difensivo, le torri e il baglio del Castello, e valutare l’eredità della dominazione bizantina e araba sul sito del Castello medievale. Permetterebbe di capire, inoltre, se il casale di Ypsigro nacque ai bordi del Poggio San Pietro e non nella zona al di là di Piazza Margherita, e fare chiarezza sulle nostre origini riportando alla luce un consistente pezzo della storia delle origini di Castelbuono e del suo Castello.
A parte il fatto che la valorizzazione della motta darebbe decoro e bellezza all’area Ovest del Castello.
Evidenziamo fin da ora che riteniamo un imperativo di ogni sensibilità cittadina salvaguardare la motta dai lavori voluti dal sindaco sig. Cicero, cioè la famigerata e spudorata stradella. Al fine di riportare alla luce e preservare la motta e ogni altro manufatto che inevitabilmente verrà fuori ai primi saggi da facili tentazioni della committenza, occorrerà prima di ogni altra cosa rivedere o eliminare del tutto l’irrinunciabile, ma solo per il sindaco, strada che già oggi deturpa quel versante del castello e che, con la realizzazione di una paratia di pali in piena zona a vincolo archeologico, produrrebbe danni irreparabili.Ma questo e l’autostrada a venire per qualche lacchè non è un ecomostro.


Noi, diversamente dal sindaco e dai suoi catechizzati, riteniamo che la valorizzazione dei beni culturali venga prima di qualsiasi altra valutazione di opportunità, ammesso che ve ne sia una. Sulla base di ciò facciamo appello agli organi politici e tecnici del Comune di Castelbuono, alla Soprintendenza ai Beni Archeologici, alle associazioni culturali di Castelbuono e della Sicilia (Siciliantica BC Sicilia, FAI, Italia nostra, Legambiente Sicilia, Archeoclub Cefalù, Associazione Città e territorio, Museo civico, Centropolis, Consulta giovanile, Auser, Ceres, Pro loco) con una nota che abbiamo ufficialmente trasmesso.
Facciamo appello ai cittadini tutti, soprattutto a quelli che, in grande maggioranza, sono sensibili alle ragioni della storia e della stessa identità cittadina, affinché si adoperino, ciascuno per le proprie competenze e possibilità, per fare sì che nessun lavoro in corso per il Centro polifunzionale, imposto con la forza della sopraffazione dal sindaco Cicero in luogo del teatro, danneggi i resti della motta o di qualsiasi altro bene archeologico che al momento giace sotto i terreni di deposito accumulati nei secoli.
La Costituente per la Castelbuono