Cultura e spettacolo

La regista Giovanna Taviani parla del film “La stranezza”

Con un articolo riportato su “MadeinSicily”,del quale vi riproponiamo una parte,la regista Giovanna Taviani,particolarmente legata alla Sicilia,racconta cosi del film di grande successo “La Stranezza” di Roberto Ando’ con la magistrale interpretazione di Toni Servillo e della coppia Ficarra e Picone.

“Lo avevo visto-racconta la Taviani- qualche giorno prima in una sala Sinopoli stracolma, alla presenza del cast di eccellenza, del regista e del co-sceneggiatore Massimo Gaudioso.E mi ero commossa.

Forse il mio amore per Pirandello, a cui ho dedicato la mia tesi di dottorato; forse la presenza fantasmatica di mio padre, che a Pirandello è stato sempre legato. Fatto sta che appena uscita avevo mandato un messaggio ad Andò: «Mi hai riconciliato con il cinema e con la morte».

Perché La Stranezza è una sonata di fantasmi, di persone che non ci sono più. “Il commercio con la morte – ha dichiarato Andò a proposito del film – non è solo dei becchini, ma anche di chi crea”.

 Lo si capisce da subito, da quella scena iniziale in treno in cui Pirandello (interpretato da un grandissimo Toni Servillo) torna al paese d’origine per assistere al funerale di Maristella, la balia che quando era piccolo gli raccontava le storie delle novelle.

Il mio pensiero corre subito a un altro viaggio in treno, in un film lontano nel tempo e a me molto “familiare”, che racconta un altro ritorno a casa di Pirandello (in quel caso interpretato da Omero Antonutti) per incontrare la madre morta che lo ha chiamato per dirgli quello che non è riuscita in vita.

Quel film era Kaos ed era tratto dalle Novelle per un anno.

Ritorno alla Stranezza e alla coppia Pirandello-Servillo. C’è una donna che gli appare nello scompartimento, e lo perseguita. Sorride perché vuole mettere in scena la sua storia, come tutti i fantasmi che ogni mattina si presentano dall’autore per chiedere…udienza.

È lo spunto per i Sei personaggi in cerca di autore.

Arrivato al paese, Pirandello incontra due becchini, personaggi di fantasia, che suggeriscono all’autore la strada del fuoco che governa l’atto creativo. I becchini sono il tramite con la morte, ma al tempo stesso fanno teatro, pertanto creano un ponte tra chi è vivo e chi è morto. Come tutti i personaggi che popolano il corpus delle Novelle.

La scelta di due attori comici come Ficarra e Picone (già scoperti da Andò quando era direttore del Teatro greco di Siracusa per Le Rane di Aristofane, con la regia di Giorgio Barberio Corsetti), riporta alla grande tradizione di attori comici utilizzati dal cinema italiano per film pirandelliani: da Questa è la vita – La Patente interpretato da Totò; a Liolà interpretato da Ugo Tognazzi; fino a Kaos e Tu ridi di mio padre e mio zio, interpretati rispettivamente da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che ancora ricordo sul set siciliano mentre interpretavano Don Lollò e Zi Dima nell’episodio della Giara, e da Antonio Albanese nei panni di Felice.

«Ho sempre saputo che Ficarra e Picone sono due grandi attori e ho sempre saputo che accanto ai toni comici della commedia avevano i toni malinconici del dramma – ha dichiarato Andò dopo la prima alla Sinopoli -. Abbiamo fatto il provino insieme a Toni e ho capito subito che l’impasto era perfetto. Un po’ come faceva Pietro Germi quando metteva insieme Mastroianni e Urzì»

L’ultimo quarto d’ora del film, con l’insuccesso dei Sei personaggi in cerca di autore al Teatro Valle, di fronte agli occhi di Pirandello e della figlia Mietta, resta nel cuore. Mietta era la protagonista di un altro episodio del film Tu ridi, che poi non entrò nel film dei miei. Si chiamava La Figlia e raccontava proprio di quella serata al Valle.

Mio padre mi raccontava sempre di quell’epilogo tragico di Pirandello, la gente che gridava “Manicomio! Manicomio!” tirando le monetine. “Il mondo è cattivo – diceva – bisogna crederci sempre, altrimenti vieni schiacciato”.

Pirandello ci ha creduto. Ci ha creduto Roberto Andò con il suo bel film e con quel finale contro un mondo omologato che non vede e non sente. E ci ha creduto il pubblico che è corso in sala a vederlo.

Alla fine restano la grandezza dell’arte e il mistero della creatività.Resta il cinema.”

Redazione

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