Attualità

Cgil: “No all’autonomia differenziata”

Un forte no all’autonomia differenziata è stato espresso ieri pomeriggio da diverse sigle di associazioni, sindacati e movimenti palermitani che hanno partecipato alla tavola rotonda “Una e indivisibile. Autonomia indifferenziata: un attacco all’unità della Repubblica e all’uguaglianza dei diritti” presso il Mercato Emmaus Palermo.

Al dibattito erano presenti le realtà sociali della Rete dei Numeri Pari, di cui fanno parte Emmaus Palermo, Laboratorio Zen Insieme e Donne di Benin City, la Cgil Palermo e l’osservatorio contro la militarizzazione della scuola. Presenti anche la deputata regionale Roberta Schillaci e Mariangela di Gangi, consigliera comunale.

Al confronto, concordi tutti e tutte nel ritenere la riforma “distruttiva” di alcuni valori fondamentali della Costituzione, tra cui il perseguimento dell’uguaglianza sociale, l’integrità della Repubblica e il principio di parità e progressività della tassazione.

“Per questo domani è fondamentale partecipare alla manifestazione nazionale a Roma “La via maestra. Insieme per la Costituzione” e andare avanti anche successivamente, costruendo iniziative e sensibilizzazione, fino al ritiro del disegno di legge – ha detto Mario Ridulfo, segretario generale Cgil Palermo – Ricordiamo che negli ultimi dieci anni 50 mila persone, in gran parte giovani tra i 15 e i 34 anni, sono andate via da Palermo e 190 mila in tutta la Sicilia. Questa riforma potrà solo rafforzare lo squilibrio di spesa e quindi di tutela dei diritti tra le regioni italiane”.

 Per Nicola Teresi,  di Emmaus Palermo “è assurdo e discriminatorio creare zone del nostro paese che potranno vantare servizi sociali di qualità perché più ricche e zone dove le prestazioni sanitarie non saranno garantite; significherebbe stabilire un principio in virtù del quale il livello dei servizi erogati in ogni regione non dipenderebbe dal bisogno bensì dal reddito. Senza parlare del rischio enorme di avere venti sistemi sanitari diversi o differenti normative in tema di lavoro, beni culturali e altro”.

“Non solo bisogna bloccare la riforma – ha aggiunto Nicola Teresi – ma attuare politiche sociali di inclusione, aumentare la spesa sociale e concretizzare quei 7 punti dell’Agenda Sociale proposti da tempo dalla Rete dei Numeri Pari a livello nazionale”.

Per Maria Carmen Fasolo, del Laboratorio Zen Insieme “la riforma peggiorerà le condizioni delle persone nelle periferie urbane. Anziché tutelare il reddito e aumentare spesa sociale e welfare di comunità, si colpevolizzano i poveri e le regioni maggiormente in difficoltà”.

Anche Osas Egbon dell’associazione Donne di Benin City ha posto l’attenzione sulla tutela dei più vulnerabili: “Sarebbe ulteriormente compromessa da servizi meno efficienti e con minore capacità di spesa”. “La creazione di venti diversi sistemi d’istruzione porterà alla distruzione della scuola pubblica – ha osservato Finella Giordano, dell’Osservatorio contro la militarizzazione della Scuola - con rischi enormi che la scuola perda la sua funzione fondamentale, di dare a tutte e tutti pari opportunità”.  
redazione

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