E l’anno inizia con un incontro al cassero di Palermo, tra le balate calde di una Palermo che per quanto la giri e “furrii” mille volte non è mai la stessa, ti invita quasi per dote innata a cercare dentro le sue vesti e sottane, grembiuli e bavagli i suoi tesori e i suoi segreti.


L’incontro piacevole è avvenuto con il libro di Giorgio D’Amato :” Moby Dick o la follia di Ahab”, un libro che è una libera interpretazione del Moby Dick di Melville , illustrato con i suoi disegni che raccontano brevemente alcuni passaggi salienti della storia della balena bianca e del capitano Achab e della sua follia.
Moby Dick è un romanzo avventuroso, metafora della vita, metafora della lotta del bene e del male. Per descrivere la vita umana non esiste metafora più potente e completa di quella del viaggio attraverso il mare. Vele spiegate, un’imbarcazione mai sufficientemente robusta per solcare la spaventosa e irresistibile vastità dell’oceano, il pericolo delle tempeste, il rischio dei naufragi, la consapevolezza di potere contare solo sulle proprie abilità per ultimare la traversata.
Il mare è imprevedibile , attraverso questo viaggio l’uomo riconosce che non può sottomettere qualunque cosa desideri alle leggi della ragione, ma ne matura la consapevolezza quando è troppo tardi.
La storia narrata da Melville, sembra sia stata ispirata da due fatti realmente accaduti , l’affondamento di una baleniera con l’urto di un capodoglio e la presunta uccisione dello stesso molto tempo dopo.
Il capitano della nave durante una battuta viene colpito e perde una gamba, da quel funesto momento al quale tuttavia sopravvive seguirà una spietata e morbosa ricerca dell’aggressore perché venga ucciso. In realtà il capodoglio non aveva nessuna colpa se non quella di essere nel suo territorio, il mare e di essere piuttosto lui ad essere stato disturbato, dunque si difende attaccando a sua volta.
Acab, il cui nome ricorda quello di un sovrano biblico punito da Dio perderà in questo viaggio animato dalla vendetta, la sanità mentale.
La follia gli impedisce di vedere nella balena semplicemente un animale, piuttosto vedrà in questo solo il male qualcosa che l’ha offeso e come tale và colpito, nel libro si legge in questa brama di vendetta che se anche il sole dovesse offenderlo, egli stesso lo colpirebbe, dunque a male ricevuto, la risposta con altro male, un circolo vizioso nel quale si può facilmente cadere se non si è sufficientemente forti e saggi nel comprendere che il male genera solo male, rispondere alla stessa maniera non porta mai a nulla di buono.


Tormentato da un pensiero fisso, il capitano, riconosce che niente lo lega se non il pensiero alla vendetta, non basta l’avere lasciato sulla terra ferma gli affetti, moglie e figlio, solo la morte della balena può ridargli la pace perduta e liberarlo dall’odio in cui è intrappolato.
Achab ha una forza d’animo immensa, risoluto, caparbio, non conosce limiti all’infuori di se stesso, il suo furore non è solo folle, ma diabolico poiché niente lo ferma, solo in qualche attimo di lucidità ripensando alla sua vita si definisce un idiota, Ismaele l’unico dei personaggi che sopravviverà, analizzando un po’ la follia del capitano e di quello che accade agli uomini di carisma dirà che dietro ogni mortale grandezza, si nasconde una malattia, la malattia di credersi onnipotenti.
In punta di morte Achab inveisce contro la balena dicendo: “in nome dell’odio che provo, sputo su di te il mio ultimo respiro” proprio come per tutto il tempo della caccia, la balena con il suo sputo -soffio aveva seminato paura.
Laggiu’ soffia! Laggiu’ soffia si legge nel libro, la balena incute terrore, rappresenta ciò che è ignoto, gigantesco, l’ossessione conoscitiva.
Una storia avvincente di non facile lettura il libro di Menville,fu tradotto in Italia per la prima volta da Cesare Pavese, noto per le sue analisi introspettive vedi “il mestiere di vivere”.
Una storia carica di spunti di riflessione, motivo per cui è una lettura che dovremmo fare un po’ tutti, il nostro Giorgio con il suo libro tascabile è riuscito nell’intento,i generare curiosità in chi non conosce la storia di Moby Dick e voglia di rileggere il libro in chi lo conosceva, ma si sa i libri in diverse fasi della vita acquisiscono sempre nuovi significati.
“Sono io, signore, che sollevo questo braccio, o chi è? Ma se il sole immenso non si muove da sé, e non è che un fattorino del cielo; se nemmeno una stella può ruotare se non per un potere invisibile, come può dunque questo piccolo cuore battere, e questo piccolo cervello pensare, se non è Dio che dà quel battito, che pensa quei pensieri, che vive quella vita, e non io?»tratto da Menville, la riflessione sul senso dell’esistenza e sulla lotta continua che ciascuno di noi intraprende continuamente nella vita, achab è ciascuno di noi, la balena bianca ciò che non conosciamo.