Per lo sciopero nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori delle imprese che applicano il contratto nazionale della distribuzione moderna organizzata, sabato 30 marzo anche a Palermo sono in mobilitazione i dipendenti di aziende come Lidl, Zara, Rinascente, Leroy Merlin, Oviesse, Penny Market e il gruppo Ergon, che scendono in piazza con le bandiere di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs.
Lo sciopero unitario è stato indetto dalle segreterie nazionali dei sindacati del commercio a seguito alla rottura del tavolo delle trattive con Federdistribuzione per il rinnovo del contratto di lavoro, scaduto da oltre 51 mesi. Le segreterie territoriali di Filcams, Fisascati e Uiltucs saranno con i lavoratori in presidio in via Ruggero Settimo dalle ore 9,30 alle 13.30, di fronte ai negozi Zara e Oviesse, dove si svolgerà un flash mob.
La lunga ed estenuante trattativa no stop, durata oltre 17 ore nelle giornate del 26 e 27 marzo, si è conclusa con un nulla di fatto. Da qui la necessità della mobilitazione.
“Non molliamo, il contratto ci spetta. I lavoratori si fermeranno a seguito della rottura delle trattative con Federdistribuzione. Non abbiamo ottenuto nessuna risposta – dichiarano i segretari generali di Filcams Cgil Palermo Giuseppe Aiello, Fisascat Cisl Palermo Trapani Stefano Spitalieri e Uiltucs Sicilia Ida Saja – sul rinnovo di un contratto che le lavoratrici e i lavoratori della distribuzione moderna organizzata aspettano da troppo tempo”.
L’associazione datoriale ha “presuntuosamente ribadito le proprie istanze volte a peggiorare la classificazione del personale”, ha avanzato una richiesta di deroga alla legge sui tempi determinati e nessuna risposta è stata data su franchising e appalti.
Da qui inevitabile la rottura. “Lo schema negoziale che propone la distribuzione moderna organizzata, ancora una volta – aggiungono i segretari territoriali di Filcams, Fisascat e Uiltucs – mortifica il rinnovo del contratto nazionale, di fatto aumentando la precarietà, umiliando la professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori e non volendo riconoscere il legittimo e dignitoso aumento salariale, in una fase storica del nostro Paese che ha visto falcidiare i bilanci delle famiglie per la perdita del potere d’acquisto causata dall’inflazione e in generale dal caro vita”.