Con una formula interessante per il dibattito a cui ha dato luogo, all’indomani del 25 aprile, ricorrenza per l’Italia della liberazione dal nazi-fascimo, si è svolto il terzo incontro dei laboratori di politica organizzati dalla Costituente per la Castelbuono di domani.
Stavolta, il tema affrontato è stato quello delle leggi elettorali italiane in un excursus storico dall’Unità d’Italia ad oggi, comprese le tappe significative che hanno portato al suffragio universale definitivo, ovvero al voto di donne e uomini nel 1946.
Il tema è stato affrontato dalla studentessa universitaria Maria Anna Cannizzaro e da Massimo Genchi.

Sono davvero tante le formule elettorali che dal 1861 sono state proposte per poi essere sostituite da altri procedimenti, a dimostrazione di una certa inadeguatezza a rappresentare pienamente la democrazia del voto. A chiare lettere è emerso durante l’incontro che saper interpretare i procedimenti matematici delle leggi rende molto più leggibili le pagine di storia amministrativa nazionale, ma anche di quella locale. Norme di impianto abbastanza complesso sono state artatamente cambiate senza difficoltà, non essendo costituzionali, dai politici di turno, ma senza mai portare a una completa rappresentatività degli elettori. Molto utile per la nutrita platea, costituita anche da un buon numero di giovani, entrare nel meccanismo dell’assegnazione dei seggi in Parlamento secondo il metodo proporzionale e/o maggioritario e con l’applicazione del metodo D’Hondt, ovvero il procedimento matematico per l’attribuzione dei seggi in base ai quozienti delle successive divisioni per numeri crescenti. Il metodo d’Hondt è applicato nelle comunali e nelle provinciali quando si vota col proporzionale e con la legge del 1946 nella determinazione proporzionale dei seggi senatoriali, su base regionale.

Ma al di là degli aspetti tecnici delle leggi, l’incontro si è delineato per tappe storiche. Tra queste, due di grosso rilievo per le conseguenze, le leggi truffa che hanno elargito esagerati premi di maggioranza per l’assegnazione dei seggi in Parlamento: quella del 1924, nel pieno periodo fascista (legge Acerbo), all’insegna di brogli e intimidazioni, e quella del 1953, quando fu la Democrazia Cristiana a fare approvare una legge elettorale con cui, sul piano della rappresentatività parlamentare, avrebbe fatto man bassa di seggi a scapito degli altri partiti.

Tra i nomi dei castelbuonesi che hanno occupato scranni al Parlamento sono emersi quelli di Nicolò Turrisi Colonna, nell’VIII legislatura del Regno d’Italia (1861-1865), di Mario Levante, deputato della XVI legislatura del Regno (1886-1890), e di Michele Maria Tumminelli, deputato dell’Assemblea Costituente.

Altrettanto interessante è stato seguire l’evoluzione della storia amministrativa locale a partire dall’elezione a sindaco del commerciante Mariano Raimondi, che rappresentava un cambio di paradigma, poiché per la prima volta nella storia amministrativa locale il sindaco non era un nobile né un professionista. In parallelo, l’excursus dei partiti con le loro specifiche percentuali che dall’inizio del secolo scorso sono stati designati dai castelbuonesi al governo della città.
In particolare, sono stati analizzati l’alternanza dei sistemi maggioritari e proporzionali e l’influenza di una terza lista, elettoralmente consistente, che determina con buone probabilità una vittoria della lista favorita.

Riguardo ai nomi con cui sono identificate le ultime leggi elettorali (Mattarellum, Porcellum, Italicum, Rosatellum), l’uso del latino, perdipiù maccheronico, sembra un artato espediente per tenere il popolo in disparte e nell’ignoranza dei meccanismi di comprensione da cui dipenderà il futuro della società. Ma comprendere le leggi elettorali non è un puro esercizio di numeri. E’ un dovere di cittadinanza consapevole, perché consente di capire e di controllare se queste sono efficaci nello scopo da raggiungere o se invece penalizzano la vera democrazia.

Costituente Castelbuono