Il fatto più saliente del nostro tempo è lo straordinario affermarsi della scienza, sia come conoscenza pura, sia come esperienza del mondo naturale e come corredo teorico della tecnologia. E’ tale il dominio della scienza nelle attività umane, che ormai, anche a volere limitare il discorso al piano pratico, non ha più senso un sapere che prescinda da una congrua informazione scientifica, indispensabile soprattutto a chi è chiamato a svolgere un qualsiasi compito sociale.
I guasti della disinformazione possono essere, infatti, gravi e incalcolabili; e questo soprattutto nei casi in cui – come per chi riveste responsabilità pubbliche – si abbia l’obbligo di decidere sulla base di indicazioni tecniche che potrebbero essere, per varie ragioni (interessi economici in primo luogo), divergenti e si abbiail dovere di scegliere la soluzione più idonea nell’interesse del bene comune.
«Per governare – dice Rubbia – la complessità dei processi tecnologici, che possono migliorare o annientare la vita, è necessario un più alto livello di consapevolezza della società». Affinché sia qualificata – diciamo noi – la scelta dei governanti e scevro da pregiudiziali ideologiche o da fattori infondatamente emotivi il controllo sul loro operato.
«Dunque – aggiunge – un compito urgente è quello di creare una coscienza scientifica di massa. Questo compito dovrebbe essere svolto in primo luogo dalla scuola che purtroppo il più sovente ne è incapace. E allora occorre rifondarla, sagomare la struttura scolastica e l’insegnamento in modo da dare a tutti una cultura di base che aiuti ad orientarsi nel rapporto con l’universo tecnologico».
Rubbia lanciava questo appello a ridosso della catastrofe di Chernobyl, quando si pose drammaticamente il problema dell’uso dell’energia nucleare. Sono passati ben 34 anni. Altri problemi e altri disastri si sono verificati. Ma non sembra che le popolazioni abbiano raggiunto quella maturità di pensiero che occorre in tali casi. Né le scelte programmatiche in ordine alla istallazione di impianti tecnologici ad alto impatto ambientale hanno avuto il supporto di una coscienza civica consapevole e competente su larga scala. Il problema posto da Rubbia permane.
Ed è aggravato dal persistere, a livello scolastico,di quella dicotomia culturale che vuole l’istruzione scientifica distinta e inconciliabile con la cultura umanistica. Legata anche alla tendenza a non considerare rilevante, ai fini della formazione, il lato umanistico della scienza, per lasciare adito, più o meno consapevolmente, alla«sensazione sempre più diffusa che la finalità della scienza consista nella amplificazione senza limiti della sfera tecnologica e che, quindi, essa sia la fonte per la soluzione di tutti i problemi dell’uomo»(G. Reale).Onde la convinzione sulla quale si fonda il non senso della vita al di là di un legame con la realtà sensibile come a un dominio sul quale esercitare il proprio potere consumistico, in direzione di una qualità della vita esaltata dal progresso tecnologico.
Che è solo l’aspetto meno tragico del nichilismo. E non la prospettiva di un’umanità consapevole dei propri mezzi e del modo di impiegarli per un rapporto armonico con la natura. Quale sarebbe, invece, quello di una comunità capace di cogliere tutta l’efficacia ai fini pratici dello strumento primario della conoscenza, che è il metodo sperimentale proposto da Galileo.Senza nulla togliere al senso dell’esistenza ancorata assiologicamente alla realtà immateriale propria del sentire e del pensare umanamente intesi.
Dato il ruolo fondamentale che ha in tale rapporto la matematica,perché si attualizzi quello che Einstein chiamava “l’eterno mistero del mondo”: la sua comprensibilità, dell’importanza di essa è d’uopo tenere conto quando s’ha da parlare dell’educazione scientifica di massa. Soprattutto se le si riconosce – come è giusto che sia – non solo l’imprescindibile valore strumentale, ma anche, e soprattutto,l’esplicazione in essa dell’umano, presente in ogni individuo di questo genere, che si realizza in un rapporto dialettico con la realtà esterna,su cui esso si sente chiamato ad esercitare il suo dominio nel senso più elevato del termine, che è quello della previsione sul lato fenomenico e del controllo finalizzato al progresso.Oltre che la conoscenza fine a se stessa. Che non può mai essere trascurato o considerato secondario.
Un valore, quello della matematica,che non deve essere disconosciuto in nessun tipo di scuola: né in quelle di indirizzo scientifico, dove il lato tecnico non deve mai annullare quello filosofico, ossia – per dirla con L. Lombardo-Radice – di “pensiero valido per tutti”; né in quelle considerate di indirizzo umanistico, dove l’istruzione matematica non può e non deve arrestarsi ai soli rudimenti della matematica elementare, ma deve attingere anche quelle svolte di pensiero che hanno evidenziato la grandezza del genio umano in questo campo.Per non restare troppo indietro nella comprensione dei risultati della ricerca portata avanti dai fisici, il cui lavoro – come sottolinea Ginestra Amaldi – «è stato ed è sempre più affiancato da complesse teorie matematiche che richiedono una profonda competenza scientifica».
Un insegnamento siffatto, non solo contribuirebbe a colmare alquanto lo iato sempre più largo tra le due culture tradizionalmente intese come separate più che distinte, ma può concorrere anche a formare quella “coscienza scientifica di massa” auspicatada Rubbia come legame tra governati e governanti nelle scelte strategiche in direzione di un uso razionale delle risorse del Pianeta.
Esso era quello previsto e programmato nel suo testamento dal Barone Mandralisca, il cui liceo – suo erede unico e universale – nella scienza avrebbe dovuto avere la trave portante dell’insegnamento, pur dovendo essere di nome e di fatto umanistico. Come testimonia anche la funzione del «Direttore degli studi e dei gabinetti di Storia naturale, di Fisica e chimica e di Archeologia, incluso il Medagliere», che doveva essere quella di presiedere agli studi con quotidiana diligenza, di coordinare l’attività didattica e di verificare l’esatta esecuzione dei programmi concordati. Una funzione da affidare a un uomo di “sperimentata dottrina, abilità nel modo di condurre l’insegnamento, e di somma probità, con le quali doti tutte poter degnamente stare a capo del Liceo”.
Allora non si ponevano i problemi di oggi, quali una sempre più accentuata dicotomia tra istruzione scientifica e cultura umanistica, la riduzione della scienza ad ancella della tecnologia sempre più sofisticata ed invadente. Ma è pur vero che la lungimiranza del Mandralisca ne anticipava il pericolo e prevedeva di scongiurarlo in un armonico coniugio di scienza, nelle sue diverse diramazione, e cultura letteraria basata sullo studio dei classici, senza minimizzare l’apporto del patrimonio scientifico del Museo di Alessandria.
Culturalmente figlio dell’Illuminismo e nel contesto del Positivismo, il Barone Mandralisca non poteva non dare alla scienza il posto che le veniva generalmente riconosciuto. Ma la sua lezione, per l’importanza attribuita ad essa in pratica e sul piano culturale, è oggi più che mai attuale. Soprattutto in virtù di una tradizione del Liceo di grande prestigio nella formazione di individualità di alto livello nelle professioni scientifiche.
Giuseppe Terregino