L’incontro pubblico promosso da alcune sigle sindacali lo scorso 18 febbraio, alla presenza di alcuni sindaci e rappresentanti politici, ha avuto come oggetto la costituzione di un comitato di lotta permanente per l’Ospedale Madonna SS. dell’Alto di Petralia Sottana. La dichiarazione più importante, a poca distanza dalla notizia dell’accordo tra l’Asp e la fondazione Giglio di Cefalù per portare alcuni servizi chirurgici e ortopedici a Petralia Sottana, è stata quella dei responsabili zonali Cgil e Cisl, Calogero Spitale e Gandolfo Madonia, che hanno dichiarato: “non ci accontentiamo delle briciole e non vogliamo elemosine; la classe politica ha smantellato il nostro ospedale rendendolo inefficiente sotto ogni punto di vista. Pretendiamo che vengano ripristinati i punti nascita e i reparti di cardiologia e ortopedia.”


In effetti l’accordo, siglato con una delibera immediatamente esecutiva del 17 febbraio, da il senso di quanto i piani sul nosocomio madonita vengano fatti sopra le teste dei cittadini. Dalle dichiarazioni riportate sembra che la cosa cada improvvisa anche sui tavoli dei primi cittadini e degli enti sovracomunali. Da qui la prima domanda alla quale rispondere: è effettivamente così? L’ipotesi, dopo la baruffa sullo scavalcamento dell’Ars negli scorsi giorni, non è del tutto improbabile. Le massime cariche del territorio, però, hanno il dovere di rispondere e, nel caso non fossero state a conoscenza di tale progetto, far sentire fermamente la loro protesta per non essere stati parte del processo decisionale.
Ma cosa prevede il famoso accordo? Il “Protocollo d’intesa con Fondazione Istituto G. Giglio Cefalù per effettuazione prestazioni aggiuntive di consulenza specialistica in Chirurgia Generale e Ortopedia-Traumatologia presso P.O. “Madonna dell’Alto – Petralia Sottana” è un accordo semestrale con un importo già fissato di € 168.000 firmato per “offrire attività sanitaria a un nosocomio per il quale si registra grave sofferenza a reclutare risorse”. La fondazione G. Giglio si impegna a garantire l’invio di 2 chirurghi e 2 specialisti in ortopedia e traumatologia per effettuare due accessi settimanali della durata di 12 ore ciascuno: Ogni accesso verrà liquidato previa fattura a € 3.500 “comprensivo del compenso e dei costi ed oneri della Fondazione”. Si tratta di prestazioni praticate fuori dall’orario di servizio, in regime libero professionale, secondo un calendario concordato tra il Madonna dell’Alto e il Giglio che mantiene il diritto di priorità sulla decisione in termini di prestazioni e turnazione. A parte dei dubbi burocratici sull’inquadramento dei professionisti, assistiamo di certo a uno sbilanciamento fra le parti che non permette di capire quali attività saranno svolte (soprattutto in considerazione del reperimento di un secondo anestesista in aggiunta a quello normalmente presente) e con quali reali tempistiche. Si tratterà di interventi di tipo ambulatoriale o che già oggi si sarebbero potuti effettuare con i medici presenti? Le prestazioni saranno realmente rispondenti alle esigenze dei pazienti? Solo per fare esempio, verranno effettuati interventi al femore? Chi seguirà il paziente in caso di complicanze? Infine bisogna dire che sembra illogico dover fissare un prezzo senza che siano definite almeno un elenco di tipologie di interventi.


Amaramente, poi, dobbiamo constatare come il prezzo di una tale operazione avrebbe coperto la spesa per almeno 4 o 5 specialisti assunti a tempo indeterminato per lo stesso periodo. Ciò è desumibile dall’ultimo report delle retribuzioni disponibili sul sito dell’ASP 6, quello del 2015. Secondo il documento un primario di ortopedia percepiva uno stipendio annuo complessivo pari a circa € 70.000. A meno di impennate vertiginose degli emolumenti negli ultimi anni, i conti sono presto fatti: € 35.000 x 5 = € 175.000. Una cifra molto simile a quella che si spenderà per due accessi settimanali a fronte di 5 specialisti per sei mesi con un monte orario completo.
Si replicherà che tale protocollo nasce per rispondere alla difficoltà a trovare risorse umane, un problema annoso che coinvolge non solo le Madonie ma che colpisce il sistema sanitario in generale. Ciò è vero. Già nel 2019, il sindacato medico Anaao Assomed denunciava, infatti, la mancanza di figure professionali soprattutto in pediatria e nell’area dell’emergenza urgenza (con l’aggravante dell’esodo dei neo-specialisti dalla Sicilia). Proprio in questo quadro sconfortante molti specialisti rifiutano incarichi in ospedali minori aggravando la situazione sanitaria nelle aree interne. La personale opinione di chi scrive è che non saranno le soluzioni tampone ed incerte a risolvere il problema. Come già proposto da altri territori bisognerebbe: predisporre contratti lunghi e non di pochi mesi come adesso; promuovere incentivi per chi sceglie di operare nei nosocomi delle aree interne; investire in accordi pilota con realtà, anche estere, che hanno invece esubero di personale medico.
Questi, tuttavia sono buoni propositi per il futuro. Nel frattempo l’accordo con il Giglio è stato firmato e bisognerà trovare il modo di metterlo a frutto, in un modo o nell’altro, traendone quanto di buono sarà possibile. Il nodo aperto, però, è nella continuità assistenziale e nella tutela del diritto alla salute che, ancora una volta, non trova risposta. È necessario coprire, in ogni caso e con urgenza, l’organico specificando la sede del posto messo a concorso a prescindere dalle scelte tampone e irricevibili che mortificano l’intera comunità: è necessario che le progettualità siano strutturali, efficienti ed efficaci; è necessario che riportino la sanità pubblica in primo piano e non cedano a tentazioni privatistiche. Oggi, però, continuiamo a ricevere fumo negli occhi mentre tante risorse potrebbero centrare meglio i loro obiettivi.