C’è modo e modo, dicono quelli bravi, di essere estromessi da una competizione sportiva. La Nazionale italiana di calcio ha scelto quella meno dolorosa: andare fuori con pieno merito. Alla base del dell’eurotonfo ci sono motivazioni e spiegazioni di ogni genere, che vanno dalle scelte sbagliate a quelle obbligate; dall’ormai cronica decadenza del calcio italiano alla presunzione umana. Ecco, punto per punto, cosa potrebbe esserci alla base del tracollo azzurro in Germania, in un Europeo di livello peraltro non eccelso.
PRESUNZIONE: ha accompagnato l’approccio al torneo tedesco, tanto – si dice – “l’Italia, in ogni caso, va avanti. Come sempre (?)”. Tutti a dire, e a chiedersi: in quante altre competizioni siamo partiti male e poi abbiamo vinto, o comunque siamo arrivati in fondo? C’è anche chi ha addirittura preso ad esempio il parallelismo fra il gol di Bernard Lacombe dopo pochi secondi ai Mondiali d’Argentina nel 1978 nella sfida contro la Francia e quello dell’albanese Nedim Bajrami. Anche le più grandi Nazionali azzurre, per finire in fondo ai tornei, hanno dovuto fare appello a dosi massicce di umiltà, culo e timori degli avversari. Se si scende in campo con altezzosa sicumera, si finisce a pezzi. E qui la colpa è stata dell’allenatore, che molti descrivono come presuntuoso, non solo a livello dialettico.
CT O ALTRO: Luciano Spalletti non è un commissario tecnico, ma un allenatore, peraltro bravo, con qualche brillante intuizione (Lobotka playmaker nel Napoli, come fece Ancelotti con Pirlo nel Milan), che viene dalla gavetta e conosce assai bene il calcio. Il problema è che alla Nazionale non serve un tecnico competente, e strategicamente eccelso, alla Guardiola o alla Spalletti. Ricordiamo cosa combinò il ‘mago’ Sacchi che, peraltro, aveva fior di campioni nella propria squadra (ne citerò solo tre: Franco Baresi, Paolo Maldini e Roberto Baggio) ai Mondiali del 1994 e all’Europeo 1996 (dove c’era Zola e non più il ‘Divin codino’). L’Arrigo di Fusignano cercò di dare un volto alla propria formazione, ma con scarsi risultati. Per la Nazionale serve un selezionatore. Il modulo conta poco, sebbene la Spagna e altre squadre abbiamo fatto vedere buone cose a livello tattico. Mi viene in mente l’Olanda del 1974, plasmata da Rinus Michels secondo i dettami del calcio totale; vero è che, l’allora ct oranje, si avvalse del blocco Ajax, con qualche innesto importante (Van Hanegem e Rensenbrink su tutti).
SERIE A SVUOTATA: è altrettanto vero che di campioni non ne abbiamo (a parte Donnarumma, che è molto migliorato rispetto a qualche stagione addietro, ma non è Albertosi) nel massimo campionato e che il livello complessivo del nostro calcio resta bassino. Anche perché, dall’estero non arrivano i fuoriclasse del passato. I campionati con gli Zico, i Platini, i Socrates, i Falcao, i Maradona e compagni, sono ormai uno sbiadito ricordo e chi ancora gode (?) della nazionalità italiana non si esprime ad altissimi livelli. Già, i livelli: appena si alza quello tecnico, gli azzurri sprofondano in ogni dove, quasi risucchiati da un vortice di parossismo tecnico. E gli italiani da esportazione sono pochini.
BLOCCHI: una volta foraggiavano la Nazionale, oggi non esistono più. E non perché il livello sia più equilibrato, bensì per via del fatto che i club più titolati – nei ruoli-chiave – schierano calciatori stranieri. Indietro, dal punto di vista giuridico – anche per via delle norme sulla libera circolazione dei lavoratori nell’Unione – non si può tornare, ma qualcosa bisognerà pur inventarsi per frenare questa tendenza allo sfascio (anche dei settori giovanili), che fa solo male al cosiddetto Club Italia. Una volta i ct attingevano dal Milan, dall’Inter, dalla Juventus, dalla Fiorentina, oggi sono costretti a prelevare calciatori azzurrabili da squadre di seconda e terza fascia. La terza fascia di una volta, per blasone, comprendeva il Cagliari campione d’Italia o il Verona scudettato, oggi in terza fascia c’è il Sassuolo.
GIORNALISTI E GIORNALI: attenti alle parole. La “Svizzera è una squadra discreta”,. l’Italia è “una buona squadra”. Chi l’ha detto? E poi, ancora: “I nostri sono spremuti, stanchi, svuotati. La stagione è stata assai dispendiosa”. Domanda (mia): quante partite ha giocato l’Inter nella stagione appena conclusa? Mi vengono in mente, a tal proposito, due nomi: Toni Kroos e Daniel Carvajal. Quante partite hanno giocato il centrocampista tedesco e il fluidificante spagnolo con la maglia del Real Madrid negli ultimi mesi, vincendo peraltro la Champions? Di più o di meno dei nostri Barella e Dimarco? L’Inter è uscita negli ottavi della Champions, è stata eliminata anche dalla Coppa Italia e ha stravinto il campionato con diverse giornate d’anticipo. Perché gli azzurri-nerazzurri avrebbero dovuto essere spremuti? Perché cercare giustificazioni dove la giustificazione non c’è? Ridateci Brera e Palumbo, please. E basta con questi ragazzotti che vanno a seguire i tornei a proprie spese, rovinando il mercato e vendendo i servizi alle testate. Il livello si abbassa fatalmente. Come nel calcio, del resto.
OUTFIT: con quella giacca da passeggio non meritavamo di andare avanti all’Europeo.
PARAGONI: per favore, smettetela con Calafiori-Kaiser o cose così. La gente è già abbastanza squilibrata, non ha bisogno di altre sollecitazioni in tal senso.