Gli ultimi apprezzamenti di Papa Francesco all’Emerito Pontefice Benedetto XVI, condivisi e applauditi dalla folla in ascolto, sono certamente il giusto riconoscimento a un Pastore che in nulla ha demeritato durante la sua permanenza sul soglio di Pietro. Riconoscimento che trova conferma non retorica a cominciare dalla pubblicazione dell’ultima sua enciclica sulla Fede, la quale è diventata anche la prima del nuovo Pontefice. Un evento, questo, senza precedenti, che viene a dare senso alla scelta del papa emerito conchiusa nel motto “mortuus sum mundo et vita mea est abscondita cum Christo in Deo”, come si legge sul piedistallo del monumento a San Francesco di Gibilmanna.
Questo gesto, segno di estrema umiltà e di fede granitica, dettato certamente dallo Spirito Santo, è stato anche quasi il contrappasso in senso positivo di quell’oscuramento voluto sovente dai mass media del meglio di un pontificato che forse abbisognava proprio di tale nascondimento volontario per diventare fonte di non oscurabile luminosità.
Dove tale oscuramento raggiunse l’acme fu durante il viaggio del Papa in Africa, quando una sua legittima risposta sull’uso di certi contraccettivi per contrastare l’Aids venne enfaticamente presentata come la prova della indifferenza della Chiesa di Roma nei confronti di una dolorosa tragedia sociale, soprattutto della popolazione africana. Fino ad oscurare la ragione prima del viaggio apostolico in Africa, dove il Papa stava andando non per una visita pastorale di routine, ma per consegnare l’Instrumentum laboris dell’imminente Sinodo di Vescovi Africani, nel quale erano articolatamente rappresentate denunce severe sulle enormi ingiustizie subite dalle popolazioni e inappellabili condanne delle classi dirigenti.
Donde e perché un tale travisamento del pensiero del Papa? Perché questa è la via più idonea a ingenerare nell’opinione pubblica diffidenza verso il magistero ecclesiastico nella misura in cui una contrazione di siffatta specie del significato di un evento giova a mettere in ombra quelle norme evangeliche che interpellano severamente il perbenismo borghese e che, nel nostro tempo, sono rinnegate dall’edonismo consumistico
Non si spiega altrimenti, a mio modo di vedere, la eccessiva enfatizzazione, finanche imbarazzante per chi ravvisa un alone sacro attorno alla persona del Papa, di un termine evocativo di edonismo, anche trasgressivo, e, al contrario, il quasi oscuramento dei motivi di una visita volta a sollecitare la chiesa africana ad offrire il “servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”, in una terra insanguinata da guerre tribali, proficue solo al mercato delle armi, dominata da oligarchie avide e da tiranni feroci, sfruttata e immiserita da una globalizzazione economica che toglie risorse alle popolazioni locali, negando loro ogni possibilità di sviluppo e anche il minimo di mezzi sanitari vitali.
Ad onta di un tale oscuramento, però, la visita del Papa in Africa ha avuto un successo strepitoso. E’ sembrato, agli occhi di chi sa leggere i segni della profezia, che proprio in quei suoi giorni africani Benedetto XVI abbia acquisito la pienezza della grazia di stato, che gli ha dato la forza di denunciare le ingiustizie patite da quelle popolazioni accorse numerose al suo passaggio e di apostrofare quei dirigenti politici che «danno prova di insensibilità verso i bisogni del popolo, perseguono interessi personali, disprezzano le nozioni di bene comune, perdono il senso dello Stato e dei principi democratici, elaborano politiche faziose, partigiane, clienteliste, etnocentriste e incitano alla divisione per potere regnare».
Queste in sintesi le tematiche dell’Instrumentum, del quale lui (il Papa) non poteva essere – come di fatto non era – un latore neutrale, perché era il successore di Pietro che andava in quella terra martoriata, per annunciare ai poveri la buona novella del Vangelo di Cristo e ai ricchi, e tra questi siamo anche noi, cinici e venali sfruttatori, che è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco possa entrare nel Regno dei Cieli.
Ma quale l’ascolto? Quello permesso dai mezzi di comunicazione di massa, che distraggono dalla conturbante interpellanza della profezia.

Giuseppe Terregino