Palermo ci ha dato e dà di continuo l’esempio della magnificenza, della splendidezza, della sontuosità generosa e larghissima.
“ La città con la bellezza delle sue vie principali, l’aspetto monumentale dei palazzi, la illuminazione notturna, una delle migliori d’Europa “.
Così ha inizio la relazione di Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, sulle condizioni dell’ordine pubblico in Sicilia ( 1876 ).
Strade di Palermo che risalgono ai secoli XVII e XVIII: strade che oggi fanno disperare gli addetti alla circolazione, erano le più ampie di tutto il continente europeo.
Via Maqueda – la marmorea, via Alloro –la bistorta, il Cassaro ( via Vittorio Emanuele- verso la cattedrale ), via Roma, costruita tra il 1905 e il 1922.
Lungo i suoi due fronti i nomi dei più prestigiosi tra gli architetti dell’epoca, progettarono palazzi dal gusto eclettico e cosmopolita che diedero a questa nuova strada l’impronta di una moderna arteria di carattere europeo.
I palazzi ( di via Roma ) ebbero spesso lunghi fronti sulla strada, ma breve profondità, dovendo compensare con la loro pianta l’inserimento forzato in maglie viarie di epoche precedenti e di diversa orditura; spesso inoltre, l’edificazione della cortina di edifici ebbe il preciso scopo di nascondere i miseri quartieri che l’apertura della nuova strada aveva messo in luce.
Elementi caratterizzanti risultarono, oltre agli sporti dei balconi, i cornicioni aggettanti e gli elementi d’angolo, spesso di grande piacevolezza formale, come nel palazzo Ammirata di Francesco Paolo Rivas, o ancora nel palazzo Napolitano dell’architetto Salvatore Caronia Roberti, dove l’angolo viene arrotondato con un corpo cilindrico in cui si incurvavano i prospetti.
Nel 1909 Antonino Zanca realizza il palazzo Paternò nel tentativo di ricostruire in termini scenografici contorni della Piazza S. Domenico. Questa rimaneva ormai segnata dal passaggio della nuova strada.
Proprio nei primi del 900 è il nucleo antico della città ad ospitare uffici ed attrezzature pubbliche; su via Roma avevano sede le maggiori banche e gli uffici delle Ferrovie di Stato e del Municipio.
Nella nuova arteria – ai primi del 900 – sorsero i nuovi luoghi di spettacolo. Il nuovo teatro Biondo, progettato da Niccolò Mineo, in stile classico, che venne inaugurato nel 1903. La via Roma, impersonificò – per antonomasia – il carattere della città dei primi del secolo.
Sono ancora li, queste strade, e ciascuno può misurarle. Solo che bisognerebbe adoperare per unità di misura il metro delle carrozze o delle primissime macchine, in luogo delle migliaia di velocissime macchine e moto, i svariati grandi mezzi di trasporto merci o dei grandi autobus per più di cento persone.
La strada dei primi del 900, in bilico tra l’antico e il moderno era ne più ne meno che Palermo; tutta Palermo.
Se c’era una città che viveva nella strada, questa era appunto Palermo. La strada era di tutti e tutti vi affermavano i propri diritti, attribuendone una più o meno equa porzione. Del resto anche le strade palermitane avevano un carattere, un’impronta, una individualità che adesso sarebbe vano cercare, nella nuova rete viaria cittadina: e come Palermo era un museo di insigni testimonianze mediterranee, anche le sue strade continuavano, diverse e variopinte a vivere a memoria nei secoli che le avevano viste nascere.
Non solo le strade erano il luogo di ritrovo quotidiano dei palermitani, ma anche gli ambienti chiusi , in cui l’alta società cittadina dipanava i suoi giorni. Molti salotti non si erano più aperti, i tempi li avevano declinato in difficoltà crescenti e le gente andava a rivedersi nei circoli che, proprio in codesto periodo di trapasso tra un secolo e il successivo, avevano conosciuto un sintomatico ( sotto molti aspetti ), preoccupante ritorno alla prosperità.
I più aristocratici di essi erano modellati sull’esempio dei clubs londinesi, specie quelli come il Bellini – che non ammettevano se non personaggi con almeno tre quarti di nobiltà, ed erano rigorosamente vietati al sesso femminile.
In un altro circolo per uomini soli, che, per altro ebbe certa esistenza, fu il Clubbino, non si facevano questioni di corone e di blasoni, ma piuttosto, sembra di lunghe sedute notturne intorno ai tavoli verdi.
Tra gli altri circoli che andavano per la maggiore e che offrivano pretesto ad incontri eleganti e mondani, senza preclusione all’uno o all’altro dei due sessi, vi fu il << Geraci >>, l’<< Artistico >>, il << Circolo di Cultura >>, lo << Sport Club >>. Nella maggior parte dei casi si trattava di luoghi di ritrovo che assolvevano al compito di sostituirsi ai salotti delle dimore gentilizie e delle case dell’alta borghesia.
Vi si parlava di tutto, nei primi del 900; delle trasformazioni viarie, degli avvenimenti del tempo, la venuta di re e regine di tutta Europa, di pettegolezzi e chiacchere su cose e persone.
Sul finire del mese di agosto del 1910, nei vari circoli di Palermo, la conversazione verteva principalmente sull’offesa che il Cavaliere Roberto Pottino – originario di Petralia Soprana – aveva subito da parte del cavaliere Giuseppe Fiorenza, nella nuova arteria di via Roma, all’altezza del teatro Biondo, dalla parte della Piazza S. Domenico.
Il 28 agosto , prima dell’imbrunire, nella conversazione tra il Pottino e il Fiorenza, furono pronunciate parole offensive da parte del Fiorenza nei confronti del Cav. Pottino e della sua nobile casata, al che il Cav. Pottino – senza indugi – gettò il guanto di sfida al Cav. Fiorenza.
Un duello alla spada che si sarebbe svolto nei primi del mese successivo.
Assolutamente elegante, nella Palermo del nuovo secolo scendere almeno una volta sul terreno e dar prova di coraggio.
Compitissimi signori e gentiluomini amministravano con discrezione e leggerezza i precetti del Codice Gelli ( Orbetello, 1892 ).
Politica e donne erano sulla punta delle spade, ne a caso – in relazione alla duellomania in voga – il più palermitano dei periodici si intitolò “ Pif Paf “ tentando l’onomatopea di un’incrocio di lame e fregiando di Spade incrociate la propria testata.
Nei duelli si usavano, qualche volta le armi da fuoco, però alle normali partite d’armi si conveniva la spada italiana. Fatto sta che all’arrivo del secolo, che, nella cerchia della gente bene, la dignità e l’onore si reggevano in mirabile equilibrio sul filo della spada, mentre le ultime retroguardie del romanticismo disponevano ancora di quegli incredibili schioppi ad avancarica.
I duelli si svolgevano in questo modo: gli avversari scendevano sul terreno, duellavano ma non riuscivano – il più delle volte – al più, che a scambiarsi qualche lieve ferita, allora si stendeva un verbale per stabilire che uno dei contendenti versava in condizioni di inferiorità.

VERBALE
L’anno 1910 addì 3 settembre si sono riuniti i Signori Cav. Edordo Di Benedetto e il Commendatore Eugenio Rossi, rappresentanti del Cav. Roberto Pottino sfidante, ed il Sig. Capitano Edoardo Chiolo e Capitano Alfredo Fimaldi rappresentanti del Cav. Giuseppe Mira Fiorenza, sfidato.
Il Cav. Pottino a mezzo dei suoi rappresentati ha lanciato formale sfida al Sig. Cav. Mira Fiorenza per il linguaggio irriverente e sconveniente, tanto da recare offesa da quest’ultimo tenuto nella discussione tra loro avvenuta il 28 di agosto nella via Roma.
I Signori Chiolo e Fimaldi, a nome e per parte del loro rappresentato, riconfermano l’accettazione della sfida puramente e semplicemente.
I quattro rappresentanti – prima di passare alla scelta delle armi ed alla modalità dello scontro – adempiendo al loro preciso dovere hanno voluto esaminare minutamente i fatti che hanno dato luogo alla presente vertenza, sia per stabilire i precisi particolari, come pure per tentare, se possibile , un amichevole compatimento. Però non essendo riuscito possibile raggiungere il componimento, quantunque avessero fatto tutto quanto da loro dipendeva si vedono costretti, loro malgrado, risolvere la vertenza con le armi.
I Signori Chiolo e Fimaldi scelgono come arma di combattimento la spada italiana.
I Signori Di Benedetto e Rossi dettano le seguenti condizioni: Gli avversari avranno giuoco e terreno libero, faranno uso del guanto di sola senza crispuia, usando il fazzoletto di seta bagnato legato al polso, l’uso del legaccio facoltativo; – scelta dell’armi, posizione dei combattenti, e comando della partita per la prima posa in guardia affidate alla sorte; – lo scontro avrà termine a ferita giudicata tale dal medico da non poter continuare. – Il luogo e l’ora da destinarsi.
Fatto e sottoscritto in doppio esemplare.
Eduardo Di Benedetto — Eduardo Chiolo
Eugenio Rossi Alfredo Fimaldi

Oggi 5 settembre 1910 in Palermo, in un locale della città ( Circolo Bellini ) ha avuto luogo lo scambio come da verbale presente – fra i signori Cav. Roberto Pottino e Cav. Giuseppe Mira Fiorenza.
Ottemperate tutte le formalità d’uso, i due avversari furono posti di fronte; al 1° assalto il Prof.Re Mira Fiorenza riportò una ferita al polso della mano destra, sulla qual i sanitari : hanno il giudizio che si inserisce: << Ferita di punta alla regione posteriore del polso in corrispondenza della linea articolare superiore in prossimità di una vena. – Data l’ubicazione della ferita, e ritenuto che può sopravvenire un artrite contimano i movimenti della articolazione - ritengo che il mio assistito si trovi in condizione di non potere proseguire più il duello >>.
Il Dott. Diberto Horbini
Da su detta dichiarazione scritta viene pienamente dall’altro sanitario Dott. Lo Iacono. Dopo ciò i su rappresentanti avendo esaurate le condizioni stabilite nel verbale hanno dichiarato finita la vertenza.
Prima di stringere la mano il Cav. Mira Fiorenza significò al Cav. Pottino essere spiacente dell’incidente che diede luogo alla vertenza; “ Dichiarò che le parole involontarie sfuggitegli nel calore della discussione non rispecchiavano il suo pensiero e quindi dovevano ritenersi come non proferite, aggiungendo che egli per il Cav. Pottino e la famiglia ha sempre avuto, come, come ha la massima stima e devozione.
Dopo di ciò gli avversari si sono riconciliati.
Eduardo Chiolo — Eduardo Di Benedetto
Alfredo Fimaldi Eugenio Rossi

Il Cav. Roberto Carlo Giuseppe Pottino nacque a Petralia Soprana il 5 Novembre 1881, figlio del Barone Gaetano Pottino e Irene Cuccia ( Figlia del Deputato al Palamento Nazionale Simone Cuccia ).
Commendatore della Corona d’Italia – Cavaliere Mauriziano – Membro Titolare della Giunta Provinciale di Palermo.

Rosario Antonio Rosolino Ferrara