Attualità

“A Vecchia” di Gratteri, nei ricordi di Giuseppe Terregino

E’ tornata la vecchia di Gratteri.
Questo titolo leggo in gratteri.org. Ma dove era andata di grazia? Non certo nell’Iperuranio, dopo il funerale giocoso in sella all’asino vero del fantoccio che avrebbe dovuto incarnare il suo corpo etereo volato nell’universo ultrasensibile, di là dall’attuale mondo dell’edonismo consumistico. Dove nulla si salva che non corrisponda alla sacra legge della produzione finalizzata al profitto.
Di questo ho parlato in altre precedenti note rispetto a questa. Oggi voglio rievocare il mondo in cui io fanciullo di meno che un lustro d’età, tenuto per mano da mio padre, che dopo pochi mesi avrei perduto, salivo per la via Ruggieri con sotto il braccio un piccolo, ma prezioso, fagotto in cui era contenuto il dono della Vecchia strina destinato all’opera benemerita di Don Ciccio Sideli (unico sarto maschile del paese), che ne avrebbe tratto la stoffa per confezionare un cappottino lungo fino ai talloni in funzione della inevitabile crescita del fanciullo.
Io non immaginavo neppure che l’autore del dono fosse il papà mio; che secondo me aveva dormito a me vicino per non farsi vedere dalla Vecchia durante il suo furtivo ingresso in casa per non si sa dove.
Era questa l’atmosfera di allora, che ognuno si portava dentro per tutta la vita. Molto più vera e confortevole del pacchetto di caramelle consumato rapidamente e senza lasciare traccia del suo arrivo. Né può sostituire quella atmosfera il frastuono seguente, adesso, al passaggio dell’augusta vegliarda in carne ed ossa.
Ma questi sono ricordi di un sopravvissuto in un mondo in cui l’assoluto va sempre più diventando il progresso tecnologico volto a risolvere ogni problema dell’uomo, anche di natura spirituale, che, con riferimento ai ragazzini, dona la gioia di ascoltare le voci delle pecorelle saltellanti, contrariamente al mutismo di quelle costruite manipolando la terra del cretaio e portate fuori di casa in una gara di potere armentizio con i compagni di gioco.
Cerchiamo tuttavia di accettare il mondo reale nella sua consistenza attuale, sperando che in questi festeggiamenti natalizi non si trascuri la realtà che tiene l’umanità in angoscia per il timore che scocchi la favilla (atomica) del Dies Irae.

GIUSEPPE TERREGINO

Redazione

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