Ho provato dolore, tristezza, sgomento e tanta, tanta rabbia nell’apprendere del barbaro massacro di Alika Ogorchukwu, ambulante nigeriano, di 39 anni, che lascia la moglie e il figlio piccolo.
Non mi sono ancora ripreso, da giorni.
Nessun commento, poi, in merito ai video circolati sui social che, se da un lato, hanno reso perfettamente l’idea di come si è svolta la vicenda, dall’altro restituiscono un quadro cinico e disumano.
“Fermati, lo ammazzi così!”, gridavano i passanti.
Ma l’aggressore, tale Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo, 32 anni, non si è fermato.
Ha picchiato l’ambulante con la stampella che era costretto a usare per camminare a seguito di un incidente.
Lo ha colpito più volte in tutto il corpo.
E quando la vittima è caduta sotto le bastonate, non ha esitato a saltargli addosso per finirlo a mani nude, tenendogli la testa schiacciata per terra.
Una fatto gravissimo, sotto diversi aspetti. Certamente l’aggressione, la violenza e il pestaggio a morte di Alika ma anche l’indifferenza di chi assisteva immobile, preoccupato, soltanto, di riprendere l’aggressione col proprio cellulare, per poi postarla sui social e darla in pasto ai freddi like e alle meccaniche ricondivisioni di tanti, spesso anonimi sconosciuti.
Quelle immagini restituiscono a tutti noi un atto di violenza brutale nei confronti di un uomo, soltanto perché inteso diverso.
Diverso da noi, soltanto perché il colore della sua pelle è diverso dal nostro e per questo ritenuto più debole e da eliminare.
Ed è inutile, adesso, chiedere scusa e negare che il vero motivo di fondo sia questo, perché ogni altra scusante, compresa l’infermità mentale, non renderebbe giustizia.
Non è accettabile tutto questo, non è accettabile morire così, in maniera così cruda e violenta, in pubblica via soltanto perché “diversi”.
La diversità è un valore aggiunto e un diritto inalienabile, così come l’uguaglianza che equivale al rispetto della sostanza e alla garanzia di pari opportunità per tutti.
Personalmente ritengo che andrebbe fatta un’operazione culturale vasta, a partire dal linguaggio che usiamo nel quotidiano e ufficialmente.
Per esempio, secondo me, andrebbe abolito l’aggettivo “straniero” dai documenti ufficiali e bandito il concetto stesso nel senso letterale di estraneo.
Ma estraneo da cosa? Da chi?
Viviamo in questa stessa terra che ci accomuna e che deve renderci e farci sentire uguali tutti.
Tutti!
Una famiglia è stata distrutta, un bimbo di otto anni non potrà crescere con l’esempio di suo padre perché l’odio, l’ignoranza e la violenza lo hanno strappato via sotto gli occhi indifferenti di una società perversa,superficiale, distratta, povera di contenuti e di valori, senza coraggio e senza dignità.
E non è il primo caso isolato.
Perché di aggressioni e atti violenti per la strada se ne stanno tornando a vedere tanti, ora che siamo tornati a vivere una dimensione di “normalità” che, francamente, spaventa.
Io non ci sto!
Che questa morte non sconti il peso dell’indifferenza della storia che non sa fare memoria.
Marcello Catanzaro
Sindaco Isnello
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