Attualità

“Un piano sociale e urbanistico per i beni confiscati”

 Un piano nazionale e urbanistico per i beni confiscati. Se ne parla domani ore 9.30 all’Hotel San Paolo Palace Hotel. La proposta, che sarà lanciata dalla Fillea Cgil Palermo, è quella di inserire il patrimonio dei beni confiscati del Comune all’interno del piano urbanistico generale del Comune di Palermo, individuando all’interno dei quartieri dei luoghi idonei per interventi di rigenerazione e riqualificazione urbana.

L’iniziativa, che coinvolge l’Agenzia nazionale per i beni confiscati alla mafia, il Comune e l’Università, è organizzata da Fillea Cgil Palermo, Fillea Cgil Sicilia, Fillea Cgil nazionale e dalla Cgil Palermo. A portare i saluti sarà il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo. Introduce il segretario generale Fillea Cgil Palermo Piero Ceraulo. Modera la giornalista Alessia Candito. Intervengono: Cosimo Antonica, responsabile beni immobili dell’Anbsc, Maurizio Carta, assessore all’Urbanistica del Comune di Palermo, Zeila Tesoriere, professore associato del dipartimento di Architettura, Giovanni Pistorio, segretario generale Fillea Cgil Sicilia, Franco Miceli, consigliere comunale Palermo, Brigida Alaimo, assessore a Bilancio, Tributi e Beni confiscati, Andrea Merlo, professore di Diritto penale a Unipa e Graziano Gorla segretario nazionale Fillea Cgil.

“La giornata di studio avrà come obiettivo quello di affrontare, discutere e proporre interventi finalizzati a un rilancio sociale e urbanistico e di valorizzazione dell’imponente patrimonio immobiliare sequestrato e confiscato alla criminalità organizzata presente nella nostra provincia – spiega il segretario Fillea Cgil Palermo Piero Ceraulo-  Come Fillea Cgil di Palermo, abbiamo in più occasioni ribadito la necessità di costruire delle azioni mirate e concrete che possano individuare all’interno dei beni confiscati un’occasione di sviluppo economico, affermazione della legalità e rilancio della società”.

Ad oggi gli immobili sequestrati e confiscati già destinati nella provincia di Palermo sono 4.051 su un totale di 7.727 immobili in Sicilia.  E nella sola città di Palermo sono 2.284. Quelli invece che sono ancora in gestione per la provincia di Palermo sono 4.810 sugli 8.583 riferiti alla sola Regione Sicilia. E per la sola città di Palermo si calcolano 1.309 immobili.

“Quindi potremmo dedurre facilmente che nella sola provincia di Palermo ci sono circa 9mila immobili confiscati alla criminalità – aggiunge Ceraulo – Più del 50 per cento degli immobili confiscati alla mafia in Sicilia ricade sul territorio della provincia di Palermo.  Un enorme occasione dunque per avviare un processo di rigenerazione urbana e di trasformazione e riqualificazione architettonica relativa a un immenso patrimonio immobiliare restituito e da restituire, che sotto gli occhi di tutti risulta in uno stato di degrado e fatiscenza non indifferente”

La Fillea insiste sul recupero dei beni confiscati come forma di lotta alla criminalità organizzata, per eliminare colpevoli ritardi e restituire dignità alla Legge Rognoni-La Torre e alla legge 109/96 per l’utilizzo dei beni a fini sociali.

“Si ‘perché se da un lato l’impianto normativo ha comunque segnato passi in avanti, dall’altra parte il fine ultimo della stessa legge rimane inevaso, non espletato nelle sue reali potenzialità. Quanti bandi pubblici abbiamo visto con esito positivo di assegnazione? Pochi, anzi pochissimi – aggiunge Ceraulo –  Infatti, come accade di prassi, attraverso i bandi in un modo o nell’altro questi beni vengono messi a disposizione. Ma alla fine se il bene necessita di interventi strutturali massicci, nella  maggior parte dei casi quel bene rimane lì, perché i costi sono insostenibili e non si  avvia quel percorso di fruizione da parte della società civile che dovrebbe essere messo in primo piano”.

Quanti bandi pubblici abbiamo visto con esito positivo di assegnazione? Pochi, anzi pochissimi – aggiunge Ceraulo – infatti, come accade di prassi, attraverso i bandi in un modo o nell’altro questi beni vengono messi a disposizione. Ma alla fine se il bene necessita di interventi strutturali massicci, nella  maggior parte dei casi quel bene rimane lì, perché i costi sono insostenibili e non si  avvia quel percorso di fruizione da parte della società civile che dovrebbe essere messo in primo piano”.

redazione

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