Tra le tante iniziative di turismo esperienziale siciliano merita un’attenzione particolare l’ottava edizione della passeggiata ecologica “La Via del Castagneto” nel comune di Collesano.

A promuoverla e coordinarla è stato Antonello Vara, presidente dell’ANAS provinciale di Palermo, un’associazione con finalità turistiche, culturali e sociali, con ramificazione in tutto il territorio nazionale con più di 180 mila soci.

La giornata è stata improntata all’insegna del nuovo turismo esperienziale di cui Vara è uno dei maggiori esperti siciliani, un trend la cui offerta si fonda sulla proposta originale e identitaria.

Se è vero come dice  Mario Soldati  “Il viaggio è un sentimento, non soltanto un fatto”, “La Via del Castagneto” lo è stato in tutti i suoi aspetti.

Centoventi partecipanti hanno potuto godere il fascino delle alte quote attraverso un crinale che da un lato guarda il mare Tirreno, con in lontananza Monte San Calogero e dal lato opposto il sistema montuoso delle Madonie con pizzo Carbonaro che sovrasta con i suoi 2000 m di altezza l’intero territorio.

Un viaggio pieno di profumi e colori che si sprigionavano da ogni palmo di terra che veniva calpestato. Antonello Vara racconta storie di banditi, aneddoti, personaggi di altri tempi, avvenimenti, soffermandosi e descrivendo ogni specie botanica, mentre in alto volteggiavano falchetti e poiane, per compiacere il serpentone di curiosi di appassionati che ammaliati del verde e della bella giornata si fletteva sulle curve di livello del poderoso massiccio.

Nel corso della passeggiata si è svolta anche una lezione di micologia tenuta dal Presidente del gruppo micologico siciliano di Palermo Mario Tamburello, assistito dal micologo Livio Torta e dalla giornalista Angela Sciortino.

Il bosco della Rascata di Collesano ricco di castagneti, sughereti, leceti e querce costituisce uno degli ambienti  naturali più interessanti del territorio madonita. Di questo bosco Vara conosce ogni anfratto e albero.

Il suo è un racconto pieno di fascino e di meraviglia. I segreti del sughero l’ha appreso attraverso le esperienze quarantennale del padre che per decenni a decorticato il bosco della Rascata, sughero che vendeva a mezza Italia. Gli ospiti rimanevano a bocca aperta sentendo raccontare le magie del sughero e i sacrifici che gli operai facevano per trasportarlo alle quote più basse. Non sono stati meno interessanti i racconti legati al castagneto, il loro utilizzo, quelle meravigliose polente a base di castagne condite con un filo d’olio che facevano andare in visibilio grandi e piccini. Cibo forte pieno di zuccheri che era vitale per la popolazione collesanese abituata a soffrire i geli degli inverni madoniti e a rifocillarsi con piatti abbastanza forti.

Le caldarroste sono come le ciliegie una tira l’altra, serate interminabili, lunghe come gli inverni, attorno al braciere a sgranocchiare quelle prelibatezze i cui segreti di cottura si sono persi nella memoria dei più grandi.

Ogni tanto, Antonello esce dalla sua tasca un coltellino, si abbassa, raccoglie una piccola pianta che conserva nel suo zainetto, non prima d’averne decantato virtù e pregi e classificata scientificamente. Piante selvatiche, piante fitoalimurgiche. Una decina di erbe spontanee che costituiranno la sua parsimoniosa e prelibata cena, zuppa di verdure condita con una lacrima d’olio evo, ecco l’antico piatto chiamato misticanza.

Il momento più esaltante arriva a pranzo, quando il gruppo ANAS di Collesano costituito dalla Rural chef Elena Ginju, Domenico Testa, Vincenzo Donato e Maria Liberti, diventa imbattibile. Prodotti che i ragazzi declamano orgogliosamente a “Km 0”, dal pane di grano antico varietà “nero delle Madonie” all’acqua di sorgente madonita. Poi viene servita la ricotta il cui sapore e profumo racconta le vallate della Rascata, non sono di meno i formaggi, quei pecorini brutti da vedere con gli scalchi accrespati, ma odorosi e pieni di sapori del loro interno. L’olio extravergine di oliva viene distribuito con parsimonia antica. Un filo, sul pane ancora caldo, senza strafare, poi segue una spolverata di sale e una di pepe, alimenti che daranno sapore e gusto a questo cibo di Dio.

La salsiccia collesanese, quella “giusta”, tagliata a punta di coltello con il pepe nero, il finocchietto selvatico ed il sale che fanno da conza nel modo più appropriato. Poi arriva la pasta Antonello grida è quella “Vallolmo”,  fatta nel modo tradizionale trafilata in bronzo e asciugata con più di 70 ore. Insomma, una giornata difficile da dimenticare, soprattutto quando a quelle quote il vino deve essere quello naturale, quello che deve dare forza e sostegno, quel vino piacevole e forte, quello del maestro Serafino Barbera.

Mentre la gente incomincia a muoversi per il ritorno qualcuno chiede: “A quando la prossima passeggiata”, Antonello sorride soddisfatto e  annuncia a tutto il gruppo: “il prossimo mese”. Un’altra giornata da raccontare da far vivere attraverso i suoi racconti e le meravigliose storie d’alta quota, insomma, il fascino di quel turismo antico che chiamano esperienziale.