Territorio

“Un grido per Gaza”. È finito lo sciopero della fame, non la lotta per Gaza

“Le nostre fasce tricolori e i nostri volti per fermare lo sterminio pianificato di un popolo. Per fermare la morte per fame.Lo scrive l sindaco di Polizzi Generosa, Gandolfo Librizzi che ha partecipato a questa forma di protesta, con il digiuno.Questa notte si è concluso lo sciopero della fame iniziato il 26 maggio da 50 amministratori pubblici di diverse parti d’Italia. Un digiuno durato sei giorni, nato per richiamare l’attenzione sull’abominio che il Governo israeliano sta perpetrando contro i bambini e i civili di Gaza. Per far liberare tutti i prigionieri ancora detenuti da Hamas.

Ma la campagna di lotta e di solidarietà non finisce qui. Al contrario: da questo punto deve ramificarsi e crescere ancora di più.Per diffondere le onde positive generate da questo lungo digiuno di protesta, è utile condividere alcune riflessioni.Più che sciopero della fame, sarebbe forse più giusto chiamarlo, da oggi in poi, “sciopero del cibo”. Di fronte a un popolo a cui il cibo viene sottratto e negato come nuova arma di guerra – per portare a termine quello che è ormai divenuto un vero e proprio genocidio di massa – noi, pubblici amministratori italiani, abbiamo scelto di rinunciare volontariamente al nostro cibo quotidiano. Abbiamo voluto protestare e testimoniare così, con i nostri corpi, con il nostro digiuno, con la nostra fame sopportata con coerenza, cosa significhi non mangiare per giorni, come accade quotidianamente ai bambini e civili di Gaza.

Abituati a protestare per le nostre comunità, spesso rinchiusi nei confini del nostro “campanile”, abbiamo condiviso una lotta inedita: da ogni angolo d’Italia, al di là del colore politico, uniti, per la prima volta, abbiamo digiunato insieme per un’urgenza internazionale. Non per difendere gli interessi del nostro territorio, ma per la causa di Gaza.A memoria d’uomo, a meno di smentite, una cosa simile non era mai accaduta prima.Mai prima d’ora amministratori pubblici avevano promosso e partecipato a uno sciopero della fame collettivo e pubblico per una causa internazionale.

È stata questa assoluta novità a rompere il velo dell’indifferenza, attirando l’attenzione dei media – a livello nazionale e nelle nostre comunità. In tanti si sono interrogati, ci hanno chiesto, con ammirazione o stupore, perché un gesto così estremo da parte del proprio sindaco.Abbiamo potuto così condividere un frammento di umanità che ancora esiste e resiste, spesso silenziosa, ma reale.

Abbiamo digiunato non per una strada o un’opera pubblica, ma per Gaza. Per i palestinesi di Gaza. Per le vittime innocenti, dell’una e dell’altra parte. Per qualcosa di lontano, ma immensamente grande, che ci chiama e ci interpella come persone e come istituzioni, anche se non possiamo agire direttamente per fermare il genocidio.Avevamo i nostri corpi, e le nostre fasce tricolori. E li abbiamo messi al servizio di una causa giusta.C’è però una differenza sostanziale tra il nostro sciopero e quello forzato della popolazione di Gaza.

Alla fine, tutti noi – pur attraversando una dura prova fisica (personalmente ho perso tre chili) – ne siamo usciti più sani. Abbiamo perso peso, certo, ma abbiamo anche guadagnato forza d’animo. Un beneficio fisico e spirituale, per una giusta causa.Ma loro? No, loro no.

I bambini di Gaza, la popolazione di Gaza, non traggono alcun beneficio dalla fame che subiscono. Non ne escono rigenerati, ma soltanto più affamati. E più vicini alla morte.Come può la comunità internazionale continuare a giustificare – o peggio, a tollerare – la pianificazione deliberata da parte del Governo israeliano di impedire l’accesso al cibo? Come possiamo ancora assistere a questo scempio dell’umanità, a uno sterminio condotto non solo con le bombe, ma con la fame?È assurdo.Quel che sta facendo il Governo israeliano è un abominio oltre ogni limite consentito. Senza se e senza ma. Va detto. Va fermato.

È per questo che abbiamo scioperato: per spingere le Istituzioni della Repubblica – il Presidente, il Governo, il Parlamento, le Regioni – a prendere una posizione chiara e netta di condanna verso il Governo di Israele. E ad agire, con ogni mezzo possibile, per fermare lo sterminio di Gaza e il massacro del popolo palestinese.Non si spenga questa voce di solidarietà che, attraverso il silenzio del nostro digiuno, noi amministratori locali abbiamo alzato per Gaza.L’Italia intera dovrebbe unirsi in un’unica voce per fermare questa tragedia.

Noi, sindaci e amministratori locali, con le nostre fasce tricolori e con i nostri volti, non ci siamo girati dall’altra parte. Non siamo rimasti indifferenti. Continueremo a gridare.Non si giri dall’altra parte il Governo della Repubblica. Non si giri chi ha il potere di agire.

Noi continuiamo. Non ci fermiamo qui.

redazione

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