Da diversi anni sono ripresi gli studi e gli scavi su Gangivecchio ed Alburchia, rilevanti siti dell’Antichità all’interno della Sicilia. Scavi condotti dal prof. Glenn Storey dell’Università dell’Iowa (USA) e dall’Università di Palermo sotto l’egida della Soprintendenza ai Beni culturali ed archeologici di Palermo. In questi giorni il team composto da una decina di studenti e da suoi collaboratori, sfidando le alte temperature estive, sta effettuando degli scavi sull’area dove doveva probabilmente sorgere una villa romana. Una ricerca dell’Università dell’Iowa ha basato un suo programma di ricerca tenendo conto delle risultanze di uno studio pubblicato nel 2011 di carattere geo-archeologico e storico, citandolo più volte e riassumendone alcuni aspetti significativi. Si tratta del volume curato da Roberto Franco dal titolo: Alburchia la montagna incantata, edito da Plumelia , Bagheria. Il volume è costituito dai contributi scientifici offerti da vari studiosi e geologi madoniti. Si è avvalso dell’ autorevole prefazione del prof. Gianvito Graziano (allora presidente dell’Associazione Nazionale Geologi). In modo particolare, le attenzioni della studiosa americana Christie Vogler (collaboratrice del prof. Storey), nell’ambito del suo progetto di dottorato di ricerca, si sono concentrate sulle risultanze del saggio del dr Mario Siragusa (anche lui dottore di ricerca e con esperienza didattica universitaria) che ha inteso cogliere i significati storici delle risultanze archeologiche ufficiali [Mario Siragusa, La città della montagna incantata tra archeologia e storia della Sicilia in R.Franco, Alburchia, La Montagna incantata, Bagheria, Plumelia, 2011]. Ne ha colto e ricostruito le valenze e le possibili implicazioni sociali, religiose e politiche colte, naturalmente, in una dimensione storica. Alburchia fu un sito originariamente indigeno che già nel VI secolo A. C. cominciò ad essere sottoposto all’influenza greca, in particolare delle città siceliote (greche siciliane) della costa meridionale (Gela, Agrigento e poi Siracusa). Il che ha implicato una contaminazione anche di tipo religioso tra le due diverse culture (indigena e greca). Una classe di guerrieri controllava quella comunità e l’importante opera di abili artigiani . Artigiani locali capaci di modellare manufatti utili alla vita quotidiana ma anche a quella militare. Infatti, ad es. punta di frecce e di lancia di metallo ne sono la riprova (utilizzate, almeno alcune di esse, forse anche per la caccia), come pure gli umboni da scudo. La Vogler ha sostenuto anche la necessità di indagare le valenze religiose di tale antico insediamento, mettendolo in connessione con Gangivecchio, al centro degli studi del team universitario guidato da Glenn Storey e dagli altri partners istituzionali e di ricerca ivi impegnati ( e prima citati). Storey comunque ritiene che nell’area (comprendente Gangivecchio ed anche Alburchia colpita da un potente terremoto nel IV secolo D. C. così come risulta da un importante studio del Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Università di Catania pubblicato in una autorevole rivista scientifica americana:The Geological Society of America, Special Papers n.471/2010) potesse probabilmente trovarsi l’antica e mitica Engio. Dalla sua parte gli interessanti ritrovamenti archeologici di questi anni, ed anche un altro aspetto che molti sottovalutano: il toponimo. E’stato dimostrato da insigni linguisti ed esperti di toponomastica che il nome del paese di Gangi derivi da Engio (Si veda il dizionario di toponomastica curato da Caracausi). E ciò non è un caso… E’ un elemento tutt’altro che secondario nell’identificazione del sito. Nel 2005 una funzionaria della Soprintendenza al ramo in un’ intervista al Giornale di Sicilia così asseriva : <>, cioè in territorio gangitano. Alburchia e Gangivecchio sono i siti in cui l’antica città di elezione delle Meeteres andrebbe ricercata e individuata . In effetti, i ritrovamenti effettuati nel corso degli scavi appaiono via via confermare in parte una tale tesi, che del resto è attestata da una lunga e solida tradizione storiografica locale. Nel frattempo le indagini archeologiche continuano, alla ricerca di altri elementi utili all’identificazione dei due siti gangitani e dei culti che vi si praticavano.
A cura dell’ Archeoclub d’Italia sede di Gangi