Sono le regioni più ignoranti d’Italia: la classifica non ammette repliche | Podio scontato
Studenti a scuola (canva) Madonielive.com
Dall’Eurostat emerge una fotografia preoccupante sull’istruzione in Italia: le regioni meno istruite sono queste secondo le statistiche.
L’Italia detiene un primato che fa riflettere più che inorgoglire, ma quali sono le regioni con minore frequenza della scuola?
Mentre l’Europa corre verso livelli sempre più alti di istruzione, il nostro Paese arranca, con tassi di abbandono scolastico ancora troppo elevati e un divario territoriale che non accenna a ridursi.
I nuovi dati Eurostat tracciano un quadro netto, alcune regioni sembrano appartenere a realtà distinte.
Ma quali sono davvero le regioni più ignoranti d’Italia? E cosa rivelano i numeri sullo stato dell’istruzione nel Belpaese?
L’Italia e il problema dell’istruzione: un primato che pesa
C’è una classifica che l’Italia avrebbe preferito non scalare. Secondo i nuovi dati Eurostat, il nostro Paese si colloca tra i più ignoranti d’Europa, con tassi di scolarizzazione inferiori alla media e un numero crescente di giovani che abbandonano gli studi prima del diploma. Un quadro che riflette un malessere culturale diffuso, ma anche disparità territoriali e sociali che continuano a pesare sulla crescita collettiva.
Il confronto con l’Europa è impietoso: solo il 62,1% degli italiani tra i 25 e i 64 anni ha conseguito almeno un diploma, contro una media europea del 78%. Dati che, oltre a fotografare una realtà disarmante, pongono domande cruciali sul futuro del Paese. Cosa accade nelle regioni italiane? E quali sono quelle che pagano il prezzo più alto in termini di istruzione e formazione?

Le regioni più ignoranti d’Italia: il divario che non si colma
L’analisi Eurostat conferma un trend che si ripete da anni: otto regioni italiane non raggiungono la media europea dell’84% di istruzione superiore. Sicilia, Calabria, Campania, Puglia, Lazio, Bolzano, Valle d’Aosta e Sardegna si collocano nella parte bassa della classifica, con percentuali che oscillano intorno all’80%. All’estremo opposto emergono Molise, Abruzzo e Marche, che registrano tassi di diplomati superiori all’89%, dimostrando come la differenza non sia solo economica ma anche culturale. Scendendo nei dettagli, il divario Nord-Sud appare ancora più marcato. Nelle regioni settentrionali, come Emilia-Romagna, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, oltre il 30% dei giovani tra i 30 e i 34 anni è laureato. Nel Mezzogiorno, invece, le percentuali crollano sotto il 20%, con punte minime in Sicilia e Calabria. Anche il divario di genere si fa sentire: tra le donne italiane il 33,8% ha una laurea, contro il 21,6% degli uomini, ma entrambe le percentuali restano al di sotto della media europea.
Negli ultimi decenni, l’abbandono scolastico è diminuito, dal 35,1% del 1994 al 13,5% del 2019, ma resta concentrato soprattutto nel Sud, dove la dispersione scolastica continua a frenare lo sviluppo. La carenza di investimenti nell’istruzione, la fuga dei docenti e le disuguaglianze sociali rendono difficile colmare un divario che non è solo statistico, ma culturale e generazionale. L’Italia, per risalire la classifica, dovrà ripartire dalla scuola: il vero motore di un Paese che voglia tornare a crescere in conoscenza e consapevolezza.
