Le opere in mostra presso l’Ottagono di Santa Caterina di Cefalù (13 – 22 agosto, dalle ore 18.00 alle ore 22.00) sono il frutto delle immersioni, reali e mentali, dell’artista Gaetano Barbarotto, persona che ha sempre avuto un legame profondo con il mare, di rispetto e di protezione dalle aggressioni che il nostro presente compie continuamente nei suoi confronti, legame che probabilmente si è accentuato negli ultimi difficili anni, quelli della pandemia e del bombardamento mediatico che, insieme all’isolamento, hanno messo a dura prova la psiche di tutti noi.

E allora l’artista è ritornato nostalgicamente al suo mare, alle immersioni, ad un mondo fatto di suoni e colori diversi da quelli della superficie, un mondo che ha rappresentato la serenità, la calma, la pace, il silenzio, in opposizione al frastuono assordante e insopportabile che ha riempito la nostra solitudine, e non solo quella dovuta al lockdown: non possiamo dimenticare, inoltre, il frastuono di una guerra, guerra che noi occidentali avevamo rimosso dalle nostre coscienze e che, invece, si è ripresentata, mettendo in crisi le nostre sicurezze, anch’essa corredata della tuttologia dei tanti ‘esperti’ contemporanei e, spesso, delle loro infruttuose chiacchiere.
La mostra costituisce un’esperienza d’immersione anche peri visitatori: trovarsi tra i dipinti è come raggiungere le profondità del mare, incontrare le sue creature animali e vegetali (“Eccoli i figli del mare”, titolo di un’opera), incontri fatti di vibrazioni fluttuanti, in cui tutti i sensi vengono allertati, ma in maniera diversa rispetto al nostro quotidiano: toccare diventa sfiorare, ascoltare è come percepire un sussurro, vedere è guardare attraverso la mobile trasparenza dell’acqua, muoversi è scivolare in un contatto fresco e liquido. Ecco, queste sono probabilmente le sensazioni che Gaetano Barbarotto ha provato e prova nel mare e sono quelle che trasferisce all’osservatore, in un dialogo che è evidentemente personale, in un circuito emotivo unico tra opera e visitatore. I dipinti sono il racconto delle meraviglie del mare, ma soprattutto della ‘meraviglia’ che l’uomo prova nell’osservare la sua bellezza sommersa e nel vivere la dimensione al di sotto della superficie, alla scoperta di sensazioni nuove, in quella che potremmo considerare un’unica e maestosa sinestesia, in cui le chiavi sensoriali si sovrappongono e si confondono e i colori sono suoni, e i suoni sono movimenti, e i movimenti sono brividi sulla pelle e ciò che prevale è lo stupore. Immergersi è un’esperienza panica, un sentirsi tutt’uno con la natura, un trasformarsi quasi in creatura del mare. Il respiro manca perché si è sopraffatti dal movimento dei banchi di pesci che si spostano sinfonicamente insieme, ora rossi (come non stupirsi di fronte a “Profondo rosso”?), ora argento, ora gialli, ora declinati nelle mille sfumature di azzurro e di verde: pesci sottili come lampi guizzanti, pesci più corposi e plastici che vorremmo toccare e con cui vorremmo giocare, con forme tondeggianti e colori che ci prendono per mano e ci conducono verso i giochi della nostra infanzia. Gaetano Barbarotto dice spesso detto che non c’è soggetto pittorico più banale dei pesci: forse è proprio la semplicità (non banalità) ad essere complice della ricerca della serenità e di un fanciullesco momento ludico.

Ma se ad osservare queste opere ci si sente nell’acqua marina, se ne avverte la freschezza, allo stesso tempo non si può che assumere l’impegno di salvaguardare la ricchezza del mare, perché anche se Barbarotto in questa occasione non lo dichiara esplicitamente e sembra desiderare un’arte evasiva, la sua creatività mostra un impegno di natura ambientale che è un grido silenzioso che ci riporta alle nostre responsabilità. Vedendo queste meraviglie, per antitesi, il pensiero va alle tante fotografie che ormai sono diventate familiari per tutti noi: il cavalluccio marino che trascina nei suoi movimenti una mascherina, la medusa che tra i tentacoli ha incorporato la carta dei cioccolatini, i sacchetti di plastica tra le tartarughe, i fondali pieni di pneumatici, gli animali impigliati nelle reti, le oceaniche isole di plastica…
Con questa consapevolezza che deve diventare impegno, godiamoci la freschezza di queste opere, apprezziamo il mare e le sue meraviglie, rappresentati sapientemente con tecnica mista su tela e con acrilico su carta: è possibile godere anche delle eleganti cartelle con acqueforti acquarellate a mano.
Tre opere possono essere lette come efficaci esempi dell’atmosfera complessiva della mostra.

Fondali marini

Immergersi e sprofondare dolcemente nel buio misterioso del mare. Sfiorare i fondali, muoversi nel regno del silenzio, ascoltare solo il suono dell’incontro del corpo con l’acqua. Scoprire i colori del profondo e meravigliarsi del verde e dell’azzurro, dei giochi di luce e ombra, della morbidezza vellutata delle rocce. Desiderare di restare lì, in quel punto, in solitaria contemplazione, lontano dalle incomprensibili azioni dell’umanità.

Alghe marine

Dalle scogliere sommerse, dove giunge il sole a sciogliere il buio, le flessuose alghe si protendono dolcemente verso le pozzanghere di luce, acqua nell’acqua, quasi braccia allungate a carpire la vita, sinfonia di colori in abissi di silenzio e incontri di elementi in uno sfiorarsi di dita.

Corallo giallo

Il silenzio delle profondità marine, le infinite sfumature del giallo, le morbide e fluttuanti trasparenze regalano una rara e preziosa serenità.Non c’è il frastuono della guerra, sparisce l’aggressività delle parole di chi crede o vuole ostentare di sapere tutto, non ci sono i contrasti di bianco e nero più o meno armati, non i movimenti rumorosi della realtà superficiale.
La pace è negli abissi del mare: i rumori sono ovattati e nell’azzurro più nero si possono trovare inattesi lampi di luce e di armonia: così un corallo giallo è come un fuoco le cui fiamme non bruciano, ma sposano l’acqua, illuminando la mente e accendendo l’animo a cercare nuove fonti di bellezza.
Le “Meraviglie del mare” diventano il luogo di una rinascita e acquistano un valore etico e civile. Gaetano Barbarotto, con la sua arte pittorica, ha semplicemente creato un mondo cui approdare, dopo anni di traversie mondiali, per riscoprire la profondità del mare, metafora meravigliosa degli abissi che palpitano in ciascuno di noi, con l’infinito intrecciarsi di ombre e luci, di buio e colore, di Thanatos e Eros, di dura pietra e di luminoso corallo. Agli umani il compito di scegliere.

La mostra è curata da Massimiliano Reggiani e Monica Cerrito.
Foto di Rosalia Liberto

Rosalba Gallà