Addio Pensione di reversibilità: “Ci dispiace ma dobbiamo cancellarla” | Sarà un problema per un mare di italiani

Pensionato in lacrime

Pensionato in lacrime (Canva) Madonielive.com

Una recente sentenza della Cassazione rischia di stravolgere la pensione di reversibilità. Ecco cosa cambia per migliaia di famiglie italiane.

Un diritto che sembrava intoccabile ora vacilla, un assegno mensile che potrebbe mancare a molti cittadini.

La pensione di reversibilità, considerata per decenni una certezza per i familiari superstiti, si trova improvvisamente al centro di un terremoto giuridico.

Non si tratta di un cambiamento marginale, ma di un verdetto che ribalta anni di prassi.

Cosa succede ora a chi spera di ottenerla? La risposta potrebbe non piacere a molti, ecco cosa sta cambiando.

Una certezza che non è più tale

Per milioni di italiani la pensione di reversibilità rappresenta un sostegno fondamentale, spesso l’unico modo per garantire stabilità economica dopo la perdita di un familiare. Finora le regole, pur complesse, consentivano di appellarsi a diverse interpretazioni in caso di ritardi nella presentazione della domanda. Il principio del cosiddetto “dies a quo” – il giorno preciso dal quale far partire la prescrizione – lasciava infatti margini di manovra ai cittadini.

Questo significava che, anche oltre i termini, in alcuni casi era possibile ottenere almeno un riconoscimento parziale dei ratei maturati. Una sorta di rete di sicurezza che, pur non garantendo l’intero importo, permetteva comunque di non perdere tutto. Ma con la recente decisione della Cassazione, le regole del gioco sono cambiate e il margine di errore si è drasticamente ridotto.

Pensione di reversibilità
Pensione di reversibilità (Canva) Madonielive.com

La svolta della Cassazione e i rischi per le famiglie

La sentenza di settembre 2025 ha consegnato all’Inps uno strumento di difesa molto più potente. Da ora in avanti, infatti, l’istituto potrà limitarsi a dichiarare la prescrizione senza dover calcolare nei dettagli il termine esatto di decorrenza. Sarà il giudice, eventualmente, a stabilirlo. Questo passaggio segna la fine di una prassi che fino a ieri giocava a favore dei ricorrenti. Le conseguenze sono immediate: chi presenta la domanda oltre i dieci anni dal decesso rischia di non ottenere più nulla.

Non solo: anche i ratei non prescritti verranno ridimensionati, poiché gli interessi non scatteranno mese per mese, ma solo dalla data della domanda amministrativa. In pratica, la Suprema Corte ha blindato l’Inps, lasciando ai cittadini un messaggio chiaro e severo: la reversibilità non è un diritto automatico, ma un beneficio che si estingue se non esercitato con tempestività. Per le famiglie italiane questo significa un cambio di prospettiva radicale. La previdenza sociale si conferma un terreno in cui le scadenze e le formalità hanno un peso enorme, spesso più della sostanza stessa del diritto. Chi non rispetta i tempi rischia di trovarsi davanti a una porta chiusa, senza possibilità di appello.