Elisabetta II (Elizabeth Alexandra Mary Windsor) è morta. La mamma della patria britannica non è più fra noi. Se n’è andata con l’eleganza e la discrezione a cui ci aveva abituati in 70 anni di regno. Le reazioni del mondo sono stati unanimi: cordoglio, rispetto ed ammirazione hanno espresso i potenti; lo stesso gli umili di tutti popoli. Perché?

Molti commentatori hanno lodato il suo lungo “governo”, dimenticando che in una monarchia il sovrano regna … ma non governa.  L’intera storia britannica dal 1600 ha vissuto questo processo giunto da un bel pezzo a conclusione. In Gran Bretagna i giudici possono mettere a morte i bambini negli ospedali contro il parere dei genitori e questo non coincideva certamente con i convincimenti più intimi della sovrana, legatissima gli affetti familiari. Attribuirle quindi il ruolo ed i parametri dei capi di stato e di governo sarebbe sbagliato e non spiegherebbe la popolarità di cui ha goduto, soprattutto nel suo paese. Cos’è allora che ha reso amabile la figura della sovrana?

L’incarnazione del ruolo – C’è  nella memoria dei popoli il ricordo atavico di una figura che superi la sua stessa umanità e rappresenti la loro anima, i loro valori perenni. Elisabetta ha fatto quasi dimenticare la sua fragilità umana rappresentando l’animo britannico fino alla fine. Dare l’incarico al nuovo premier inglese, Liz Truss, due giorni prima della morte, è stata l’ennesima dimostrazione della sua forza d’animo. Il ruolo ha prevalso sulla caducità corporea.

Il senso del dovere – La Regina sin da giovane ha manifestato l’amore e la totale dedizione per il suo popolo. In uniforme scout o con quella militare, da autista o da meccanico, mostrò sin da giovane la sua tempra morale. Nel 1947, da erede al trono, indirizzò un discorso radiofonico, al Commonwealth Britannico, che sintetizzava la sua filosofia di vita: «Io dichiaro davanti a voi tutti che la mia intera vita, sia essa lunga o breve, sarà dedicata al vostro servizio e al servizio della nostra grande famiglia imperiale alla quale tutti apparteniamo.» L’ha detto e l’ha fatto.

La superiorità alle circostanze politiche – Passavano i governi (ben 15 premier servirono sotto di lei), mutavano le circostanze storiche, iniziavano e finivano le guerre, l’impero britannico si dissolveva nel Commonwealth … e lei era sempre lì, immutabile, inossidabile, ferma, gentile, nella cornice fastosa ed elegante che si addice ad una vera regina.

Problemi di famiglia non gliene mancarono, ma li affrontò con totale discrezione e la necessaria energia, alla luce del fine ultimo: l’immagine della dinastia ed il bene della comunità umana che la Provvidenza le aveva affidato.

Per tali ragioni nel confronto con tutti gli altri leaders politici Elisabetta esce vincente, come dimostrano la stima e l’affetto ricevuti. E’ l’ennesima dimostrazione del viscerale bisogno degli uomini e dei popoli di figure che stiano al di sopra delle contingenze, personali e pubbliche, mantenendone un certo distacco; che ricevano sin dalla tenera età una formazione preparatoria a ruoli apicali; che incarnino valori condivisi e coincidenti con l’identità,  nazionale o imperiale che sia; che immolino  se stessi e tutta la loro vita, anche privata e familiare, per il ben comune. Si chiama monarchia.

Indubbiamente questa impostazione valoriale può realizzarsi anche fuori dal sistema monarchico; andrebbe anzi vissuta a tutti i livelli da chiunque abbia autorità, sia pur con sfumature diverse; dal genitore al capo condomino, dal sindaco all’imprenditore; dal docente all’uomo politico. Ma Elisabetta (e tanti altri sovrani prima di lei, di cui alcuni canonizzati dalla Chiesa) ha dimostrato quanto ciò sia realizzabile meglio in un sistema politico fondato su continuità e fedeltà alla tradizione. 

Foto di Samuel Wölfl: https://www.pexels.com/it-it/foto/guardia-reale-in-piedi-vicino-al-lampione-1427581/