Nel 1999, con la riforma Berlinguer, veniva introdotta, tra le diverse tipologie delle tracce dell’Esame di Stato, l’analisi e l’interpretazione di un testo letterario (Tipologia A). La constatazione che da quell’anno a oggi, nella sessione ordinaria, non siano mai stati proposti agli studenti italiani testi di narratrici o di poetesse impone una riflessione profonda sulla visione della letteratura e sul ruolo delle autrici nel canone scolastico italiano, riguardante non un lontano passato, ma gli ultimi ventisei anni della storia della scuola italiana.
Ecco l’elenco degli autori proposti nel suddetto arco temporale:
1999, Giuseppe Ungaretti; 2000, Umberto Saba; 2001, Cesare Pavese; 2002, Salvatore Quasimodo; 2003, Luigi Pirandello; 2004, Eugenio Montale; 2005, Dante Alighieri; 2006, Giuseppe Ungaretti, 2007: Dante Alighieri; 2008, Eugenio Montale; 2009, Italo Svevo; 2010, Primo Levi; 2011, Giuseppe Ungaretti; 2012, Eugenio Montale; 2013, Claudio Magris; 2014, Salvatore Quasimodo; 2015, Italo Calvino; 2016, Umberto Eco; 2017, Giorgio Caproni; 2018, Giorgio Bassani.
Dal 2019, con la Riforma Fedeli, vengono proposte due tracce per la tipologia A:
2019, Giuseppe Ungaretti e Leonardo Sciascia; 2020 e 2021, emergenza sanitaria Covid-19, prove scritte sospese; 2022, Giovanni Pascoli e Giovanni Verga; 2023, Salvatore Quasimodo e Alberto Moravia; 2024, Giuseppe Ungaretti e Luigi Pirandello; 2025, Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Bisogna invece evidenziare che nelle prove suppletive e straordinarie degli Esami di Stato, rivolte a un esiguo numero di studenti che non hanno potuto svolgere le prove d’esame nella sessione ordinaria, dal 2019 sono stati presentati tre testi di autrici, precisamente Natalia Ginzburg (sessione straordinaria 2022), Grazia Deledda (sessione suppletiva 2023) e Sibilla Aleramo (sessione straordinaria 2024). Se per un verso questo può essere considerato un segnale incoraggiante, nel senso di una maggiore considerazione della letteratura femminile, per altro verso accentua il senso di marginalità, dal momento che i testi vengono proposti a una platea veramente ristretta di studenti.
L’assenza delle donne nelle tracce ministeriali della sessione ordinaria degli Esami di Stato può considerarsi casuale o si configura più verosimilmente come un fenomeno sistemico che riflette una visione della letteratura italiana ancora fortemente sbilanciata verso la produzione maschile?
La letteratura femminile vanta figure di assoluto rilievo, anche in età lontane dalla nostra, basti pensare, a titolo d’esempio, alla ricchissima e importante produzione poetica femminile del periodo umanistico-rinascimentale. Spesso, però, è rimasta nell’ombra per secoli e nei casi più fortunati le è stato attribuito uno spazio veramente limitato. Tutto questo può mettersi in relazione anche con la modesta attenzione riservata alle autrici nei manuali di storia della letteratura italiana, nei quali solo negli ultimi anni è possibile ravvisare un timido cambio di rotta. È evidente poi che dalla seconda metà dell’Ottocento e, soprattutto, nel corso del Novecento, il numero di scrittrici sia aumentato e che molte narratrici e poetesse siano riuscite ad affermarsi e ad essere riconosciute per il valore artistico e la profondità dei loro testi e per la capacità di offrire uno sguardo diverso e originale sulla realtà: sarebbe pertanto auspicabile una loro maggiore presenza nei libri di testo scolastici e nelle prove ministeriali degli Esami di Stato.
La scelta dei testi proposti fino al corrente 2025 nel momento conclusivo del percorso scolastico contribuisce invece a consolidare una tradizione letteraria a dominanza maschile e rischia di trasmettere implicitamente agli studenti il messaggio che la letteratura degna di essere studiata e analizzata sia quasi esclusivamente quella prodotta dagli uomini.
L’esclusione delle donne dal momento più simbolico del percorso scolastico non è soltanto una questione di rappresentanza formale o di presenze “rosa”, ma ha conseguenze sostanziali, riducendo la pluralità di voci proposte agli studenti; concorre, inoltre, a perpetuare stereotipi di genere e a rafforzare l’idea che il contributo delle donne alla cultura sia marginale o secondario, limitando peraltro le possibilità di trarre vantaggio dal confronto con visioni femminili del mondo e di conoscerne il valore, la qualità e la profondità. L’esame di Stato, in quanto momento rappresentativo della formazione e della cittadinanza degli studenti italiani, dovrebbe riflettere la società contemporanea e le sue istanze, offrendo ai giovani strumenti critici per leggere la realtà anche attraverso la voce delle donne. La presenza di autrici nelle tracce d’esame risponderebbe a una richiesta sempre più forte da parte della società di vedere riconosciuto il loro ruolo nella cultura e nella storia. Sarebbe un segnale di attenzione verso le nuove generazioni e verso la costruzione di una memoria collettiva più completa e rappresentativa, volta anche a stimolare la riflessione sulle questioni di parità e di diritti.
Rosalba Gallà