Società

Tassazione degli extraprofitti: sembrava una cosa di sinistra… e invece…

L’ha fatta il governo più di destra della storia della repubblica! Viene tassato il 40% dei profitti maturati dalle banche (ovvero la differenza fra gli interessi attivi incassati per prestiti o mutui e quelli passivi, quelli pagati ai clienti per conti correnti o depositi). La misura è per il 2022 nella quota superiore ad un “fisiologico” 5% in più del 2021 e per il 2023 oltre il 10%, sempre del 2021. Tali guadagni sono aumentati in maniera spropositata per l’aumento di tassi di interesse voluti dalla gentile Christine Lagarde che dirige la BCE, Banca Centrale Europea.

Vista la poca o nessuna fatica delle banche e l’inesistente rischio per guadagnare tali profitti, e considerando le sempre maggiori difficoltà dei soggetti deboli a pagare mutui e prestiti, la norma va certamente nella direzione di una giusta redistribuzione della ricchezza nazionale. Ci sono rimasti male i cosiddetti soggetti forti; ed il governo farà bene a ricordare quanto essi sappiano essere “vendicativi”. Ma un governo serio, che voglia fare seriamente politica, che raccoglie tanto suffragio elettorale, deve avere il coraggio anche di andare allo scontro con i nemici del bene comune. Ci sono rimasti male 5 stelle e sinistre che simili azioni le hanno sempre sognate e mai realizzate. Ora si morderanno le dita e si accoderanno all’azione del governo.

Le maggiori entrate rifinanzieranno il fondo mutui prima casa per gli under 36 e per ridurre la pressione fiscale su famiglie ed imprese. I dettagli saranno chiari con la prossima manovra finanziaria. E’ un provvedimento che risponde al più elementare buon senso, voluto per fare giustizia, ma anche per evitare pericolose tensioni sociali in questo tempo di inflazione galoppante e generale difficoltà economica.

Ai fautori del liberalismo sfrenato, agli adoratori del mercato sarà bene ricordare l’insegnamento del Compendio della dottrina sociale della Chiesa. “La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto il diritto alla proprietà privata come assoluto ed intoccabile: « Al contrario, essa l’ha sempre inteso nel più vasto contesto del comune diritto di tutti ad usare i beni dell’intera creazione: il diritto della proprietà privata come subordinato al diritto dell’uso comune, alla destinazione universale dei beni ». Il principio della destinazione universale dei beni afferma sia la piena e perenne signoria di Dio su ogni realtà, sia l’esigenza che i beni del creato rimangano finalizzati e destinati allo sviluppo di tutto l’uomo e dell’intera umanità. Tale principio non si oppone al diritto di proprietà, ma indica la necessità di regolamentarlo. (177).

Anche della proprietà degli extraprofitti? Certamente! “Un’economia finanziaria fine a se stessa è destinata a contraddire le sue finalità, poiché si priva delle proprie radici e della propria ragione costitutiva, ossia del suo ruolo originario ed essenziale di servizio all’economia reale e, in definitiva, di sviluppo delle persone e delle comunità umane”(368).

Chi deve provvedere a tutto questo? “La comunità politica, realtà connaturale agli uomini, esiste per ottenere un fine altrimenti irraggiungibile: la crescita più piena di ciascuno dei suoi membri, chiamati a collaborare stabilmente per realizzare il bene comune sotto la spinta della loro tensione naturale verso il vero e verso il bene” (384).

L’esatta efficacia di questa tassazione, comunque una tantum, la vedremo nel breve e medio periodo, ma la sua “dottrina” di riferimento e senz’altro conforme all’ordine naturale, peraltro ampiamente ripresa negli articoli 41, 42 e 43 della costituzione italiana. 

Diego Torre

redazione

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