L’ultimo istante: addio alla storica Torre RAI di Caltanissetta, evocata in “L’Antenna Spezzata” di Guadagnuolo

Con la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – sezione di Palermo – che ha respinto il ricorso del Comune di Caltanissetta volto a sospendere il decreto di revoca del vincolo storico-architettonico sull’antenna RAI di Sant’Anna, ha aperto la via alla sua imminente demolizione.
Il destino di quel colosso d’acciaio si riflette con struggente potenza nel respiro sospeso delle quattro tele di “L’antenna spezzata” di Francesco Guadagnuolo: un tronco solido e diviso, giacente in un crepuscolo d’azzurri smorzati, dove metallo e memoria si fondono in una ferita indelebile.
Atto I – Pianto del metallo. Con pennello impastato di lacrime e colore, Francesco Guadagnuolo dipinge la base spezzata: un monolite che geme, arreso al peso degli anni. I colori si sciolgono in un crepuscolo d’indaco sbiadito, e ogni traccia di ruggine è un singhiozzo del cuore cittadino, che non sa più riconoscere il proprio respiro.
Atto II – Lamento delle memorie. Sull’asta centrale, Guadagnuolo stende veli di cenere e vinaccia che ne segnano le venature, mentre il cuore della città batte ancora – un tamburo sincopato di voci, notiziari famigliari e risate di bambini, ormai echi lontani.
È una ferita esposta al vento, mentre il pennello scivola, si avverte il fruscio di suoni spezzati, un coro senza più note, in un pianto collettivo che bagna la tela. Guadagnuolo ci ricorda che spezzare questo legame vorrebbe dire recidere il filo che univa generazioni in una lunga sinfonia di onde radio.
Atto III – Frattura del sogno. La cuspide, ritratta da Guadagnuolo, si piega in un ultimo inchino di disperazione è l’ultimo atto di un sogno di connessione prima del silenzio. Sul fondo di grigi minerali, l’antenna danza come se volesse ancora toccare il cielo, ma il suo passo è stato spezzato e quel sogno di connessione si sfalda in polvere di speranza. L’artista la ritrae sottile, fragile, come un sospiro che sfugge dalle crepe della storia e ci ammonisce che abbattere il simbolo più alto d’Italia è un tradimento ai sogni che quella Torre ha custodito.
Atto IV – Orazione del silenzio. Nell’ultimo riquadro, una lama di blu sfinito recide l’orizzonte. Guadagnuolo restituisce l’immagine di un’umanità che piange la propria voce smarrita: la solitudine diventa magniloquente e ogni spettatore trattiene il fiato con le lacrime in gola. Fino al momento in cui la Torre si vedeva uscendo dall’autostrada, dava rassicurazione di trovarsi a casa, come un faro di luce che custodiva la città, oggi invece, si consuma nel silenzio più profondo. Demolire l’antenna vuol dire cancellare il Monumento ad un’intera memoria, di quell’energia invisibile che per circa settant’anni ha battuto nel petto di Caltanissetta.
È inaudito che si voglia abbattere un’opera d’Arte di comunicazione e speranza dal valore inestimabile. “L’antenna spezzata” di Guadagnuolo è l’urlo silenzioso contro l’oblio, un requiem in quattro atti per un simbolo che merita di vivere nell’anima di chi non smetterà mai di ascoltarne l’eco, una preghiera di colore per un simbolo che non merita di essere cancellato.
C’è un “prima” inciso nei ricordi di un passato e un “dopo” verso un futuro vuoto di certezze.