Concorso pubblico (Depositphotos) Madonielive.com
I candidati affrontano viaggi estenuanti e spese elevate per partecipare al concorso pubblico: un problema ignorato da troppo tempo.
Lunghi viaggi, spese pesanti e giorni interi lontano da casa.
È la realtà di centinaia di siciliani che, per partecipare a un concorso pubblico, devono attraversare l’isola da un capo all’altro.
Palermo, cuore amministrativo e città più popolosa della Regione, non dispone di una sede concorsuale stabile, costringendo i candidati a spostarsi fino a Catania o Siracusa.
Una situazione che trasforma il diritto al lavoro in una corsa a ostacoli, tra disagi organizzativi, costi e disuguaglianze che colpiscono soprattutto le province occidentali.
Lunghi spostamenti, notti fuori casa e centinaia di euro spesi tra treni, autobus e alloggi. È l’odissea che vivono migliaia di siciliani ogni volta che devono sostenere un concorso pubblico. Palermo, città metropolitana e cuore amministrativo della Regione, non dispone di una sede concorsuale stabile. Le uniche strutture operative sono a Catania e Siracusa, dall’altra parte dell’isola. Un paradosso che trasforma il diritto di accesso al pubblico impiego in un percorso a ostacoli, specialmente per chi vive nelle province di Trapani, Agrigento o nelle aree interne, dove anche raggiungere l’autostrada è un’impresa.
Oltre alla distanza, pesa il costo. Secondo i dati raccolti dai candidati stessi, un viaggio di andata e ritorno Palermo–Catania con un pernottamento può costare anche 180 euro. Una cifra che, per molti, equivale a giorni di lavoro. Un sacrificio economico che si somma a quello emotivo: l’ansia del viaggio, il rischio di ritardi, la difficoltà di conciliare famiglia e preparazione.
Negli ultimi anni le principali prove pubbliche. dal concorso Inail-Inl del Ministero del Lavoro a quello per la scuola 2024, si sono tenute solo nella Sicilia orientale. Il risultato è un’emorragia di partecipanti: oltre mille candidati hanno rinunciato, secondo le stime di Orizzonte Scuola, proprio a causa della distanza. Il problema, tuttavia, non è solo logistico. È una questione di uguaglianza. La Costituzione italiana stabilisce che l’accesso ai concorsi pubblici deve essere libero, oggettivo e senza discriminazioni territoriali. Ma se il bando costringe chi vive a ovest dell’isola a un viaggio di oltre 250 chilometri, l’uguaglianza resta sulla carta. I candidati delle province di Palermo, Trapani e Agrigento non chiedono privilegi: chiedono solo la possibilità di competere alle stesse condizioni degli altri.
La Regione Siciliana, pur avendo pubblicato a settembre un nuovo avviso per l’assegnazione delle sedi vacanti dei Centri per l’Impiego, non ha ancora previsto un vero piano di riequilibrio territoriale. Eppure, basterebbe poco: una sede concorsuale permanente a Palermo, o almeno una distribuzione per macroaree, come già avviene in altre regioni. In un’epoca in cui tutto si digitalizza, costringere i candidati a percorrere centinaia di chilometri per sostenere un test appare anacronistico. Le nuove piattaforme di esame online, adottate in diversi enti pubblici, dimostrano che è possibile garantire sicurezza e trasparenza anche a distanza. La Sicilia, isola di cultura e talenti, non può continuare a perdere opportunità per mere questioni logistiche. Rendere accessibili i concorsi significa valorizzare il merito e trattenere le competenze. Perché un futuro davvero equo inizia anche da una sede d’esame più vicina.
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