Stasera, venerdi 16 agosto alle 21.30 (con ingresso libero sino ad esaurimento dei posti) al Cine Teatro Grifeo di Petralia Sottana verrà proiettato il film documentario del regista madonita Ivan D’Ignoti che abbiamo incontrato per spiegare in anteprima di cosa si tratta.

  1. Il documentario si apre con una domanda a schermo “che cos’è l’arte?”. Da dove è nata questa domanda?
    Una sera, stavamo giocando a Fifa io e il mio coinquilino e nonostante il nostro hobby poco
    intellettuale, continuavamo, come spesso succedeva, a chiacchierare sul senso della vita.
    Lui mi propone la domanda “Che cos’è l’arte? Trova una definizione che ti convinca davvero,
    non di comodo”. Passa qualche secondo, mi blocco, metto in pausa Palermo-Fiorentina…
    niente! E a distanza di 8 anni lui è diventato il mio autore e compagno di mille avventure
    (Nicola Soldani), ma quella domanda è rimasta senza risposta. E da questo aneddoto cosa
    ho imparato? Che non si deve demonizzare la play perché di per sé non toglie la curiosità ai
    giovani di farsi domande importanti… il motivo, se i giovani non approfondiscono più niente,
    è più complesso.
  2. Dove avete conosciuto un personaggio tanto normale e quotidiano, quanto speciale come
    Renzo?

    Era un periodo difficile, pieno di lavoro, ma quel lavoro stancante e poco stimolante. Dopo
    l’esperienza di Nèsciri, mi era rimasto un vuoto dentro… avevo bisogno di provare di nuovo
    quelle emozioni. Di storie che mi passavano sotto il naso ce n’erano tante, forse troppe, ma
    nessuna che accendesse veramente in me l’urgenza di raccontare. E, come sempre,
    quando smetti di cercare e ti fermi un attimo a riposarti, è lì che arriva la soluzione. Bevendo
    il mio solito caffè, al solito bar sotto casa mia rimango rapito da un’immagine: tre anziani che
    parlano di arte al tavolo a fianco. Come al mio solito estraggo il cellulare dalla fondina e
    comincio ad immortalare la scena di nascosto. Poi, dato che non riesco a starmene zitto e
    dato che quell’argomento risuonava da anni ormai nella mia testa, mi sono avvicinato e, con
    la scusa di mostrare loro il video, ho cominciato a fare domande… uno dei tre era proprio
    Renzo.
  3. Ci racconti brevemente il processo creativo che ha portato te, l’autore e il compositore a
    realizzare questo documentario?

    Il primo passo è stato buttare dentro Nicola, il mio ex-coinquilino, nonché mio autore e
    compagno di mille avventure. Coinvolgerlo non è stato difficile perché, come vi ho già
    raccontato, condividevamo la stessa domanda. Da lì sono cominciati i mille caffè per
    convincere Renzo a raccontarsi. Inizialmente non era per niente dell’idea di farsi riprendere,
    ma caffè dopo caffè, entrando sempre più in confidenza, ha capito quanto per noi fosse
    importante realizzare questo documentario. Come lui ha tela e colori, noi abbiamo penna,
    carta, macchina da presa e note. Renzo si è convinto a posare per noi, per questo lo
    abbiamo intitolato “ritratto”. Poi l’ultima fase, quella del montaggio, ha dato modo a Salvatore
    Sabatino, il compositore delle colonne sonore che avete ascoltato, di dare sfogo a tutta la
    sua creatività e a tutta la sua sensibilità… e credo che il risultato si senta!
  4. C’è un messaggio che vorresti veicolare attraverso questo documentario?
    Mi piace perché questo documentario non parla solo di arte ma anche di morte, amore,
    tempo… ogni persona che lo guarda ci trova dentro un messaggio diverso, a seconda
    dell’urgenza che caratterizza quel momento della sua vita. Personalmente tengo molto al
    messaggio dell’ascolto. Io, per esempio vivo in una grande città piena di gente famosa e
    appariscente, tutti viviamo in un’epoca piena di distrazioni, ma è importante e prezioso
    fermarsi ad ascoltare anche l’anziano al bar, che sembra non avere niente di interessante da
    raccontare. Ricordiamoci sempre che quelli che nessuno ascolta, sicuramente avranno le
    storie più inedite da raccontare.
  5. Cos’è per te l’arte?
    Dopo mesi dietro a questo documentario e dopo averlo rivisto 200 volte posso dirvi che ho le
    idee meno chiare di prima. Continuo a non avere una risposta su cosa sia l’arte, ma credo di
    aver capito come un artista guarda il mondo, la banalità quotidiana. Proprio Renzo una
    mattina mi ha detto: “l’artista è colui che riesce a creare collegamenti. Fra le cose quotidiane
    e quelle straordinarie. Fra il piccolo e il grande. Fra il caffè e l’universo.”… E poi, come dice il
    mio amico Capitano, anche lui conosciuto allo stesso bar: “L’arte non è importante che la
    capisci… l’importante è che ci credi!”.
  6. Come sei arrivato da un paesino come Bompietro a realizzare diversi programmi tv come
    Scherzi a Parte e Italiani Fantastici su Rai2 e addirittura due documentari?

    10 anni fa, mi trovavo qua: a Bompietro, paesino di mille anime nell’entroterra siciliano… e
    facevo il fotografo… in discoteca. Amo la mia terra e non smetterò mai di ringraziarla, però
    devo ammettere che cominciavo a sentirmi stretto. Nel 2015 mi decido, riempio la valigia
    con quattro idee sfocate piegate a casaccio e parto per Milano. 1000 euro in tasca… me li
    ero messi da parte. Quei soldi, a Milano, bastano appena per un paio di mesi in una piccola
    stanzetta, in una piccola casa, in una piccola strada su Viale Monza. Il patto con me stesso
    era chiaro “se in due mesi non trovo un lavoro che mi permetta di continuare a pagarmi
    l’affitto, me ne torno a casa”. In quei due mesi, con il fuoco dentro spargo curriculum, dormo
    due ore a notte, conosco persone, mangio una volta al giorno per risparmiare, fino a che…
    non mi accorgo che sul conto erano rimasti 90 miseri euro e io ero ancora disoccupato.
    Punto. Avventura finita. Vabbè, almeno non vivrò coi rimorsi. Posso dire di averci provato.
    Prima di tornare in Sicilia, faccio tappa a Roma… perché? Così, saranno cazzi miei.
    Quel giorno arriva una telefonata dall’agenzia interinale. Mi propongono un colloquio per
    lavorare in EXPO. Sarei dovuto tornare a Milano il giorno seguente. Controllo i prezzi dei
    treni: 70 euro. Io ne avevo 90. Comunque avevo sentito dire in TV che in EXPO si lavorava
    tanto e non si guadagnava un cazzo. Tanti avevano lasciato il lavoro proprio per questo
    motivo. Ancora una volta ho scelto: non ho preso quel treno. Il giorno dopo mi richiamano
    chiedendomi come fosse andato il colloquio. Io spiego che non c’ero andato perché avevo la
    febbre. Loro mi risposero “peccato perché il tuo profilo è particolarmente adatto al ruolo”…
    praticamente mi stavano dicendo che ho la faccia da “sottopagato”, ma stranamente quelle
    parole mi avevano convinto. Controllo i prezzi dei treni per il giorno successivo: 90 euro. 20
    euro in più del giorno prima. Praticamente un all-in… stavolta partii. Spesso si dice che i treni
    nella vita passano una volta sola… per fortuna nel mio caso ne sono passati due.
    E poi da lì Un salto nel mondo, la compagnia aerea Swiss, Scherzi a Parte e tutto il resto.
    Un percorso che mi ha insegnato molto, ma soprattutto mi ha insegnato l’importanza di
    difendere il proprio lavoro e di conquistarsi un ruolo. Mi hanno chiamato fotografo,
    video-maker, quello delle micro… quello del salto. Ci ho anche pianto… io mi sento regista, il
    lavoro che faccio è quello del regista e sto lavorando affinché le persone dall’esterno lo
    capiscano e mi riconoscano come tale.
  7. Che emozione è portare una tua opera qua in questo cinema?
    È un’emozione bellissima. Questo per me è non è un cinema, questo è il cinema. Da piccolo
    per me esisteva solo questo. Tutti i miei sogni passavano su questo schermo qua… anzi, a
    dire il vero non osavo nemmeno sognare di arrivarci da regista, era troppo per me. Per
    questo, oggi, per quanto mi trovi in un piccolo cinema, di un piccolo paese della Sicilia, mi
    sento in un sogno. Ora ci sono, sono su questo schermo da regista e mi sono ripromesso
    che voglio rimanerci per molto tempo… solo quando non avrò più storie da raccontare
    tornerò a fare lo spettatore.
  8. Che cosa consiglieresti ai giovani siciliani?
    Di non accontentarsi, di non accontentarsi dei sogni che gli sembrano sognabili.
    Costruiteveli, inventateveli, non ditevi di no da soli, lasciatelo fare alla vita. Abbiate pazienza
    e perseveranza, chiunque parta da valle dovrà sudare e soffrire per arrivare in cima alla
    montagna, c’è una sola strada ed è in salita. E poi, una volta che sarete in cima, non
    dimenticatevi da dove siete partiti, perché anche se è un posto che vi stava stretto, visto
    dalla cima è tutto diverso, vi rimarrà sempre dentro, vi rendete conto che sarà sempre casa.
  9. A proposito di casa, a quando un documentario girato nelle Madonie?
    Mi sono reso conto che, senza farlo apposta, tendo sempre a raccontare storie di casa mia.
    Il mio primo documentario l’ho girato in Sicilia, in siciliano e ha un titolo siciliano, ol secondo
    l’ho girato nella mia seconda casa, a Milano, ma nel mio quartiere. Perché venendo dal
    paese, cerco sempre il paese, anche nella città. E nel mio quartiere mi sono ritagliato questo
    angolo di mondo in cui conosco tutti, tutti mi conoscono e mi sento a casa. Per questo è
    stato così naturale girare Renzo. Nel mio futuro c’è sicuramente l’idea di girare un
    documentario anche qui, perché non esiste casa più casa di questa per me. Si tratta solo di
    trovare la storia che accenda in me l’urgenza di cui parlavamo.”