“Lo considero il mio omaggio a John Ford, perché questa è una Sicilia western, fatta di agguati fra le montagne ed epiche battaglie con i cavalli. In Italia si fanno pochi film di questo genere perché ci vogliono tanti soldi, ma anche perché si è perso il gusto di farli.” Roberto Andò

Da quant’è che non si vedeva al cinema un film italiano così?

#Labbaglio è uno dei film più riusciti e ispirati di #RobertoAndò, un netto e deciso passo avanti rispetto a #LaStranezza, il suo penultimo lavoro che non mi aveva convinto pienamente (lo avevo trovato un po’ troppo televisivo) ma che aveva avuto un buon successo di pubblico al cinema un paio d’anni fa.

L’abbaglio è un’opera solida e avvincente, elegante e raffinata, di grande intrattenimento popolare (nella miglior eccezione del termine), scritta dal regista insieme a #UgoChiti e #MassimoGaudioso, già autori del copione de La stranezza.

Ispirato a un episodio dimenticato della spedizione dei Mille, raccontato da Giuseppe Cesare Abba, Leonardo Sciascia e da altri storici locali, il film è un grande e accurato affresco storico in cui si inseriscono elementi e caratteri che rimandano alla commedia all’italiana, grazie alla presenza di Ficarra e Picone – pagina ufficiale (sempre più bravi col passare degli anni) nei ruoli di Domenico e Rosario, due siciliani di umili origini lontani da diversi anni dalla loro isola che si arruolano nella spedizione dei Mille per semplice opportunismo, per riuscire a tornare a casa con l’intento di disertare e dileguarsi una volta sbarcati a Marsala.

Garibaldi e i suoi, accolti dal piombo dell’esercito borbonico, superiore ai Mille in termini numerici e di armamenti, sono costretti a ripiegare. L’unico modo per avere la meglio sulle truppe borboniche è quello di escogitare una manovra diversiva, affidata al colonnello Orsini (interpretato da un ottimo Toni Servillo), un aristocratico palermitano che ha abbracciato la causa rivoluzionaria contro la sua stessa classe. L’intento è quello di far credere ai nemici che i Mille stiano battendo in ritirata nell’entroterra dell’isola, per farsi seguire dal grosso dell’esercito borbonico e dar modo a Garibaldi di espugnare Palermo. Domenico e Rosario ritroveranno sul loro cammino i garibaldini e saranno costretti a far parte del piccolo contingente guidato da Orsini.

Gli ideali e le illusioni di Orsini, convinto insieme a Garibaldi di poter fare l’Italia e soprattutto di poterla cambiare, convivono col cinismo, il disincanto e le disillusioni di Domenico e Rosario, due popolani che la Sicilia la conoscono bene, pur essendo lontani da casa da anni.

Il finale, amaro, ironico e beffardo, ci riconduce al titolo del film e al suo significato. Purtroppo i due simpatici “cialtroni”, scettici per natura ed estrazione, c’avevano visto giusto, mentre Orsini lo capirà solo a scoppio ritardato: il Risorgimento è stato solo una vana illusione.

Boris Schumacher

fonte Boxoffice benful