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Chiave inglese? Sì, ma anche Svedese!

Al giorno d’oggi sarebbe impensabile compiere qualunque lavoro che prevede l’assemblaggio o lo smantellamento di strutture, pannelli o macchinari senza l’aiuto di una chiave inglese. Dalle officine alle cassette degli attrezzi casalinghe degli appassionati di fai da te, questo strumento è un fido assistenze per ogni lavoro manuale.

Non è sempre stato così. L’invenzione della chiave inglese è stata una vera svolta che ha segnato la storia e favorito lo sviluppo tecnico e industriale. Ma perché si chiama così? È stata forse inventata in Inghilterra? Beh, non è così semplice.

Nell’articolo di oggi parliamo proprio di questo!

La nascita della chiave inglese

La chiave inglese ha una storia antica e davvero affascinante. Pare che i primi elementi di fissaggio filettati rinvenuti appartengano al periodo dell’Antico Impero Romano. Ciò fa supporre che già al tempo esistessero i primi prototipi di chiave inglese, usati per avvitare o svitare questi antichi bulloni.

Sappiamo con certezza che la prima chiave inglese con il classico design “a forchetta” (cioè, con le due ganasce tra cui si inserisce la testa del dado o del bullone) è stata brevettata intorno al 1835 dallo statunitense Soymon Merrick.

Ma questa chiave non è americana. Infatti, in realtà, fu inventata nel Regno Unito dall’ingegnere britannico Richard Clyburn. Da qui, appunto, il nome “chiave inglese”.

Questo prototipo era una versione adattabile che venne poi messa in commercio da un’azienda svedese agli inizi del ‘900.

Le tipologie

Dopo la sua invenzione, la chiave inglese si diffuse in tutto il mondo in maniera molto rapida grazie alla sua semplicità d’uso che permetteva di montare e smantellare rapidamente qualsiasi struttura. Nel corso degli anni, poi, ne vennero inventati modelli differenti con lo scopo di adattare lo strumento all’uso particolare in alcuni settori e anche con il fine di renderlo meno faticoso e più veloce da usare.

La prima innovazione è rappresentata dalle chiavi inglesi ad anello, caratterizzate da un’estremità che presenta un foro chiuso con un profilo geometrico con sei o dodici rientranze che gli permettono di essere posizionato sopra bulloni esagonali o dadi.

Subito dopo furono inventate le chiavi combinate: su un’estremità della chiave si trova la forchetta, sull’altra l’anello.

La vera rivoluzione è arrivata con l’avvento delle chiavi a bussola o “a cricchetto”. Si tratta di uno strumento che presenta una maniglia da un lato e un meccanismo dall’altro. Il meccanismo permette di eseguire il movimento rotatorio senza dover sollevare e riposizionare la chiave ogni volta.

A questo meccanismo (il cricchetto), vengono attaccate le bussole (da qui i due nomi di questo modello di chiave inglese), cioè gli innesti di varie dimensioni che permettono alla chiave di fissarsi sopra il dado o il bullone.

Questi sono i modelli principali di chiave inglese, ma ne esistono molti altri con tante caratteristiche e funzionalità diverse, come questi qui.

La chiave inglese svedese

Cosa c’entra la Svezia? Come scritto in precedenza, fu proprio un’azienda svedese a mettere in commercio il primo prototipo di chiave inglese che, al tempo, era adattabile e quindi offriva la possibilità di muovere le ganasce che compongono la forchetta per adattarsi alle dimensioni dell’elemento di fissaggio.

Ebbene, queste chiavi esistono ancora adesso e vengono comunemente chiamate “giratubi” o “chiavi a pappagallo”, oppure ancora “chiavi svedesi”.

Solitamente, le chiavi svedesi sono formate da due ganasce dentellate: una è fissa, l’altra mobile. Proprio questa loro caratteristica gli permette di adattarsi alle varie dimensioni di dadi, bulloni o addirittura tubature. Proprio per questo sono spesso usate dagli idraulici.

La ganascia fissa (quella superiore) serve come appoggio. L’altra ganascia (quella inferiore, scorrevole) può essere mossa manualmente o con una rotella per poi fissarsi intorno all’elemento di fissaggio desiderato.

redazione

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