Dal 1804 al 1839 alla guida della Diocesi di Cefalù si susseguirono tre Vescovi e i discorsi ufficiali con cui il Consiglio Civico – a nome dell’intera Città – in occasione delle rispettive solenni cerimonie d’insediamento, accoglieva gli alti Prelati, furono tutti dettati da Rodrigo La Calce per essere pronunciati da autorevoli esponenti del Consiglio Civico stesso.

I tre Vescovi
Domenico Spoto
Nato il 20 giugno 1729 a Sant’Angelo Muxaro da una influente famiglia aristocratica, fece parte del
Capitolo della Diocesi di Girgenti dove fu anche Vicario del Vescovo e Ciantro. Nominato Vescovo
di Lipari il 9 agosto 1802 da Pio VII, fu successivamente, all’età di 75 anni, il 28 maggio 1804,
dallo stesso Papa nominato Vescovo a Cefalù dove morì il 29 dicembre 1808 e dove è sepolto, nella
Cattedrale.
Dotato di elevata spiritualità, è ricordato per la sua profonda cultura umanistica, teologica e
giuridica nonchè per la sua signorile ospitalità. Di quest’ultima diede prova quando, nell’aprile del
1806, ospitò prima Ferdinando III di Borbone – di passaggio a Cefalù, diretto con il suo seguito da
Palermo a Messina – e successivamente i figli del Re, Francesco, il Principe ereditario, e Leopoldo,
provenienti dalla Calabria e diretti a Palermo. Ed ancora, nel luglio 1807, sostò presso il palazzo
vescovile della cittadina normanna – sulla via del ritorno in Germania – il Principe Luigi d’Assia
Philippsthal (il coraggioso difensore di Gaeta dall’assedio dei Francesi).

Il discorso per l’insediamento del Vescovo Domenico Spoto è stato dettato da Rodrigo La Calce
pronunciato dal Senatore “Seniore” D. Giovanni La Calce l’8 luglio 1804.

Giovanni Sergio
Nato anch’egli da famiglia aristocratica (i Sergio si fregiavano del titolo di Baroni di CastelBonvicino) il 4 ottobre 1766 a Santo Stefano di Camastra, fu ordinato Presbitero nel 1790, divenendo ben presto Arciprete nella città natale (facente allora parte della Diocesi di Cefalù). Per il suo personale carisma impressionò Ferdinando III di Borbone quando, nell’aprile del 1806 – diretto
da Palermo a Messina e proveniente da Cefalù – il Re aveva fatto sosta proprio nel palazzo di
famiglia dei Sergio dove aveva incontrato i figli Francesco e Leopoldo, provenienti dalla Calabria.
E fu per l’appunto il Re – che ne aveva il potere in virtù dei concordati tra la Corona la Santa Sede –
a designarlo quale successore del Vescovo Spoto, alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1808.
Giovanni Sergio – dopo una permanenza presso la curia romana come “Prelato assistente al Solio
Pontificio” – guidò la Diocesi di Cefalù come “Vescovo eletto” fino al 1814, anno in cui potè
finalmente ricevere la formale investitura da Pio VII (proprio in quell’anno infatti il Papa veniva
restituito al soglio di Pietro dopo essere stato tenuto per dieci anni in ostaggio da Napoleone).
Anche a Cefalù Monsignor Sergio ebbe ospiti illustri. Nel novembre 1810 soggiornò brevemente
nel Palazzo vescovile l’Arciduca Francesco d’Asburgo-Este (Duca di Modena e Reggio dal 1814,
come Francesco IV), in Sicilia con il suo seguito per il Grand Tour, alla scoperta delle bellezze
naturali ed artistiche dell’isola. Ed ancora, nel settembre 1826, per qualche giorno fu ospite del
Vescovo Sergio il Marchese Pietro Ugo delle Favare, Luogotenente Generale del Regno, in visita
ufficiale a Cefalù, in rappresentanza del Sovrano (Francesco I delle Due Sicilie).
Morì il 27 febbraio 1827 a Santo Stefano di Camastra, nel palazzo di famiglia dove una iscrizione in
latino immortala il passaggio dei Reali di Borbone. Nella sua città natale il Sergio è ricordato anche
per avere riedificato la chiesetta dedicata a Maria SS. Addolorata, detta del Calvario, ingrandendola
e abbellendola e affiancandole la costruzione di un Convento affidato ai Frati Minori Cappuccini.
È sepolto nella Cattedrale di Cefalù.

Il discorso per l’insediamento del Vescovo Giovanni Sergio è stato dettato da Rodrigo La Calce
pronunciato dal Senatore “Seniore” D. Giuseppe Gallo.


A Monsignor Giovanni Sergio, elogiandone la dottrina e le virtù, Rodrigo La Calce dedicò
anche alcuni componimenti in versi come personale attestato di ossequio e stima
(ultima immagine in basso).



Pietro Tasca
Nato a Palermo il 25 novembre 1756 da una autorevole e facoltosa famiglia di imprenditori agrari
destinata a far parte della grande nobiltà siciliana (i Tasca acquisiranno a metà ottocento il titolo di
Conti d’Almerita), fu ordinato Vescovo di Lipari il 13 marzo 1826 da Leone XII e successivamente,
il 17 settembre 1827, dallo stesso Papa, Vescovo di Cefalù.
Profondo conoscitore della dottrina teologica e studioso del diritto civile e canonico, Pietro Tasca fu
sensibile interprete del sentimento della pietà popolare. Per scongiurare la diffusione del contagio
del colera a Cefalù (l’epidemia, scoppiata a Napoli nell’aprile del 1837, era giunta a Palermo) ordinò
una processione in onore del S.S. Salvatore il 2 luglio 1837 e, in segno di ringraziamento, fece
quindi edificare la Chiesa del S.S. Salvatore alla Torre (il “Salvatorello”). Fu ancora lo stesso
Monsignor Tasca a donare alla Chiesa cefaludese la statua del Salvatore che ogni anno viene portata
in processione per la festa del 6 agosto.
Morì a Cefalù – dove è sepolto, nella Cattedrale – all’età di 85 anni, il 2 gennaio 1839, dopo avere
retto la Diocesi per dodici anni.

Il discorso per l’insediamento del Vescovo Pietro Tasca, dettato da Rodrigo La Calce
pronunciato da D. Pasquale Magliolo, Sindaco di Cefalù.


Note
È interessante notare come dal testo delle “allocuzioni” emerga l’eco di quel dissidio mai del tutto
sopito tra potere temporale e potere spirituale (che a Cefalù aveva avuto espressioni parossistiche
nel XVIII secolo) con la conseguente necessità di stabilire un confine invalicabile tra le due
giurisdizioni. Emblematica in tal senso è la chiusura del discorso augurale pronunciato dal Senatore
Giuseppe Gallo che, rivolto al neo-Vescovo Sergio, così conclude: “…Entrate… ma prima una
cerimonia è d’uopo che si adempia. Voi dovete giurare la costante osservanza dei nostri privilegi,
ne’quali trascritte sono le grazie che la clemenza de’nostri Augusti Sovrani ha accordato a questi
cittadini. Antico e sacro n’è il costume. Ecco il Codice che li contiene, giurate di osservarli, e la
pienezza de’vostri giuramenti accolga il Dio della vendetta. Giurate e mostratevi a un Popolo
impaziente di vedervi, e nell’emozione della sua allegrezza e negli applausi che vi profonde
accettate gli auguri del suo rispettoso Rappresentante…”

Rodrigo La Calce (1773-1837), storico e letterato, rivestì cariche pubbliche di rilievo a Cefalù,
presiedette istituti di carità e beneficenza e fu anche apprezzato giudice civile e “criminale” presso
il Tribunale della Mensa Vescovile della cittadina normanna.

Carlo La Calce