Sono oltre 20mila gli ultracentenari in Italia (dati Istat 2023), un numero che cresce di anno in anno: la longevità degli anziani del Bel Paese è favorita da diversi fattori, tra i quali la qualità di vita della penisola italiana, uno stile di vita attivo sia fisicamente che intellettualmente, il tessuto socio-relazionale e l’alimentazione (la rinomata dieta mediterranea).

Tutti elementi presenti nella vita di G.C., un signore della provincia di Palermo di 101 anni che si è sottoposto al primo intervento della sua vita solo pochi mesi fa per l’impianto di un pacemaker.

“Il signor G.C. si era rivolto al suo cardiologo di fiducia, perché ultimamente avvertiva un senso di debolezza inusuale e continui mancamenti – spiega il dott. Giuseppe Indellicati, specialista in Cardiologia ed Elettrofisiologia a Maria Eleonora Hospital, ospedale palermitano ad Alta Specialità di GVM Care & Research –. Un semplice elettrocardiogramma è bastato a far capire la causa dei continui svenimenti, ovvero una severa anomalia della conduzione atrio-ventricolare, condizione piuttosto frequente negli anziani. Abbiamo così eseguito un impianto di pacemaker per ripristinare la corretta funzionalità elettrica del cuore”.

L’unicità della storia del 101enne è data dall’ottimo stato di salute generale dell’anziano, che non presentava nessun’altra patologia e non assumeva alcuna terapia farmacologica. Questo intervento è stato infatti il primo della sua vita. Nonostante l’età avanzata, l’assenza di comorbidità e l’approccio mininvasivo per l’impianto di pacemaker hanno consentito di intervenire in tutta sicurezza sul cuore del paziente.

La procedura di impianto non prevede infatti una chirurgia “open” (ovvero l’incisione del torace) bensì una tecnica minimamente invasiva: si incide la cute sotto la clavicola e, grazie alla guida radioscopica, gli elettrodi, necessari per la trasmissione dell’impulso elettrico, vengono posizionati nel cuore attraverso una via venosa. Queste terminazioni elettriche vengono “testate” e poi collegate al pacemaker, una sorta di scatolina inserita sottocute accanto alla zona di incisione.

“L’utilizzo della sola anestesia locale contribuisce ad un trauma chirurgico minimale, anche per i pazienti più anziani – continua il dott. Indellicati -. Qui a Maria Eleonora Hospital l’impianto di pacemaker è una procedura assai frequente: da anni ne vengono eseguiti una media di 10 a settimana”.

Il paziente, dopo 24 ore di osservazione per verificare il corretto funzionamento del dispositivo, ha lasciato l’ospedale in buone condizioni, pronto per riprendere le sue attività quotidiane.

“Avevo dei giramenti di testa e mi sentivo affaticato, non mi sentivo più sicuro ad uscire da solo – racconta G.C. –. Sono un uomo ancora mentalmente attivo e lucido, e sottopormi all’intervento mi sembrava un’opportunità per tornare a fare le cose che amo e alle quali ultimamente, a causa dell’eccessivo affaticamento, avevo dovuto rinunciare. Ora ho ripreso a fare la passeggiata quotidiana, vado a fare la spesa, mi incontro con gli amici al bar vicino a casa. Fermo non ci sto, cammino sempre e mangio leggero. Considerata la mia età, non mi posso lamentare!”.