“La sanità a Palermo vive una delle sue peggiori stagioni, questi tre anni di pandemia hanno acuito le mancate risposte ai bisogni di salute già esistenti. Oggi quello alla salute non è più un diritto costituzionalmente garantito ma un diritto finanziariamente condizionato, legato, cioè, alla quota di risorse che ciascuna famiglia è in grado di destinare dal proprio bilancio familiare”.

Lo dichiarano Laura Di Martino, segretaria Cgil Palermo e Tino Corrao, responsabile politiche della Sanità per la Cgil Palermo, alla vigilia della manifestazione che si terrà sabato 15 aprile, alle ore 10, a Piazza Verdi, a difesa della sanità pubblica e del diritto alla salute, promossa dalla rete degli ambulatori popolari di Palermo e da altre associazioni, alla quale partecipa anche la Cgil Palermo con una sua delegazione.

La Cgil Palermo ribadisce la sua posizione contro lo smantellamento del sistema sanitario nazionale. Ed enumera le principali disfunzioni, che ricadono sul cittadino. “Liste di attesa infinite, ricorso sempre maggiore a prestazioni rese dal privato – aggiungono Di Martino e Corrao – spostamento di posti letto dal pubblico al privato, introduzione di ‘prestazione a gettone’, ticket onerosi, definanziamento del Ssn, della riabilitazione e della tutela della salute mentale. In altre parole, a Palermo va avanti la corsa a privatizzare il sistema sanitario nazionale, che un tempo era il migliore al mondo e che oggi si trova al diciassettesimo posto. In questo modo, ogni giorno tantissimi cittadini, in particolare fragili e a basso reddito, sono costretti a rinunciare alle cure”.

 L’organizzazione del servizio sanitario in Sicilia, prosegue la Cgil Palermo, non riesce a soddisfare la domanda di salute dei cittadini siciliani ed è prevalentemente concentrata nelle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Nella provincia di palermitana, che conta circa 1.253.000 abitanti, insistono 3 aziende sanitarie a rilevanza nazionale, concentrate nella città di Palermo (Ospedale Civico, Ospedale Cervello-Villa Sofia, Policlinico-universitario) e una Asp con 6 presidi ospedalieri carenti di reparti (Partinico, Ingrassia, Villa delle Ginestre, Petralia, Corleone, Termini Imerese).

“Ciò costringe i cittadini della provincia, bisognosi di cure specialistiche, a confluire su Palermo, con gravi disagi, costi economici, rischi di incidenti, inquinamento e ingorghi e congestionamento delle strutture – proseguono Laura Di Martino e Tino Corrao – Le lunghe liste di attesa per le visite specialistiche, la diagnostica, i ricoveri, la viabilità dissestata, la carenza di servizi pubblici inducono sempre più le persone a rinunciare alle cure o a rivolgersi a privati, pagando di tasca propria per visite e accertamenti diagnostici sempre più cari. I dieci distretti socio sanitari offrono servizi territoriali inadeguati e inefficienti. Pertanto, serve un nuovo piano sanitario siciliano e per la provincia di Palermo che decentri servizi e strutture di alta specializzazione e di prima categoria”.

  “La manifestazione di sabato, alla quale parteciperemo -  motivano Laura Di Martino e Tino Corrao – la riteniamo solo un primo appuntamento per avviare collettivamente una grande vertenza per la difesa, il potenziamento e lo sviluppo della sanità pubblica e dell’integrazione socio sanitaria, anche attraverso un piano straordinario di assunzioni, a garanzia del diritto universale alla salute delle persone. La sanità deve essere pubblica.  Solo così può avere un valore sociale, garantire la presa in carico dei cittadini, occuparsi della sicurezza, della qualità dell’ambiente, della salubrità dei luoghi di lavoro, della prevenzione infortuni e malattie professionali, vale a dire una medicina ospedaliera di qualità”.

“Il diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione italiana va garantito a tutti i cittadini in tutte le sue forme. Motivo per cui – aggiungono Laura Di Martino e Tino Corrao per la Cgil Palermo - sabato 15 saremo contestualmente alla manifestazione regionale di Caltanissettaper dire no all’autonomia differenziata, che amplierebbe le già esistenti disuguaglianze territoriali tra Nord e Sud e tra regioni ricche e povere”.