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Claudio Bisio al cinema con “L’ultima volta che siamo stati bambini”

Roma, estate 1943. Quattro bambini giocano alla guerra mentre attorno esplodono le bombe della guerra vera. Italo è il ricco figlio del Federale, Cosimo ha il papà al confino e una fame atavica, Vanda è orfana e credente, Riccardo viene da un’agiata famiglia ebrea. Sono diversi ma non lo sanno e tra loro nasce “la più grande amicizia del mondo”, impermeabile alle divisioni della Storia che insanguina l’Europa. Per loro tutto è gioco, combattono in cortile una fantasiosa guerra fatta di missioni avventurose ed eroismi, poi però fanno patti “di sputo” e non “di sangue” per paura di tagliarsi.

Ma il 16 ottobre il ragazzino ebreo viene portato via dai tedeschi insieme ad oltre mille persone del Ghetto. Grazie al padre Federale di Italo, i tre amici credono di sapere dov’è e, per onorare il “patto di sputo”, decidono di partire in segreto per convincere i tedeschi a liberare il loro amico. L’ennesima missione fantasiosa entra nella realtà, i tre bambini viaggiano soli in un’Italia stremata dalla guerra, fra soldati allo sbando, disertori, truppe di tedeschi occupanti, popolazioni provate e affamate. I tre bambini non sono del tutto soli, due adulti partono a cercarli per riportarli a casa: Agnese, suora dell’orfanotrofio in cui vive Vanda, e Vittorio, fratello di Italo. Lei cristianamente odia la violenza e lui è un eroe di guerra fascista: sono diversi e, al contrario dei bambini, lo sanno benissimo infatti litigano tutto il tempo. Il doppio viaggio dei bambini e degli adulti nell’Italia lacerata dalla guerra sarà gioco e terrore, poesia fanciullesca e privazioni, scoperta della vita e rischi di morte: un’esperienza capace di imprimere il suo sigillo su tutti i personaggi coinvolti, cambiando la coscienza dei singoli e le loro relazioni. Fino al sorprendente ma in fondo purtroppo logico, finale

PERCHÈ VEDERE IL FILM

Perché attraverso lo sguardo innocente e puro dei bambini riesce a descrivere con leggerezza una pagina dolorosa della nostra storia. Perché riesce a trattare con delicatezza gli avvenimenti storici della Shoah e del rastrellamento degli Ebrei di Roma attraverso una lente incredibilmente umana ed intima. Perché racconta la vera amicizia, quella che va oltre le differenze e che ci rende tutti uguali. Perché è la storia di un viaggio di formazione in cui si affrontano le proprie paure insieme e si comprende il valore della solidarietà.

SPUNTI DIDATTICI

L’omonimo romanzo di Fabio Bartolomei, nella sua trasposizione cinematografica di Claudio Bisio, per la prima volta anche regista. Promuovere l’uguaglianza – anche intesa come uguaglianza di genere – nella diversità come valore che accresce la comunità. Analizzare i diritti che mancavano durante il ventennio fascista e che sono stati assicurati dalla Costituzione Italiana del ’48 (Art. 3 – Principio di eguaglianza, art. 21 – Libertà di manifestazione del pensiero). Educare al rifiuto della guerra (Art. 11) e della violenza. Riflettere sul valore dell’amicizia, dell’altruismo e della condivisione. Ad 80 anni dal rastrellamento degli Ebrei di Roma la memoria ci deve essere da monito.

Redazione

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